(Teleborsa) – Il governo cerca di trovare la quadra sul fronte rete unica. Si avvicina per il dossier Telecom Italia la scadenza fissata dal governo al 31 dicembre per la definizione delle migliori soluzioni di mercato. Domani, nel quarto e ultimo degli incontri del tavolo aperto a Palazzo Chigi a cui partecipano anche Vivendi e Cdp Equity, si dovrebbero tirare le somme.
L’obiettivo del sottosegretario alla presidenza Alessio Butti e dei ministri Adolfo Urso e Giancarlo Giorgetti è arrivare entro quella data a una soluzione per definire i contorni di una rete nazionale a controllo pubblico e non verticalmente integrata, nel cui perimetro far rientrare anche Sparkle, vista la sensibilità e la rilevanza per la sicurezza nazionale della dorsale delle tlc. Le strade sembrano ancora tutte aperte, a partire dalla vendita della rete a uno o più soggetti sotto il controllo dello Stato, con la scissione di Tim: le infrastrutture da una parte (Cdp) e i servizi dall’altra (Vivendi). Sono circolati poi i nomi di Invitalia, ma anche di Poste e di Fs e sul fronte investitori istituzionali, oltre a Kkr, Macquarie (già azionista di Open Fiber) e Gip.
Nei giorni scorsi Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi, ha fatto sapere di essere “grato a questo Governo e in particolar modo al Mimit e al ministro Urso, e agli altri dicasteri competenti, per aver creato le condizioni e un clima sereno e costruttivo che accompagna il lavoro dei tavoli tra Governo e azionisti di maggioranza di Tim” per “trovare una soluzione condivisa che risponda ai target del Governo e soddisfi tutti gli stakeholders nell’interesse del Paese per una rete nazionale delle telecomunicazioni. Questo clima – afferma de Puyfontaine dopo i tre incontri tecnici che si sono svolti al Ministero guidato da Urso – è propedeutico per considerare altri investimenti in Italia che possano suggellare la partnership tra Italia e Francia”.
Sul tavolo rimangono, tuttavia, due nodi principali. Il primo riguarda il titolo che – come rileva il Sole 24 Ore – è ancora distante dai 65 centesimi che rappresentano il prezzo di carico di Vivendi che per la sua quota aveva sborsato 3,9 miliardi avendole comprate a 1,07 euro. E anche gli 86 centesimi di Cdp, poi rettificati a 65, sono lontani. La seconda questione riguarda il debito. Stando alle simulazioni che – a quanto ricostruito nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore sarebbero state fatte nel corso dell’ultimo tavolo – la sostenibilità si raggiungerebbe con “un debito fino a 10 miliardi sulla NetCo e attorno ai 4 miliardi per la parte servizi” ma “il debito lordo di Tim pesa per 25 miliardi sui conti del gruppo, cifra che scende a 20,1 miliardi se si guarda il valore netto”.
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