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Istat, salari in Italia 3.700 euro sotto la media UE. Chelli: “trappola della povertà” penalizza i giovani

(Teleborsa) – In termini di Standard di Potere di Acquisto, tra i paesi della Ue27 la retribuzione media annua lorda per dipendente in Italia risultava nel 2021 pari a quasi 27 mila euro, inferiore di circa 3.700 euro a quella dell’Ue27 (-12 per cento) e di oltre 8 mila a quella della Germania (-23 per cento). È uno dei dati emerso dal Rapporto Annuale 2023 dell’Istat. Nel 2022, la dinamica delle retribuzioni contrattuali è rimasta moderata (+1,1 per cento; era 0,6 per cento l’anno precedente) nonostante l’intensa attività negoziale che ha visto 33 contratti rinnovati, relativi a circa 4,4 milioni di dipendenti.

Nell’industria si è registrata una crescita del +1,5 per cento mentre nella Pubblica Amministrazione (PA) gli andamenti sono in linea con quelli medi. Più deboli quelli del settore dei servizi privati (+0,5 per cento) riflettendo l’ampia quota di dipendenti con il contratto scaduto. La maggior parte dei rinnovi siglati nel 2022 hanno fissato incrementi più in linea con l’evoluzione dell’inflazione, ma rappresentano meno del 10 per cento dei dipendenti complessivi e hanno, pertanto, un impatto limitato sulla dinamica totale.

Il Rapporto sostiene inoltre che i giovani rappresentano la risorsa chiave per progettare il futuro e per la crescita del Paese. Per questo “è particolarmente preoccupante” la quota prossima al 20 per cento di giovani tra i 15 e i 29 anni che in Italia, nel 2022 non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione. Si tratta dei cosiddetti Neet (acronimo inglese di Not in employment, education or training). Sono quasi 1,7 milioni di ragazzi e ragazze. Il tasso italiano di Neet è di oltre 7 punti percentuali superiore a quello medio europeo (11,7 per cento) e, nell’Ue27, secondo solo alla Romania.

Il fenomeno interessa in misura maggiore le ragazze (20,5 per cento) e, soprattutto, i residenti nelle regioni del Mezzogiorno (27,9 per cento) – in particolar modo la Sicilia –, e gli stranieri, che presentano un tasso (28,8 per cento) superiore a quello degli italiani di quasi 11 punti percentuali. Questa distanza raddoppia nel caso delle ragazze straniere, per le quali il tasso sfiora il 38 per cento. Secondo l’Istituto di statistica, “favorirne l’ingresso nel sistema formativo e nel mercato del lavoro potrebbe contribuire a ridurre la dissipazione del capitale umano dei giovani, risorsa sempre più scarsa nel prossimo futuro”.

In Italia l’alta incidenza di Neet si associa a un tasso di disoccupazione giovanile elevato (il 18 per cento, quasi 7 punti superiore a quello medio europeo), con una quota di giovani in cerca di lavoro da almeno 12 mesi tripla (8,8 per cento) rispetto alla media europea (2,8 per cento). Confrontati con la media europea, i giovani italiani tra i 15 e i 29 anni presentano una quota di partecipazione al lavoro (33,8 per cento) più bassa di oltre 15 punti percentuali, e una scarsa diffusione degli studenti-lavoratori, che nel nostro Paese rappresentano il 6 per cento dei giovani di questa classe di età, mentre nella media europea sono il 16,7 per cento.

Quasi il 38 per cento dei Neet (629 mila) inoltre non cerca lavoro né è disponibile a lavorare immediatamente. Quest’ultimo gruppo si divide in proporzioni simili tra chi è in attesa di intraprendere un percorso formativo (il 47,5 per cento tra i ragazzi), chi dichiara motivi di cura dei figli o di altri familiari non autosufficienti (il 46,2 per cento tra le ragazze) e chi indica problemi di salute. Solo il 3,3 dichiara di non avere interesse o bisogno di lavorare.

“In Italia, il meccanismo di trasmissione intergenerazionale della povertà è più intenso che nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea: quasi un terzo degli adulti tra i 25 e i 49 anni a rischio di povertà, quando aveva 14 anni, viveva infatti in famiglie che versavano in una cattiva condizione economica”. A puntare il dito contro la “trappola della povertà” è il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli. “Il futuro del Paese – ha spiegato – non potrà pero’ prescindere da una piena valorizzazione delle energie e del potenziale espresso dai nostri giovani, e da una riduzione di quelle vulnerabilità che ne impediscono la partecipazione attiva alla vita economica e sociale”.

Il rapporto Istat sulla situazione dell’Italia mette in luce “nuove opportunità di crescita e di benessere e, allo stesso tempo, non trascurabili elementi di crisi e incertezza“, prosegue Chelli. “Il periodo che abbiamo alle spalle – ha sottolineato nella sua relazione – non è stato, certo, facile. Il Paese è stato messo a dura prova dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica che ne è seguita. Molte disuguaglianze a livello economico, sociale e territoriale si sono aggravate” .

Nell’ultimo biennio, “altri fronti di crisi si sono sovrapposti: la guerra in Ucraina, le tensioni a livello internazionale, la crisi energetica e il ritorno dell’inflazione. Si tratta di fattori che hanno condizionato la ripresa dell’economia e accresciuto il disorientamento delle famiglie e l’incertezza per le imprese“, ha aggiunto. Eppure, l’Italia “ha mostrato una considerevole capacità di resilienza e reazione. È in questo quadro che il rapporto dà conto delle trasformazioni demografiche, sociali, economiche e ambientali che hanno caratterizzato il nostro Paese negli ultimi anni”.

“Per misurarsi con la complessità del presente, e per garantire uno sviluppo più equilibrato, sostenibile ed inclusivo, è necessario, del resto, conoscere le interconnessioni che si stabiliscono tra tali trasformazioni e che incidono sul tessuto produttivo e sociale con modalità e velocità differenti”. In questa edizione, in particolare, “abbiamo voluto mettere in primo piano i giovani, come risorsa da valorizzare e potenziale da non disperdere per costruire un futuro coerente con gli obiettivi di sviluppo che ho appena richiamato”, ha concluso.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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