(Teleborsa) – Sono stati quasi 16 miliardi di euro di utili quelli registrati nei primi nove mesi del 2023 dalle prime cinque banche italiane. L’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea ha infatti spinto i risultati del settore bancario del paese: il “fatturato” si è attestato, dopo tre trimestri, a 47,4 miliardi, sostenuti prevalentemente dai ricavi legati agli interessi sul credito a imprese e famiglie (27,6 miliardi), ambito che corrisponde quasi al doppio di quanto incassato, tra altro, con le commissioni su servizi e attività di risparmio gestito (15,9 miliardi). Rispetto al totale delle entrate, i primi cinque gruppi hanno realizzato il 58,3% col margine d’interesse e il 33,7% con le commissioni, mentre l’8% (3,7 miliardi) è rappresentato altri ricavi (trading e altri proventi finanziari). È la fotografia del settore tracciata dalla FABI (Federazione autonoma bancari italiani), importante organizzazione sindacale della categoria.
I primi 9 mesi del 2023 sembrano rilanciare, nel settore bancario italiano, l’importanza delle attività tradizionali, che avevano subito, nel 2020 e nel 2021, il sorpasso a vantaggio delle commissioni. Già lo scorso anno, il margine d’interesse era tornato a essere la prima fonte di ricavo degli istituti di credito italiani.
Inoltre, il netto miglioramento della qualità del credito si è tradotto, per i primi cinque gruppi, in minori accantonamenti sui rischi e minori svalutazioni. L’aumento di utili e redditività, frutto anche di una attenta gestione sul fronte delle spese, si riflette anche sul versante del cost/income: il risultato medio per i primi cinque gruppi è pari al 46% (si va dal 39% al 49,5%): questo parametro, che indica l’efficienza di una banca (più è basso, più è positivo), non è mai stato così contenuto e solo cinque anni fa, nel 2018, per l’intero settore, si attestava al 62% medio.
Secondo la FABI, quelli dei primi nove mesi sono i migliori risultati di sempre sia per utili sia ricavi, con gli obiettivi dei piani industriali che sono stati ampiamente realizzati con largo anticipo e i non performing loan (NPL) che ormai non catalizzano più l’attenzione come in passato perché la qualità del credito si mantiene decisamente buona.
“Se a questo si aggiunge il miglioramento degli indici patrimoniali e dei livelli di liquidità, il 2023 sarà un anno da incorniciare e il prossimo biennio, stando anche alle indicazioni contenute nei documenti delle principali banche, porterà a risultati analoghi se non migliori”, si legge nella nota della FABI.
I dati “dimostrano, ancora una volta, che col nuovo contratto nazionale vanno garantiti alle lavoratrici e ai lavoratori importanti riconoscimenti economici – ha affermato il segretario generale della FABI, Lando Maria Sileoni – I 435 euro medi mensili chiesti da tutti i sindacati rappresentano una richiesta legittima e giustificata tanto dal recupero dell’inflazione tanto dal riconoscimento per la produttività”.