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Presidi residenziali, Istat: “Persiste il divario Nord-Sud nell’offerta”

(Teleborsa) – In Italia, al 1 gennaio 2023, risultano attivi 12.363 presidi residenziali. Vi operano 14.977 unità di servizio, che dispongono complessivamente di 407.957 posti letto, pari a sette ogni mille residenti. Gli ospiti totali al 1 gennaio 2023 sono 362.850, con un incremento dell’1,8% rispetto all’anno precedente, in linea con la crescita osservata negli anni precedenti il Covid19. Più del 75% degli ospiti è ultra-sessantacinquenne, il 19% ha un’età tra i 18 e i 64 anni e il restante 5% circa è composto da minori. È quanto emerge da un report dell’Istat.

Quasi otto su 10 i posti letto destinati all’assistenza socio-sanitaria

Delle circa 15mila unità di servizio quelle che erogano assistenza socio-sanitaria sono 8.924, per un ammontare di quasi 319mila posti letto (il 78% dei posti letto complessivi). Le unità di servizio che erogano, invece, assistenza di tipo socio-assistenziale ammontano a 6.053 e dispongono in totale di89.195 posti letto (il 22% dei posti letto complessivi). Le unità di servizio socio-sanitarie assistono prevalentemente utenti anziani non autosufficienti, destinando a questi ospiti il 77% dei posti letto disponibili, mentre agli anziani autosufficienti e alle persone con disabilità ne vengono destinati, rispettivamente, l’8% e il 7%. Il restante 8% è dedicato ad adulti con patologie psichiatriche (5%), dipendenze patologiche (2%) e minori (1%). Le unità di tipo socio-assistenziale sono prevalentemente orientate a fornire accoglienza e tutela a persone con varie forme di disagio. In particolare, il 41% dei posti letto è indirizzato all’accoglienza abitativa e il 41% è dedicato alla funzione socio-educativa e ospita principalmente minori di 18 anni. Le unità che assolvono in prevalenza una funzione tutelare – volta a supportare l’autonomia dei propri ospiti (anziani, adulti con disagio sociale, minori) all’interno di contesti protetti – assorbono il 12% dei posti letto. Il restante 6% offre accoglienza in emergenza. L’offerta residenziale socio-assistenziale e socio-sanitaria sul territorio è molto differenziata rispetto alle categorie di utenti assistiti. Nelle regioni del Nord prevalgono i servizi rivolti agli anziani non autosufficienti (71,3% nel Nord ovest e 74,5% nel Nord est), il doppio rispetto al Mezzogiorno. Al Sud si trova una percentuale più alta di posti letto dedicati agli anziani autosufficienti, alle persone condisabilità e agli immigrati.

Nel Nord-est l’offerta più elevata di strutture di piccole dimensioni

La disponibilità di offerta più alta si osserva nel Nord-est (10 posti letto ogni mille residenti), mentre la più bassa si registra nel Sud del Paese (poco più di tre posti letto ogni mille residenti). Differenze geografiche si riscontrano anche analizzando la distribuzione delle strutture per dimensione. Il Nord-est presenta una percentuale doppia (31%) rispetto al dato nazionale (16%) di residenze con un massimo di sei posti letto. Il Nord-ovest è, invece, caratterizzato da residenze mediamente più grandi, infatti il 17,5% ha da 46 a 80 posti letto e il 16,7% ha più di 80 posti letto.Nelle regioni del Centro e nel Mezzogiorno la maggioranza delle strutture ha una dimensione mediacompresa tra i 16 e i 45 posti letto: il 43,3% nel Centro, il 51,2% nel Sud e il 55,8% nelle Isole. La dotazione di posti letto per anziani non autosufficienti è molto elevata nelle regioni del Nord, con valori che si attestano nel Nord-ovest a 28 posti letto ogni mille residenti anziani e nel Nord-est a 31 posti letto ogni mille residenti di pari età. Nelle altre ripartizioni la quota di posti letto destinata a questo target di utenza risulta nettamente inferiore, e raggiunge il suo valore minimo al Sud con appena sei posti letto ogni mille residenti.

