(Teleborsa) – “Dall’analisi del DEF emerge un quadro macroeconomico complessivamente condivisibile pur con rischi al ribasso sulla crescita oltre il breve termine e un quadro di finanza pubblica prudente sebbene con alcune criticità. Entrambi i quadri presuppongono il completo ed efficiente utilizzo delle risorse europee nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Su questo fronte, il DEF appare come un documento ponte in attesa di maggiore chiarezza sul profilo temporale della spesa, data l’annunciata rimodulazione del Piano. Gli obiettivi programmatici contenuti nel DEF per il periodo 2023-26 appaiono coerenti con le indicazioni della proposta di riforma del nuovo framework di regole della UE. Potrebbe, tuttavia, essere necessario proseguire il consolidamento oltre il periodo di programmazione del DEF considerando l’obiettivo di mantenere il profilo discendente del debito in rapporto al PIL e la necessità di finanziare le maggiori spese previste nel medio-lungo termine in connessione con l’invecchiamento della popolazione”. Questa, in sintesi, la posizione espressa dalla
presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), Lilia Cavallari, in audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, riunite in seduta congiunta, nell’ambito dell’esame preliminare del Documento di economia e finanza (DEF) 2023. La presidente dell’UPB ha illustrato le ragioni che hanno condotto a un esito positivo della validazione del quadro macroeconomico programmatico del DEF (precedentemente era stato validato il quadro tendenziale), per poi analizzare le tendenze congiunturali, la strategia delineata dal DEF e le dinamiche dei principali aggregati di finanza pubblica.
Il processo di validazione del quadro macroeconomico programmatico ha avuto un esito positivo, sebbene al limite: le previsioni programmatiche del DEF sono nel complesso coerenti con quelle del panel UPB (composto da CER, Oxford Economics, Prometeia e REF.ricerche, oltre allo stesso UPB), pur situandosi in prossimità del valore superiore delle stime su tutto l’orizzonte di previsione.
Lo scenario macroeconomico dell’economia italiana appare soggetto a rischi, soprattutto di matrice internazionale e prevalentemente orientati al ribasso sulla crescita oltre il breve termine. Tra i principali, il rischio connesso all’ipotesi dell’integrale, tempestivo ed efficiente utilizzo da parte dell’Italia dei fondi europei del NextGenerationEU per l’attuazione dei progetti predisposti con il PNRR, la guerra in Ucraina, le tensioni finanziarie globali, la persistenza dell’inflazione, i rischi climatici e ambientali. I fattori avversi per i prossimi anni incidono sulle previsioni più recenti degli altri analisti, sia privati sia istituzionali, che si caratterizzano per dinamiche di crescita più basse di quelle prefigurate dal Governo, soprattutto sul PIL del 2024.
Per il biennio 2023-24, il quadro programmatico del DEF 2023 conferma gli obiettivi di disavanzo sul PIL fissati nella NADEF 2022 e nel DPB 2023 di novembre. Il disavanzo rimane quindi programmato al 4,5 per cento del PIL nel 2023, al 3,7 per cento nel 2024 e al 3 per cento nel 2025; viene poi fissato un obiettivo pari al 2,5 per cento per il 2026.
Dal Def “nell’insieme sembrerebbero necessarie cospicue risorse di copertura che appaiono difficili da reperire, dopo il periodo di risanamento del recente passato, mantenendo i livelli attuali di prestazione dei servizi e politiche sociali” rileva Cavallari. La presidente dell’UPB sottolinea, inoltre, “il forte rischio di aumenti significativi” sui rinnovi contrattuali e che provvedimenti come quello sulle pensioni “potrebbero richiedere risorse aggiuntive, di cui va individuata adeguata copertura finanziaria”.
“Oltre all’incertezza legata al Pnrr e alla sua prospettata rimodulazione ancora da definire, – evidenzia l’UPB – si rileva che nel Def sono presenti informazioni generiche sulle risorse da dedicare alle politiche invariate e sugli interventi che concorreranno alla loro copertura”. Nelle politiche invariate, solitamente, la componente più rilevante riguarda il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e su questo, sottolinea l’Upb, “è forte il rischio di aumenti significativi a causa dell’inflazione cumulata”, inoltre “le risorse stanziate nella legge di bilancio, ai fini dei rinnovi contrattuali, riguardano solo le Amministrazioni centrali e analoghe risorse devono essere reperite per il rinnovo delle Amministrazioni locali. In prospettiva, tali elementi saranno di particolare rilevanza se si considera che nell’arco temporale del Def rientrano sia il triennio economico di contrattazione 2022-24 di tutti i comparti pubblici sia i due terzi di quello successivo (2025-27)”.
Per quanto riguarda la spesa sanitaria, Cavallari ricorda che “in Italia essa risulta inferiore alla media europea – con conseguenze sfavorevoli sulla qualità dei servizi offerti – con la possibilità che si renda necessario il rifinanziamento del servizio sanitario nazionale”. Cavallari ha, inoltre, evidenziato che “non è chiaro come la riduzione del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, indicata come temporanea, si raccordi con gli interventi strutturali previsti nel disegno di legge delega per la riforma fiscale”. “Gli oltre 3 miliardi di riduzione temporanea del cuneo vanno su redditi medio bassi. È vero – spiega Cavallari – che sarà in media 200 euro l’anno ma su persone che guadagnano poco e quindi quei trasferimenti e quelle maggiori disponibiità sono spese. L’impatto della manovra di 0,1 punti vede 4 dei 5 membri del panel Upb d’accordo su questo mi sentirei di tranquillizzare, non è un particolare ottimismo”.
Infine, “è plausibile che alla luce delle recenti misure relative al blocco della cedibilità dei bonus edilizi le autorità statistiche decidano che essi debbano essere nuovamente classificati come crediti non pagabili sulla base del profilo di effettiva fruizione delle detrazioni dall’imposta. Ciò determinerebbe minori disavanzi di bilancio nel triennio 2023-25 ma – evidenzia la presidente dell’UPB – peggiorerebbe quelli degli anni successivi. Un eventuale utilizzo dei margini di bilancio a seguito della ulteriore eventuale riclassificazione implicherebbe necessariamente un aumento del debito pubblico”.
Le emissioni lorde dei titoli di Stato al netto degli acquisti dell’Eurosistema sul mercato secondario ammonterebbero a 424 miliardi (+107 mld su 2022). ”La stima delle emissioni nette, al netto degli acquisti dell’Eurosistema sul mercato secondario, sarebbe positiva per 104 miliardi, in marcato aumento rispetto ai 2 miliardi stimati per il 2022″ afferma il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Quindi, la fine del programma di acquisti di titoli di Stato da parte dell’Eurosistema a partire dal 2022 e ”il reinvestimento solo parziale del capitale rimborsato sui titoli in scadenza da marzo 2023 – secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio – determineranno un aumento dell’offerta di titoli italiani sul mercato secondario e un conseguente ribilanciamento dei portafogli degli investitori privati che dovranno assorbire una quantità di debito pubblico italiano rilevante nei confronti degli anni passati”.