(Teleborsa) – “La pubblicazione dei dati sulla produzione industriale di novembre non segna una svolta nel quadro generale della recessione del settore manifatturiero, ma suggerisce timidamente che la produzione potrebbe essere in una fase di stabilizzazione”. È quanto afferma Paolo Pizzoli, senior economist di ING, commentando i dati della produzione industriale in Italia a novembre.
La produzione destagionalizzata, diffusa dall’Istat, è aumentata dello 0,3% sul mese di novembre (da +0,1% di ottobre), sostanzialmente in linea con il consenso e con le nostre previsioni. La misura corretta per i giorni lavorativi ha subito una contrazione dell’1,5% su base annua (dal -3,5% di ottobre), confermando una striscia ininterrotta di dati annuali negativi iniziata nel febbraio 2023.
“La scomposizione per raggruppamenti principali di industrie – rileva Pizzoli – mostra un’espansione mensile della produzione di energia e beni di consumo e una contrazione dei beni intermedi e di investimento. Ciò sembra riflettere l’andamento delle componenti della domanda verso la fine del 2024, con i consumi privati in qualche modo rivitalizzati dall’aumento del potere d’acquisto delle famiglie e una dinamica degli investimenti contenuta, in particolare nei settori dei macchinari e dei mezzi di trasporto, penalizzata da un basso grado di utilizzo degli impianti. La disaggregazione settoriale contenuta nel comunicato odierno fornisce una prova a sostegno di questa tesi, in quanto la produzione di mezzi di trasporto (-15,5% su base annua) e di macchinari (-13,8% su base annua) si sono rivelati i settori con le peggiori performance tendenziali. In prospettiva, sembra troppo presto per prevedere miglioramenti sostanziali del quadro produttivo. A dicembre gli stessi ostacoli alla produzione di novembre erano ancora in piedi e la prospettiva di possibili nuovi dazi sotto l’imminente presidenza Trump aggiunge inevitabilmente incertezza per i primi mesi del 2025. Ciò si è in qualche modo riflesso nel lieve peggioramento dei sottocomponenti “ordini correnti” e “ordini previsti” dell’indagine sulle imprese manifatturiere di dicembre. Se a ciò si aggiungono le persistenti difficoltà delle economie francese e tedesca (i due principali mercati di destinazione dell’export italiano), che difficilmente si risolveranno nel breve periodo, si prospetta un inizio soft per la produzione industriale italiana anche nei primi mesi del 2025″.
“Con l’industria che continuerà a fare da freno, o nel migliore dei casi a diventare neutrale per la crescita, per il momento – conclude l’economista – l’onere della crescita del PIL rimarrà sui servizi. L’Italia sembra quindi destinata a rimanere sul suo sentiero di crescita molto bassa per il momento. Stimiamo una crescita media del PIL dello 0,5% nel 2024 e prevediamo una crescita dello 0,7% nel 2025″.