Strutture residenziali gestite prevalentemente da enti non profit

La titolarità delle strutture è in carico ad enti non profit nel 45% dei casi, agli enti privati nel 24%, agli enti pubblici nel 19% e agli enti religiosi nel 12%. Nell’88% delle residenze i titolari gestiscono direttamente il presidio, nel 9% i titolari danno in gestione le loro strutture ad altri enti, nei restanti casi (2%) il presidio viene gestito in forma mista. La gestione dei presidi residenziali è affidata prevalentemente a organismi di natura privata (76% dei casi), soprattutto di tipo non profit (51%); il 13% delle strutture è gestita invece dal settore pubblico e l’11% da enti di natura religiosa. Le modalità di gestione si diversificano sul territorio, soprattutto nellestrutture pubbliche. Al Nord, sette strutture pubbliche su 10 sono gestite direttamente o indirettamente da enti pubblici, mentre nel 26% dei casi sono gestite da enti non profit. La percentuale di strutture pubbliche gestite da enti non profit aumenta considerevolmente al Centro e nel Mezzogiorno (rispettivamente il 37 e il 36% delle strutture). Non si riscontrano differenze territoriali per le strutture che hanno un altro ente titolare (privato for profit e non profit oppure ente religioso); in questi casi la gestione prevalente è quella diretta o quella affidata ad enti con la stessa natura giuridica.

Il 12% del personale retribuito è composto da cittadini stranieri

Al 1 gennaio 2023 operano nei presidi residenziali 373.462 unità di personale, di cui 32.896 volontari e 3.756 operatori di servizio civile. Il 12% del personale retribuito è composto da cittadini stranieri, in due casi su tre con cittadinanza extraeuropea. La distribuzione di personale non italiano varia considerevolmente a livello territoriale; nel Nord-ovest e nel Nord-est si osservano le percentuali più elevate rispettivamente con il 16% e il 14% del personale straniero, nel Mezzogiorno e nelle Isole lapresenza straniera sfiora appena il 2%. In Emilia Romagna si riscontra la più alta presenza di personale non italiano (quasi il 26%). Per quanto riguardo il personale retribuito, le principali figure professionali occupate nelle strutture residenziali si concentrano in ambito sanitario, più di 192mila sono rappresentate da tre professioni: operatori socio-sanitari (35%), infermieri e addetti all’assistenza alla persona (entrambi all’11%).Anche gli operatori del servizio civile e i volontari lavorano prevalentemente all’interno dell’ambito socio sanitario, rispettivamente nel 77% e nel 78% dei casi, con punte che superano il 90% nel Nord-est del Paese. Le strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie si distinguono anche per la diversità e l’eterogeneità delle figure professionali presenti. Nell’83% delle strutture socio-assistenziali si osservano fino a cinque figure professionali diverse mentre la stessa percentuale nelle strutture socio-sanitarie è pari al 59%. In queste ultime strutture, infatti, si trova un maggior numero di figure, il 40% ne ha da sei a 15 tipologie diverse. La figura professionale che contraddistingue le strutture socio-assistenziali è l’educatore (presente nel 23% delle socio-assistenziali e nel 5% delle sanitarie). L’infermiere (rispettivamente 4% e 13%) e l’operatore socio-sanitario (rispettivamente 22% e 37%) sono invece le figure che contraddistinguono le strutture socio-sanitarie. Per quel che riguarda il tempo di lavoro emerge un uso molto elevato dell’impiego part-time. È occupato con un regime orario ridotto il 41% dei dipendenti retribuiti, di cui ben il 17% con un impegno orario al di sotto del 50% rispetto al tempo pieno. L’utilizzo del tempo ridotto varia molto in base alla figura professionale: infatti risulta minimo per gli operatori sanitari (27%), gli infermieri e gli addetti all’assistenza alla persona (33%), mentre è molto elevato per i medici, gli psicologi e imediatori culturali, tra cui l’impiego part-time arriva a sfiorare quasi l’80% di quelle figure professionali. Le figure professionali addette alla gestione della struttura e all’assistenza dell’ospite hanno più frequentemente un orario di lavoro a tempo pieno. Al contrario, i medici, il personale addetto alla riabilitazione o alla formazione e i mediatori, rispondendo a bisogni specifici e in alcuni casi temporanei, lavorano più frequentemente in regime di part-time.

