(Teleborsa) – Apartheid climatico: una formula di fortissimo impatto per inquadrare la minaccia che pende come una Spada di Damocle sul prossimo futuro mondiale. Al noto divario tra ricchi e poveri, si aggiunge – acuendone gli effetti – la differente capacità di risposta davanti alle conseguenze del riscaldamento globale.
Se, infatti, gli sconvolgimenti ambientali riguardano tutti, è altrettanto vero che i Paesi con meno risorse, hanno un margine ridottissimo, se non inesistente, di “risposta” e difesa.
Tradotto: il pianeta rischia un “apartheid climatico”, in cui i ricchi hanno i mezzi per sfuggire alla fame “mentre il resto del mondo è lasciato a soffrire”. A lanciare l’allarme sull’estrema povertà e le sue conseguenze è Philip Alston, relatore speciale dell’Onu in un rapporto presentato al Consiglio dei diritti umani dell’Onu, di cui danno notizia Bbc e Guardian.
L’esperto ha criticato le misure adottate dagli organismi delle Nazioni Unite come “palesemente inadeguate” e che non salveranno la Terra dal “disastro imminente”.
L’australiano Alston fa parte di un gruppo di esperti indipendenti delle Nazioni Unite. L’avvertimento chiave del rapporto, basato sulle ultime ricerche scientifiche e presentato a Ginevra, è che i poveri del mondo rischiano di essere colpiti più duramente dall’aumento delle temperature e dalla potenziale penuria di cibo e dai conflitti che potrebbero accompagnare questo cambiamento. Si prevede che le nazioni in via di sviluppo soffriranno almeno il 75% dei costi dei cambiamenti climatici, nonostante il fatto che la metà più povera della popolazione mondiale generi solo il 10% delle emissioni di CO2. Il climate change “potrebbe condurre oltre 120 milioni di persone in più in povertà entro il 2030″. “Ancora oggi – ha aggiunto – troppi Paesi stanno facendo passi miopi nella direzione sbagliata”.