in

Lavoro, FLC CGIL: “Per fermare fuga dei cervelli, servono 1,5 miliardi di euro”

(Teleborsa) – Continua la fuga di cervelli nel nostro Paese. Una piaga alla quale – nonostante le dichiarazioni dei responsabili di governo sull’importanza dell’investimento in cultura, istruzione, innovazione e ricerca quale volano di sviluppo e crescita dell’Italia – secondo la Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil, non si sta ponendo rimedio con misure efficaci.

“Stiamo disperdendo talenti ma anche risorse”, basti pensare che “la fuga di cervelli all’estero che sta conoscendo l’Italia ci fa perdere circa 14 miliardi all’anno, poco meno dell’1% del Pil”, ha affermato, ieri, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, intervenendo a un convegno sull’innovazione digitale. Dichiarazioni alle quali la Flc Cgil ha subito ribattuto. “Invece del cospargimento del capo di cenere oggi e dei tagli domani, il ministro Tria ed il governo farebbero bene a mettere mano subito alla prossima legge di bilancio per una vera inversione di tendenza” afferma la Federazione in una nota. Tra le misure proposte dalla Flc Cgil vi sono “1,5 miliardi di euro vincolati a reclutamento; sblocco del turn over; separazione normativa delle assunzioni e delle progressioni di carriera; e una riforma del pre ruolo che non condanni le giovani generazioni di cervelli a rimanere al palo per anni come in passato”. Provvedimenti assolutamente sostenibili secondo la Federazione, dal momento che se “14 miliardi di euro di perdita all’anno rappresentano il 37% dell’ammontare dell’ultima legge di bilancio 2018, 1,5 mld di euro ne rappresenterebbero lo 0,4%”.

Per la Flc Cgil “in Italia da anni vengono attuate politiche di perenne disinvestimento nell’Istruzione e nella Ricerca” e non vi è “una strategia di riarticolazione di processi che aumentino la capacità di reclutamento”. Stando ai dati diffusi dalla Federazione, dal 2010 ad oggi, solo il 9% di coloro i quali hanno intrapreso il percorso lavorativo accademico hanno avuto la possibilità di essere assunti a tempo indeterminato. Del restante 91% fanno parte coloro che sono emigrati all’estero; una minima parte che ha ripiegato in altri settori della pubblica amministrazione o del privato; e i tanti ancora alla ricerca di un lavoro stabile, anche ad un’età tutt’altro che giovane.

Alla base di tale situazione – rileva la Flc Cgil – vi è il “coacervo di regole concorsuali spesso gestite in maniera feudale oppure ristrette a pochissimi numeri poiché lo Stato non garantisce adeguate risorse”. Motivi per i quali – conclude la nota – i ricercatori dell’Università di Modena – Reggio Emilia, fautori della recente breccia per la cura dell’Alzheimer, “continuano ad avere da anni contratti a termine senza diritti e senza tutele”.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

Confindustria, l'economia del sud arretra nei primi mesi del 2019

Deutsche Bank, giudizio negativo di Barclays