(Teleborsa) – Una norma fiscale americana ha il potenziale di creare effetti disastrosi per i risparmiatori italiani che investono in fondi comuni di investimento di gestori italiani, che a loro volta hanno nel proprio portafoglio attività finanziarie emesse da “partnership” di diritto statunitense. Infatti, secondo le norme fiscali Usa, le partnership con uno o più soci stranieri, sono obbligate ad applicare una ritenuta del 37.5% sugli utili di competenza, e dunque non già distribuiti, del socio estero. Questo l’avvertimento lanciato dal presidente di ExportUSA, Lucio Miranda che consiglia ai risparmiatori italiani di controllare questo aspetto con il gestore del fondo italiano che segue le loro operazioni.
Come mai tale criticità è emersa solo quest’anno?
“La norma secondo la quale gli utili percepiti da un socio straniero di una partnership sono soggetti a una ritenuta d’acconto non è nuova ma è qualcosa che esiste da sempre. La novità è rappresentata dall’enfasi applicativa. Per l’anno fiscale 2021 abbiamo dovuto fare la richiesta di estensione alla deadline di presentazione del tax return di tutte le partnership che avevano all’interno un socio estero perché all’inizio dell’anno il fisco americano non aveva ancora pubblicato i regolamenti attuativi di questo nuovo capitolo riguardante le partnership. Nell’anno fiscale 2021 sono stati previsti due nuovi moduli da compilare in sede di dichiarazione redditi delle partnership che, quando uno o più soci non sono residenti fiscali americani, sono piuttosto complicati. E diventano ancor più complicati quando il socio della partnership americana è, a sua volta, una società trasparente estera: in questo caso entriamo, infatti, in un esercizio fiscale e contabile non da poco. L’enfasi dell’IRS, l’agenzia della riscossione americana, è sulle partnership che comprendono soci stranieri. Hanno probabilmente identificato questo ambito come uno di quelli in cui l’elusione o l’evasione è più alta che in altri, fatto sta che dall’anno fiscale 2021, con dichiarazione dei redditi da presentare quindi entro il 15 aprile 2022, le dichiarazioni dei redditi delle partnership americane con un socio estero sono diventate molto complicate a causa dell’introduzione di due moduli nuovi da compilare che richiedono molto lavoro a livello contabile: bisogna, infatti, allineare i dati contabili italiani ai principi contabili americani. Un procedimento che spesso non è semplicissimo come nel caso delle riserve non tassate che in America non esistono. Tra l’altro sono equiparate alle partnership tutte società trasparenti come ad esempio le LLC. La LLC è una società trasparente per cui quando ha più soci viene, di default, trattata come una partnership da parte del fisco americano. Se il socio non chiede di essere trattato altrimenti, la LLC rimane una partnership. Ci siamo accorti di questa problematica perché siamo stati contattati da parte di alcuni risparmiatori italiani che ci dicevano di aver comprato delle quote di un fondo di un gestore italiano e di aver ricevuto una lettera, da parte dello stesso gestore ricevuta a sua volta dal gestore americano, in cui si chiede di presentare entro due settimane l’ITIN (il numero fiscale per i non residenti ndr) , altrimenti sarebbero state detratte delle penali aggiuntive: il 37,5% di ritenuta d’acconto, un 10% di penale e il 26% netto frontiera da parte del fisco italiano. Un bagno di sangue”.
Per ottenere l’ITIN quanto tempo ci vuole?
“Prima del Covid per ottenere l’ITIN ci volevano da 4 a 6 settimane. Ora ci vogliono non meno di 8 settimane. Poiché è impossibile ottenere un ITIN in così poco tempo, il risultato netto è che il risparmiatore italiano si vede decurtare i frutti del proprio investimento con percentuali da esproprio.
Come riuscire ad avere l’ITIN in tempo?
“Nel caso di questi risparmiatori si può ovviare a questo problema: si può allegare la richiesta dell’ITIN alla dichiarazione dei redditi. In questo modo il fisco americano mentre evade la mia pratica mi assegna anche l’ITIN. Il problema è, tuttavia, che il gestore americano impone ai risparmiatori italiani di consegnare l’ITIN entro il 31 dicembre e la dichiarazione dei redditi non si può fare prima del 10-15”-
A monte c’è un problema di poca trasparenza da parte dei gestori?
“Non penso. Ritengo che anche i gestori italiani siano stati colti alla sprovvista da questa lettera, non ne erano al corrente prima. Per il gestore americano quella dell’ITIN non è una richiesta problematica e, pertanto, non ha sentito la necessità di dare un congruo preavviso. La verità è che il gestore americano, il gestore italiano e anche il legislatore non conoscono o non vivono la quotidianità di situazioni di questo tipo. Il gestore americano probabilmente neanche lo sa che per chiedere un ITIN ci vogliono 8 settimane”.
Quali le conseguenze per i risparmiatori che si trovano in questa situazione?
“Questi risparmiatori si trovano a dover pagare una ritenuta d’acconto del 37,5% più il 10% di penale e in Italia anche il 26% sul netto frontiera che, se viene estesa la norma del governo Meloni, dovrebbe scendere al 14% per tutto il 2023. L’altro problema è quello di dover fare la dichiarazione dei redditi in America. Il socio straniero di una partnership è, infatti, tenuto a fare la dichiarazione dei redditi in America anche se non ha tasse da pagare. Questo è un onere amministrativo e burocratico non da poco soprattutto per chi non ha investito grandi cifre e – per ottenere il rimborso delle tasse pagate in eccesso – si ritrova a dover richiedere l’ITIN e a fare la dichiarazione dei redditi. Può succedere di avere 50mila euro investiti in un fondo e di questi 10mila sono investiti in un ETF gestito da una partnership americana. Per il piccolo risparmiatore è una mazzata ingiustificata rispetto all’entità dell’investimento. Hanno fatto una norma orientata a diminuire elusione ed evasione senza pensare che avrebbero tirato dentro nella maglie strette di questa normativa anche piccoli risparmiatori”.