(Teleborsa) – La Commissione europea punisce l’Italia. Oggi Bruxelles ha deciso di deferire il nostro Paese alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver pienamente rispettato gli obblighi di raccolta e trattamento stabiliti dalla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane. La direttiva, che ha l’obiettivo proteggere la salute e l’ambiente, prevede che le acque reflue urbane siano raccolte e trattate prima di essere scaricate nell’ambiente. Le acque reflue non trattate possono comportare rischi per la salute umana e inquinano i laghi, i fiumi, il terreno e le acque costiere e sotterranee. Le informazioni presentate dall’Italia hanno evidenziato una diffusa inosservanza della direttiva in un totale di 179 agglomerati italiani.
Nel caso di 36 agglomerati l’Italia deve tuttora garantire la disponibilità di sistemi di raccolta delle acque reflue (o sistemi individuali o altri sistemi adeguati, in casi giustificati). In 130 agglomerati, l’Italia continua a non trattare correttamente le acque reflue raccolte. Per gli agglomerati che scaricano acque reflue in aree sensibili è necessario un trattamento più rigoroso di tali acque. In 12 agglomerati italiani questo obbligo non è ancora rispettato. Infine, in 165 agglomerati l’Italia non garantisce che gli scarichi idrici soddisfino nel tempo le condizioni di qualità richieste.
La Commissione ha inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia nel giugno 2018 e successivamente un parere motivato nel luglio 2019. Nonostante alcuni progressi, molti agglomerati continuano a non rispettare gli obblighi della direttiva. La Commissione ritiene che gli sforzi profusi finora dalle autorità italiane siano stati insufficienti e ha pertanto deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Ai sensi della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, gli Stati membri devono disporre di una rete fognaria per tutti gli agglomerati con almeno 2mila abitanti. Se l’istituzione di una rete fognaria non è giustificata, in particolare perché comporterebbe costi eccessivi, è possibile utilizzare sistemi individuali o altri sistemi appropriati, a condizione che garantiscano lo stesso livello di protezione ambientale. Gli Stati membri devono inoltre garantire che gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane negli agglomerati con almeno 2mila abitanti siano quantomeno conformi al livello di trattamento secondario (consistente nel trattamento del materiale organico nelle acque reflue urbane) prima di essere rilasciati nell’ambiente.
La presente procedura di infrazione rappresenta il quarto caso di infrazione aperto in relazione all’applicazione non corretta della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane in Italia (e si va a aggiungere alle procedure di infrazione INFR2004 (2034), INFR2009 (2034) e INFR2014 (2059). Non vi è sovrapposizione tra questi quattro casi, in quanto ciascuno di essi riguarda diverse violazioni degli obblighi stabiliti dalla direttiva. Complessivamente le quattro procedure riguardano più di 900 agglomerati.