(Teleborsa) – Pechino combatterà “fino alla fine” nella guerra commerciale contro Washington. Ad annunciarlo, con una nota diffusa dal suo ministero, è il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, denunciando le “molestie economiche” statunitensi sul colosso delle tlc Huawei.
“L’uso da parte degli Stati Uniti del potere di uno Stato di esercitare arbitrariamente pressioni su una società privata cinese come Huawei è in genere una molestia economica” ha affermato Wang. Tra i punti duramente criticati dal ministero degli Esteri cinese vi sono gli sforzi degli Stati Uniti finalizzati a limitare la cooperazione commerciale tra società hi-tech americane e compagnie tecnologiche cinesi, in particolare Huawei. Commentando il taglio delle relazioni nel design dei microchip tra ARM e il gruppo di Shenzhen, in seguito alla stretta americana, il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang si è detto convinto che i partner stranieri di Huawei “ignoreranno che irragionevoli richieste siano attuate al servizio del governo Usa” e ha accusato Washington di usare “il potere statale per colpire altre compagnie straniere”. “Così facendo Washington ha seriamente colpito lo sviluppo e la cooperazione scientifica e tecnologica a livello globale, danneggiando interessi vitali di importanti imprese e Paesi” ha aggiunto Lu.
Una posizione condivisa anche dal ministero del Commercio cinese. Come annunciato dal portavoce del Ministero, Gao Feng, la Cina ha, infatti, presentato una “protesta solenne” agli Stati Uniti dopo che la compagnia Huawei è stata inserita nella lista nera delle società sospette. Gao ha affermato che “se gli Stati Uniti vogliono portare avanti i negoziati commerciali, devono aggiustare le loro azioni. Solo così i colloqui potranno andare avanti”, assicurando che Pechino ha i mezzi per “difendere i diritti e gli interessi legittimi delle aziende cinesi”. E rispetto agli Usa, “la migliore risposta delle imprese cinesi è di continuare a crescere”.
Dopo ladecisione dell’amministrazione Trump di inserire Huawei nella lista nera – mettendo al bando il colosso cinese, in nome della sicurezza nazionale, a partire da metà agosto (la decisione è attualmente sospesa per 90 giorni) – diverse aziende statunitensi, Google su tutte, sono state spinte a tagliare alcuni legami con il produttore di smartphone cinese.
Una mossa che si inserisce all’interno della guerra dei dazi tra i due Paesi. Washington ha, infatti, accusato Pechino di essersi tirata indietro rispetto agli impegni già presi, che avrebbero portato a un accordo commerciale, e deciso di alzare dal 10 al 25 per cento i dazi adottati lo scorso settembre su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi, minacciando di tassare altri 300 miliardi di dollari di beni cinesi. Mossa a cui Pechino ha risposto aumentando a sua volta al 25% i dazi su 60 miliardi di prodotti statunitensi.
“La porta del dialogo è aperta, ma la sincerità è indispensabile per poter rendere le consultazioni significative. Un accordo con mutuo beneficio deve essere basato sul rispetto reciproco, sulla uguaglianza e sul beneficio reciproco” ha affermato Lu.