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Ddl Capitali, PMI hanno meno scuse per non quotarsi. Ma Italia resta indietro

(Teleborsa) – Il disegno di legge che punta a rafforzare il mercato italiano dei capitali e migliorare la capacità di Piazza Affari di competere con i concorrenti europei è un punto di partenza positivo e che rispecchia le attese degli operatori. Non basterà, però, da solo ad attirare più imprese in Borsa – siano esse PMI o grandi società – in quanto serve una migliore armonizzazione delle regole che si sono stratificate negli anni, incentivi allo sviluppo di investitori e veicoli d’investimento specializzati, e uno sforzo culturale per avvicinare gli imprenditori italiani ai mercati finanziari.

Il cosiddetto Ddl Capitali, approvato ieri sera dal governo e che ora dovrà passare l’iter parlamentare, introduce misure per accelerare il processo di quotazione e per attrarre nuovi operatori su Borsa Italiana, dopo la perdita di importanti società negli ultimi anni, come Atlantia (delisting) ed (trasferimento sulla Borsa di Amsterdam).

“La direzione del Ddl è sicuramente giusta, c’è una semplificazione e una sensibilizzazione che tiene conto di istanze e riflessioni che erano maturate dagli operatori di mercato in esperienze come il Libro Verde del MEF. Si tratta di innovazioni positive – tenendo conto che il rilancio dei mercati non si nutre solo di regole – e bisogna ammettere che ciò che realisticamente si poteva fare è stato fatto“, afferma Marco Ventoruzzo, presidente di ASSOSIM e professore di diritto commerciale presso l’Università Bocconi.

Analizzando gli elementi di maggior impatto, Ventoruzzo identifica che “le azioni a voto multiplo sono molto utili – perchè gli imprenditori le vogliono e in altri sistemi ci sono – una serie di semplificazioni dirette e indirette – come l’innalzamento della soglia delle PMI, la possibilità di avere il rappresentante unico in assemblea – una serie di norme di liberalizzazione e chiarimento in materia di prospetti e governance, e le norme sulla CONSOB – per un rapporto più collaborativo tra Autorità, intermediari ed emittenti – anche se quest’ultime andranno chiarite meglio in fase di discussione”.

Il processo accelerato che sarà imposto a CONSOB è reputato fondamentale anche da Giovanni Natali, presidente di AssoNEXT (Associazione Italiana delle PMI Quotate) e amministratore delegato di , che parla di “una piccola rivoluzione per quanto riguarda i termini di approvazione del prospetto sul mercato principale”. “Oggi, quando viene presentata una bozza di prospetto informativo per chiedere il nulla osta alla CONSOB, i 60 giorni per l’approvazione scattano da quanto viene rilasciato il documento di completezza dell’informazione – spiega – Arriva però subito una comunicazione per la non completezza dell’informazione, che non entra nel merito, e quindi si può andare avanti per 7-8 mesi, fino a quanto arrivava la completezza dell’informazione e il nulla osta in tre giorni, una chiara contraddizione. Con la nuova proposta, anche dalla bozza scattano i termini”.

Questa misura e altre, come la nuova soglia di 1 miliardo di euro per le PMI, sono “il segno che si vuole far di tutto per favorire l’accesso al mercato principale, anche perchè i dati sono drammatici“, ricorda Natali. Dal 31 dicembre del 2008 al 31 dicembre del 2022, Borsa Italiana ha guadagnato 125 società. Se però si eliminano le 190 del mercato ex AIM e le 52 del mercato globale (le aziende straniere quotate anche in Italia), il saldo è impressionante: il mercato principale ne ha perse 117, ovvero prima erano 341 e oggi 224, e quindi significa che il 34% del mercato principale che c’era nel 2008 ora non c’è più.

Il disegno di legge semplifica le procedure di ammissione alla negoziazione, riduce gli oneri a carico delle aziende che intendono quotarsi ed estende la classificazione di PMI emittenti azioni quotate, che secondo gli operatori avranno ora meno scuse per rigettare la strada dell’IPO. “Adesso devono darsi una mossa anche gli imprenditori – sottolinea Natali – C’è il mercato per le piccole, c’è il mercato per le grandi, c’è il bonus quotazione, ora bisogna avere un po’ di coraggio. Ovviamente per uno scatto in avanti bisogna considerare anche il cambiamento culturale nel tempo, ma quanto meno ora non ci sono più scuse”.

La regolamentazione dei meccanismi di Borsa e del funzionamento delle Autorità sono però solo alcuni degli aspetti che una società tiene in considerazione nello scegliere se accedere al mercato dei capitali e dove farlo. Le sedi di negoziazione statunitensi o olandesi, ad esempio, vengono scelte anche perchè i paesi sono più business-friendly in generale – anche nel campo della pubblica amministrazione, della giustizia e della fiscalità – e registrano un maggiore spessore del mercato – con più investitori e più denaro.

“In Olanda non ci sono solo regole diverse ma anche più investitori, e anche su questo fronte vanno fatte scelte legislative per migliorare la presenza di investitori sul mercato italiano“, suggerisce Vincenzo Polidoro, amministratore delegato di , holding di partecipazione finanziaria quotata su Euronext Growth Milan e specializzata in investimenti di Private Investments in Public Equity e di Private Equity.

Secondo l’investitore, “bisogna creare degli operatori e dei veicoli specializzati, migliorando strumenti come ELTIF e PIR alternativi e la loro attrattiva, anche perchè se l’offerta di capitali non cresce – e non ci sono gli incentivi per farla crescere – anche la domanda ha più difficoltà a emergere. Se ci fossero più operatori in grado di valorizzare le aziende familiari, sono sicuro che anche la domanda inespressa verrebbe fuori, con un maggiore accesso al mercato”.

Polidoro vede ancora ampi gap da colmare sia sul fronte culturale, facendo quindi capire agli imprenditori italiani che la quotazione non serve solo a ottenere una valutazione della società ma a fare investimenti e gestire meglio il passaggio generazionale, che sulla messa a punto di meccanismi che oggi non funzionano, come il tema del passaggio dal mercato non regolamentato a quello regolamentato, garantendo tempistiche e costi minimi che oggi non ci sono.

La speranza di molti operatori è che il Ddl Capitali sia solo il primo di una serie di interventi migliorativi che potrebbero essere portati avanti da un esecutivo che si è dimostrato sensibile ai temi della Borsa. “L’appetito vien mangiando – dice Ventoruzzo – e quindi, visto questo intervento, ci si chiede se non sia il caso di una revisione più ampia del TUF, che negli anni si è stratificato ed è diventato un provvedimento molto complesso”. Inoltre, “quando c’è un governo di legislatura che segnala di dare importanza nella propria agenda alla competitività del mercato dei capitali, sullo sfondo non va escluso un lavoro più ambizioso e più complesso di rivisitazione complessiva“.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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