(Teleborsa) – “L’Italia fa ancora fatica a riprendersi dalla doppia recessione” e con le difficoltà dell’economia “ne soffre il lavoro e cresce il disagio sociale”. Descrivendo la situazione dell’economia italiana il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle Considerazioni finali, ha affermato che il nostro Paese “paga il prezzo di un contesto che, per qualità dei servizi pubblici e rispetto delle regole, è poco favorevole all’attività imprenditoriale”. “L’economia nazionale – ha sottolineato il governatore – “risente di un ritardo tecnologico grave, frutto di una struttura produttiva frammentata e sbilanciata verso aziende che trovano difficoltà a crescere e a innovare. Subisce il peso delle distorsioni prodotte dall’evasione fiscale e quello del debito pubblico, che rende più costosi i finanziamenti per le famiglie, per le imprese e per le banche, oltre che per lo stesso Stato”.
“In Italia il prodotto è leggermente diminuito nella seconda metà del 2018. Considerando l’intero anno la crescita è stata dello 0,9 per cento, poco più della metà di quella del 2017. Hanno influito negativamente la decelerazione dell’attività in Germania e l’aumento dell’incertezza che ha risentito dell’acuirsi delle tensioni sui titoli pubblici” ha affermato Visco. Il risultato, per il Governatore, è stato “un brusco ridimensionamento dei piani di investimento delle imprese” e un rallentamento della “spesa delle famiglie”.
Per Visco l’Italia non deve incolpare l’Europa per la sua situazione economica di “disagio” perché se l’Ue venisse considerata “un avversario” diventeremmo “più poveri”. “Addossare all’Europa – ha sottolineato Visco – le colpe del nostro disagio è un errore, non porta alcun vantaggio e distrae dai problemi reali. Saremmo stati più poveri senza l’Europa, lo diventeremmo se dovessimo farne un avversario”.
Secondo il Governatore per l’Italia aumentare il deficit pubblico è una mossa che può rivelarsi “poco efficace” e “controproducente”. “Limitarsi alla ricerca di un sollievo congiunturale mediante l’aumento del disavanzo pubblico può rivelarsi poco efficace, addirittura controproducente qualora determini un peggioramento delle condizioni finanziarie e della fiducia delle famiglie e delle imprese”, ha affermato.
Parlando delle cause della debolezza della crescita dell’Italia degli ultimi vent’anni Visco ha affermato che “non è stata causata né dall’Unione europea né dall’euro, che semmai ha abbattuto l’elevata inflazione, quella tassa occulta che riduceva il potere d’acquisto delle famiglie e costringeva il Paese a ricorrenti svalutazioni del tasso di cambio, con benefici temporanei per alcune imprese e costi per la collettività”. La bassa crescita per il Governatore deriva da ritardi e debolezze strutturali della Penisola.
Assieme ai rischi di inflazione e di cambio valutario, per Visco, sono anche scesi i tassi di interesse sui titoli di Stato e quelli sui prestiti a famiglie e imprese. “Quelli che oggi sono talvolta percepiti come costi dell’appartenenza all’area dell’euro sono, in realtà, il frutto del ritardo con cui il Paese ha reagito al cambiamento tecnologico e all’apertura dei mercati a livello globale – ha aggiunto Visco . La specializzazione produttiva in settori maturi ha esposto l’economia alla concorrenza di prezzo di quelle emergenti. Le esitazioni nel processo di riduzione degli squilibri nei conti pubblici hanno compresso i margini per le politiche volte alla stabilizzazione macroeconomica e a innalzare durevolmente la crescita”. “Sta a noi – ha affermato il Governatore – maturare la consapevolezza dei problemi e affrontarli, anche con l’aiuto degli strumenti europei. Altri – ha aggiunto – hanno saputo farlo in modo efficace”.