(Teleborsa) – Il mercato fintech ha una storia recente, appena 25 anni di vita, ma impatta ormai la vita di miliardi di persone. Nel 2021 il picco, negli ultimi 12 mesi la discesa: valutazioni crollate, nuovi finanziamenti diminuiti del 43%, anche se la crescita dei ricavi è lentamente continuata. Si tratta di una turbolenza in fase di decollo perché quella dei servizi finanziari è l’industria più redditizia a livello globale, con 12 triliardi di dollari di fatturato all’anno. E c’è ancora margine di crescita visto che – secondo i dati del Progetto di inclusione finanziaria della Banca Mondiale – 1,5 miliardi di adulti nel mondo sono unbanked, ovvero non hanno un conto corrente. Sempre secondo il report, 2,8 miliardi di persone nel mondo sono underbanked, cioè chi ha un conto corrente ma usa anche servizi finanziari alternativi, di cui 54 milioni in Europa (circa il 50% degli adulti). Il totale rappresenta più della metà della popolazione mondiale: potenziali nuovi clienti che intraprenderanno il viaggio digitale nei servizi finanziari. Sono alcuni dei risultati dell’ultimo studio di BCG Global Fintech 2023: Reimagining the Future of Finance, sviluppato in collaborazione con la società di venture capital QED Investors, sul futuro dei servizi finanziari.
“Nonostante il forte rallentamento dell’ultimo anno su investimenti e valutazioni (dopo un biennio 2020-2022 di fortissima crescita), i fondamentali del settore fintech nel lungo periodo rimangono solidi. Secondo le stime BCG, – spiega Ugo Cotroneo, managing director e senior partner di BCG – i ricavi delle aziende fintech continueranno a crescere a livello globale con un forte contributo di Asia Pacific. Anche in Europa cresceranno ancora registrando un CAGR del 21% fino al 2030. Mentre il decennio precedente è stato dominato dal settore dei pagamenti fintech, la crescita futura sarà sostenuta dal trend positivo dell’embedded-finance, del B2B e del B2B2X trainati anche dalla maggiore maturità dell’open banking e delle tecnologie di Generative AI e DLT. Nello sviluppo di questo mercato i player tradizionali dovranno quindi accelerare i loro piani di digitalizzazione e sarà importante considerare il ruolo che giocano i nuovi trend regolatori, un esempio è l’open banking nel Regno Unito tramite OBIE e nell’UE tramite PSD2, che continueranno a favorire la creazione di nuovi prodotti e servizi, contribuendo ulteriormente alla crescita del settore”.
Le previsioni, nel lungo periodo, sono infatti più che rosee: il fatturato globale dei servizi finanziari raggiungerà circa 22mila miliardi di dollari entro il 2030, con una ripartizione relativamente equa tra banche e assicurazioni. I ricavi annuali del settore fintech cresceranno di sei volte fino a raggiungere 1.500 miliardi di dollari entro la fine dell’anno.
Poi ci sono Regno Unito e Unione Europea che insieme rappresentano il terzo mercato finanziario più grande al mondo e si prevede che fino al 2030 assisteranno a un’importante crescita fintech, stimata in oltre cinque volte rispetto al 2021 e guidata dal settore dei pagamenti. Crescita facilitata dalle iniziative intraprese dalle autorità nell’eurozona. Il passaporto nell’UE consente alle imprese di operare su base regionale senza grandi ostacoli normativi (ad esempio, le licenze).
“In Italia, il settore soffre ancora della piccola quantità di operatori di grandi dimensioni, ma mostra una forte vitalità, con la nascita di molte iniziative innovative che potranno beneficiare della complessiva crescita del settore nel lungo termine e – conclude Cotroneo – del sempre maggiore interesse da parte di incumbent player a partnership e attività di M&A”.
Qualche anno fa la sterzata l’avevano data gli smartphone. Oggi le tecnologie emergenti miglioreranno ulteriormente l’esperienza dei servizi fintech, accrescendone la capacità di personalizzazione: tra queste l’AI generativa, la connettività aperta basata su API, la DLT, il quantum e l’edge computing, l’Internet of Things (IoT) e la biometria.
L’Asia-Pacifico, con un tasso di crescita del 27% diventerà nel 2030 il principale punto di riferimento per il panorama fintech, superando anche gli Stati Uniti. I Paesi APAC (Cina, India e Indonesia) scavalcheranno gli Usa per una serie di fattori: maggior numero di player, ampia popolazione unbanked, elevato numero di PMI e la diffusione di una classe media e giovanile tecnologicamente preparata.
La crescita fintech nell’ultimo periodo è stata trainata dai pagamenti, seguiti da prestiti e assicurazioni. Il B2b e il B2B2X guideranno la prossima era. Le fintech collaborano con gli operatori storici senza competere con loro, ma unendosi a questi per accrescere le competenze. Ciò viene interpretato come un rischio minore per gli investitori e quindi in una maggiore disponibilità a investire. Il B2B2X rappresenta già un segmento in rapida crescita e c’è ancora spazio di manovra. Il B2b, ovvero la parte delle fintech che si rivolge alle PMI, rappresenta una fetta importante: si parla di quasi il 70% dei posti di lavoro e del PIL a livello globale (sono circa 400 milioni a livello globale, di cui 63 milioni in India, 40 milioni in Nigeria e 32 milioni negli Stati Uniti). In Africa, le PMI forniscono oltre l’80% dei posti di lavoro in tutto il continente.
Il percorso verso la crescita non è scevro da rischi e incertezze: dalla regolamentazione, alla privacy dei dati, fino alla concorrenza delle big tech e alla volatilità dei tassi di interesse. La mancanza di una regolamentazione può portare a un’incertezza sulla fiducia dei potenziali clienti che decidono di non adottare soluzioni fintech. Al contrario, una regolamentazione troppo rigida potrebbe tradursi in costi più elevati, approvazioni più lente e investimenti ridotti. Poi ci sono i rischi di reputazione: le fintech che raccolgono grandi quantità di dati sensibili in modo non regolamentato sono ad alto rischio di violazione dei dati, macchiando la loro immagine e causando di nuovo una perdita di fiducia e di fedeltà dei clienti, nonché conseguenze legali. Inoltre, l’ingresso di grandi aziende tecnologiche nel settore fintech può far scendere i prezzi ed eliminare la concorrenza, spesso a danno delle startup fintech più piccole, dell’innovazione e dei consumatori. La combinazione di questi fattori, con un contesto di tassi d’interesse più elevati che mettono a rischio i finanziamenti, crea una tempesta perfetta.
“Nell’universo delle fintech – afferma Nigel Morris, cofondatore e socio amministratore QED, tra gli autori dello studio – ci sono essenzialmente quattro gruppi di parti interessate: le autorità di regolamentazione, le fintech stesse, gli operatori storici e gli investitori. La crescita e il successo del settore fintech dipenderanno in larga misura dal modo in cui queste quattro parti interessate saranno in grado di lavorare insieme”.
Quando ci sono difficoltà, è importante giocare d’attacco: le fintech dovrebbero acquisire nuovi talenti e allargare le quote di mercato entrando in nuove aree geografiche. Non solo. È fondamentale che gli operatori storici e le fintech si orientino verso partnership basate sul valore, che consentono alla fintech di rimanere indipendente, ma con un chiaro accordo commerciale che vada a vantaggio di entrambi i partner.