(Teleborsa) – Nuovo motivo di tensione nel governo con il prossimo varo del dl crescita, previsto domani nel Cdm. A tenere banco questa volta è il discusso articolo ribattezzato Salva Roma che prevede la fine della gestione commissariale della Capitale nel 2021 con il passaggio del debito a livello statale.
La norma ha fatto insorgere la Lega, in primis il leader e vicepremier Matteo Salvini che, dopo gli attacchi diretti alla sindaca Virginia Raggi, ne ha chiesto lo stralcio dal dl. “Non ci sono quelli più belli e quelli più brutti”, ha dichiarato il ministro dell’Interno riferendosi ai Comuni italiani. “A Roma mi sembra ci sia un sindaco che non ha il controllo della città, dei conti, della pulizia, delle strade, delle case, quindi regali non ne facciamo”, ha rincarato.
Immediata la replica del vice ministro all’Economia Laura Castelli. “Voglio rassicurare il Ministro Salvini, non c’è nessun ‘Salva Roma, dalla lettura della norma si comprende che così viene chiusa l’operazione voluta dal Governo Berlusconi nel 2008, con un considerevole risparmio per lo Stato e per i cittadini”.
Secondo la norma, con la chiusura della gestione commissariale, le obbligazioni del Comune di Roma verrebbero trasferite al Mef che potrebbe rinegoziare i tassi di interesse con le banche in modo che lo Stato non debba più erogare i 300 milioni di euro l’anno (ai quali si aggiungono i 200 milioni del Campidoglio) per la gestione del debito accumulato.
La Lega ha però chiesto lo stralcio del provvedimento, pensato secondo i leghisti per salvare Raggi più che il Comune di Roma, mettendo così a rischio il che contiene altre norme sostenute dalla maggioranza, a iniziare dallo Sblocca cantieri.
“Non esistono comuni di serie A e serie B. O si aiutano tutti i comuni e i sindaci in difficolta’ o nessuno. La Lega non vota norme che creano disparità”, hanno chiarito fonti del Carroccio.