Gli ospiti minori: sei su 10 hanno tra gli 11 e i 17 anni

Al 1 gennaio 2023 sono più di 19mila gli ospiti minori complessivamente accolti nelle strutture residenziali, il due per mille dell’intera popolazione minorenne in Italia. Le strutture residenziali ospitano ragazzi con problematiche di varia natura, che provengono da contesti molto diversi: la metà degli ospiti (51%), non presenta specifici problemi di salute, si tratta prevalentemente di minori stranieri privi di una figura parentale di riferimento o di ragazzi allontanati da un nucleo familiare che non è in grado di assicurare loro un’adeguata cura. Il 32% degli ospiti invece è composto da giovani con problemi di dipendenza che hanno intrapreso un percorso riabilitativo, mentre la quota residua, il 17% degli ospiti, è costituita da minori con problemi di salute mentale o con disabilità che necessitano di specifiche cure o assistenza. Qualunque sia il tipo di disagio, la componente femminile risulta più contenuta, quasi due ragazzi accolti su tre sono maschi; tale proporzione, in linea con la composizione per genere dei flussi migratori, aumenta tra i minori stranieri, raggiungendo il 70%. L’accoglienza dei minori in strutture residenziali risulta più diffusa nei territori in cui è più alto il numero di giovani stranieri non accompagnati come accade per esempio in Sicilia e nella provincia autonoma di Trento, o in Basilicata, dove si registra un tasso di presenza doppio rispetto al dato medio nazionale. L’Abruzzo e la Campania hanno, invece, la quota più bassa di minori accolti, meno di un minore per ogni mille residenti nella stessa fascia di età, contro i due del dato medio nazionale. Gli ospiti con meno di 18 anni sono in prevalenza adolescenti: il 62% ha infatti un’età compresa tra gli 11 e i 17 anni; altrettanto cospicua la quota di bambini con meno di 11 anni (38%), più della metà dei quali ha meno di cinque anni (il 21% degli ospiti complessivi).

Più di un minore su tre accolto per problemi legati al nucleo familiare di origine

Sono molteplici le motivazioni che possono condurre un minore all’interno di una struttura residenziale (Figura 3). Poco più di 7mila (36%) sono gli ospiti con meno di 18 anni accolti per problemi economici, incapacità educativa o problemi psico-fisici dei genitori. Una percentuale rilevante, pari al 21% (circa 3.500 unità), è rappresentata da minori accolti con il proprio genitore. Il 19%, invece, la quota di ragazzi che entrano in comunità perché stranieri privi di assistenza o rappresentanza da parte di un adulto. La permanenza degli ospiti minori dovrebbe essere il più breve tempo possibile preferendo una sistemazione in famiglia piuttosto che in struttura. I dati confermano che la maggior parte degli ospiti resta in struttura meno di due anni, infatti il 47,9% dei casi permane meno di un anno, nel 30,5% da 1 a 2 anni, nel 13,7% da 2 a 4 anni e solo l’8% resta nella struttura più di quattro anni.

Più di 12mila i minori dimessi

La presa in carico dei minori da parte dei servizi residenziali non si esaurisce con l’ingresso nella struttura, ma comprende anche la gestione della dimissione, che può prevedere il rientro e l’inserimento in famiglia o il sostegno finalizzato a favorire una vita autonoma. Nel corso del 2022 gli ospiti minori dimessi ammontano complessivamente a più di 12mila, Il 25% di essi è rientrato presso la famiglia di origine, mentre una piccola parte (7%) è stata data in affido o adottata. Complessivamente i minori reinseriti in una famiglia sono circa 3.900 (il 32% dei dimessi). Per alcuni minori il percorso di recupero non risulta però concluso: più di 3mila minori (il 26% dei dimessi) sono stati trasferiti in altre strutture residenziali e poco più di 1.600 (il 13%) si sono allontanati spontaneamente. Sono poco più di 1.400 (il 12% dei dimessi) i giovani che, avendo raggiunto la maggiore età, sono stati introdotti in percorsi di inserimento lavorativo e di vita indipendente.

Quasi 10mila gli stranieri adulti accolti nelle strutture

Gli adulti di età compresa tra i 18 e i 64 anni ospiti dei presidi residenziali sono circa 70mila, quasi due ogni mille residenti. La più alta concentrazione di ospiti è nella classe 45-64 anni con più di40mila utenti, seguita dalla classe 25-44 con quasi 22mila utenti. Tra gli ospiti adulti prevalgono gli uomini (quasi 44mila) il 62% del totale, mentre le donne sono poco più di 26mila. Il disagio più frequente tra gli uomini è la presenza di disabilità o di patologie psichiatriche (66% degli ospiti), non trascurabile anche la presenza di dipendenze come alcolismo/tossicodipendenza (circa il 14% dell’utenza di sesso maschile). Anche per la maggior parte delle donne (75%) la disabilità o le patologie psichiatriche costituiscono il disagio prevalente, mentre per il 7% si tratta di gestanti o madri maggiorenni con figli a carico. Le donne vittime di violenza sono poco più di 500 e rappresentano quasi il 2% delle donne ospitate nei presidi. Tra gli ospiti adulti accolti nei presidi quasi 10mila (il 14%) sono stranieri. La quota più alta di stranieri(31%) si trova nelle residenze del Nord-est, percentuale che si riduce gradualmente man mano che si scende verso il Mezzogiorno fino ad arrivare al 9% nelle Isole. Anche per gli stranieri prevale la componente maschile (66%). Tra gli ospiti stranieri di sesso maschile, il 76% è composto da persone senza fissa dimora, nomadi, adulti con difficoltà socio-economiche o immigrati, il 15% presenta una disabilità o una patologia psichiatrica, il 6% ha problemi di dipendenza, il 2% risulta coinvolto in procedure penali. Tra le donne straniere, il 42% è composto da senza fissa dimora, nomadi, adulte con difficoltà
socio-economiche o immigrate, il 30% gestanti o madri maggiorenni con figli a carico, il 15% è in condizione di disabilità e il 9% è vittima di violenza di genere.

