(Teleborsa) – L’inflazione core globale, tra i paesi del G10 escluso il Giappone e i paesi emergenti che per primi hanno alzato i tassi, è salita a un tasso annualizzato a un mese del 2,6% a dicembre dal livello minimo dell’1,2% di novembre. Ciò ha innescato una rinnovata serie di preoccupazioni sul fatto che la disinflazione del 2023 potrebbe non durare, con alcuni che sostengono che sia dovuta a un miglioramento una tantum dell’offerta di beni – e quindi a un calo una tantum del livello dei prezzi dei beni – insieme a una situazione di radicata inflazione dei servizi. “Continuiamo ad avere una visione più ottimistica“, sostiene invece , in una nota firmata da Jan Hatzius, Chief Economist e Head of Global Investment Research
“In primo luogo, la tendenza è ancora in miglioramento, poiché il tasso annualizzato a 3 mesi è sceso ulteriormente a circa il 2,0% a dicembre – scrive l’esperto – In secondo luogo, l’aggiustamento dei prezzi dei beni primari è lungi dall’essere completo: ad esempio, le auto usate statunitensi hanno ridotto solo il 31% dell’aumento dei prezzi legato al Covid. In terzo luogo, ci aspettiamo che sia l’inflazione dei servizi che la crescita dei salari continuino a rallentare gradualmente in una risposta ritardata al miglioramento dell’equilibrio tra domanda e offerta nell’economia globale”.
Per quanto riguarda gli USA, Goldman Sachs si aspetta “solo” 5 tagli quest’anno, al di sotto dei 6-7 tagli ora scontati nei prezzi di mercato, e ritiene bassa la possibilità di decisioni da 50 punti base. Se la banca d’affari ha ragione nel ritenere che il PIL statunitense crescerà del 2,3% (rispetto al consensus Bloomberg dell’1,3%) e che il rischio di recessione è solo del 15% (rispetto al consensus Bloomberg del 50%), una serie di tagli graduali di aggiustamento è più probabile di un campagna di allentamento aggressivo.
Con riguarda all’Eurozona, viene affermato che sia l’inflazione che l’attività segnalano che “sono necessari tagli dei tassi per riequilibrare i rischi per il mandato della BCE”. La previsione di base prevede quindi una serie di tagli da 25 punti base a partire da aprile, ma non viene escluso un inizio anticipato e viene indicata una probabilità del 30% di tagli più aggressivi da 50 punti base.
Per quanto riguarda il Regno Unito, Goldman Sachs si aspetta una serie di tagli di 25 punti base da parte della Bank of England a partire da maggio, che riporteranno il tasso bancario al 3% nel 2025, ma anche in questo caso i rischi sono inclinati verso il lato accomodante sia in termini di punto di partenza che di velocità del processo.