Gli anziani nelle strutture: due su tre ultra-ottantenni, in prevalenza donne

In Italia sono poco meno di 274mila gli anziani di 65 anni e più ospiti delle strutture residenziali, 19 per mille anziani residenti; di questi solo un quinto è in condizione di autosufficienza, mentre si contano poco meno di 223mila anziani non autosufficienti. La componente femminile prevale nettamente su quella maschile: su quattro ospiti anziani, quasi tre sono donne. Tra gli anziani ospitati nelle strutture residenziali il 77% ha superato la soglia degli 80 anni di età, quota che sale al 78% per i non autosufficienti con circa 174mila anziani ultraottantenni. Il tasso di ricovero di questa popolazione è pari a 67 ospiti per mille residenti, oltre 15 volte superiore a quello registrato per gli anziani con meno di 75 anni di età, per i quali il tasso si riduce a 4,4 ricoverati per mille residenti.

Più forte il ricorso all’istituzionalizzazione nelle regioni del Nord

Nelle residenze del Nord-est il tasso di ricovero si attesta ai livelli più alti con 29 ospiti per mille anziani residenti e raggiunge valori massimi nelle Province Autonome di Trento e Bolzano/Bozen(rispettivamente 40 e 37 per mille abitanti di pari età). Di contro le regioni del Sud presentano un livello di istituzionalizzazione più basso: in quest’area del Paese, su mille anziani residenti, solo ottosono ospiti delle strutture residenziali; il valore minimo si registra in Campania, dove risultano ricoverati soltanto cinque anziani per mille residenti, contro i 19 registrati a livello nazionale. Le differenze territoriali si riscontrano anche osservando la distribuzione degli anziani non autosufficienti e risultano ancora più marcate tra le donne. Per le donne i tassi di ricovero sono molto alti nelle residenze del Nord, con oltre 33 anziane non autosufficienti per mille residenti della stessa età. Nelle altre ripartizioni il tasso di ricovero diminuisce sensibilmente passando da 13 per mille nelle regioni del Centro, a sette per mille nel Sud e nelle Isole. Diverso l’andamento dei ricoveri per gli anziani autosufficienti che hanno una distribuzione più omogenea sul territorio, con tassi leggermente più alti, rispetto al dato medio nazionale, nelle regioni del Centro Italia (quasi 4 per mille abitanti di pari età).

Quasi 4 anziani autosufficienti su 10 ospitati in strutture non adeguate

La quasi totalità di ospiti anziani (96%) si trova in strutture di tipo comunitario. L’11% degli anziani autosufficienti vive in contesti che riflettono un modello organizzativo familiare mentre solo il 2% degli anziani non autosufficienti è accolto in questo tipo di strutture. L’analisi per classe di posti letto mostra che il 71% degli ultrasessantacinquenni non autonomi si trova in strutture di grandi dimensioni con oltre 46 posti letto (32,9% degli ospiti autonomi) e solo il 3,2% degli ospiti è in strutture con meno di 15 posti letto (14,6% degli ospiti autosufficienti). Il 95,3% degli anziani non autosufficienti è ospitato in strutture che erogano assistenza di tipo socio-sanitario. I coetanei senza problemi di autonomia sono nel 60,7% dei casi ospitati in strutture di tipo socio-sanitarie e il 30,1% in strutture che forniscono accoglienza abitativa, residuali le altre tipologie di strutture. Le strutture per anziani autosufficienti, nella maggioranza dei casi (54,1%), hanno un livello di assistenza sanitaria assente o basso, per gli anziani non autosufficienti la stessa percentuale si attesta al 14,6% mostrando in questi casi un’aderenza del livello di bisogni di cura differenti tra le due popolazioni. Il 93,2% di anziani non autosufficienti sono accolti in strutture a loro dedicate, il 4,5% è in strutture dedicate ai loro coetanei autosufficienti e l’1,6 in strutture dedicate alle persone con disabilità. Il 60% di ospiti anziani autosufficienti è ospitato in strutture con target di utenza prevalenze coerente con la tipologia di ospite, il 35,5% è accolto in strutture con utenza prevalente anziani non autonomi e il 2,1 in strutture dedicate a persone affette da patologie psichiatriche.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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