(Teleborsa) – Il Consiglio dei ministri ha approvato la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) 2022, che delinea lo scenario a legislazione vigente senza definire gli obiettivi programmatici di finanza pubblica per il triennio 2023-2025. È quanto dichiara Palazzo Chigi in una nota rimarcando che le “previsioni sono improntate, come per i precedenti documenti di programmazione, a un approccio prudenziale e non tengono conto dell’azione di politica economica che potrà essere realizzata con la prossima legge di bilancio e con altre misure”.
“L’economia italiana – sottolinea Palazzo Chigi – ha registrato sei trimestri di crescita superiore alle aspettative; le prospettive adesso risultano meno favorevoli in ragione del marcato rallentamento dell’economia globale e di quella europea, principalmente legato all’aumento dei prezzi dell’energia, all’inflazione e alla situazione geopolitica.
Nella Nadef la crescita stimata del PIL nel 2022 è del +3,3%, con una revisione al rialzo rispetto alle previsioni del Def di aprile (+3,1%). Nel 2023 rallenterà al +0,6%, per poi risalire (in questo caso le stime confermano le previsioni del Def) a +1,8% nel 2024 e +1,5% nel 2025. “La previsione di aumento del PIL per quest’anno viene rivista al rialzo – si legge nel testo del documento diffuso dall’Ansa – grazie alla crescita superiore al previsto registrata nel primo semestre e pur scontando una lieve flessione del Pil nella seconda metà dell’anno”.
L’aggiornamento della previsione evidenzia anche un rialzo del sentiero dell’inflazione e della crescita salariale; si continua comunque a prevedere che il tasso di inflazione cominci a scendere entro la fine di quest’anno.
L’indebitamento netto tendenziale nel 2022 scende al 5,1% (a fronte dell’obiettivo del 5,6% indicato in aprile col Def) e si attesterà al 3,4% nel 2023, sempre in calo dalla stima del Def (3,9%). “Nelle proiezioni aggiornate per il 2022 la finanza pubblica – spiega il documento – beneficia del positivo andamento delle entrate e della moderazione della spesa primaria sin qui registrate quest’anno, mentre risente dell’impatto sul servizio del debito dell’aumento dei tassi di interesse e della rivalutazione del nozionale dei titoli di stato indicizzati all’inflazione”.
Il deficit al 5,1% previsto per il 2022 nella Nadef approvata oggi dal Consiglio dei ministri lascia uno spazio di manovra tra i 8 e i 10 miliardi di euro, in pratica un tesoretto per un eventuale nuovo decreto. L’obiettivo indicato oggi è infatti inferiore di 0,5 punti rispetto a quello fissato nel Def e già autorizzato dal Parlamento. Se quindi il nuovo governo volesse intervenire contro il caro-energia entro la fine dell’anno, potrebbe utilizzare la leva dell’indebitamento e salire fino al 5,6% precedentemente stimato, già autorizzato dal Parlamento e considerato dall’Ue in linea con gli obiettivi.
Il rapporto debito/PIL è previsto in netto calo quest’anno, al 145,4% (dal 150,3% del 2021), anche più della stima di aprile (146,8%). Il sentiero di discesa proseguirà negli anni a seguire fino ad arrivare al 139,3% nel 2025 (141,2% la stima del Def): nel 2023 il debito è stimato al 143,2% (dal 145% della stima di aprile) e nel 2024 al 140,9% (143,2% nella stima del Def di aprile).
“I prossimi mesi – evidenzia il testo – saranno complessi, alla luce dei rischi geopolitici e del probabile permanere dei prezzi dell’energia su livelli elevati. Le risorse a disposizione del Paese per rilanciare gli investimenti pubblici e promuovere quelli privati, sia in nuovi impianti sia in innovazione, non hanno tuttavia precedenti nella storia recente e potranno dar luogo a una crescita sostenibile ed elevata, così da porre termine alla lunga fase di sostanziale stagnazione dell’economia”.
Nel 2023 permarranno gli effetti del rialzo dei tassi di interesse e la spesa per interessi sarà pari al 3,9 per cento del PIL. L’aumento di «tassi e rendimenti – si sottolinea nella Nadef – ha un impatto negativo sul PIL che è marginale per quest’anno ma molto significativo sul 2023 e rilevante sugli anni successivi”.
“L’ammontare di risorse effettivamente spese per i progetti del Pnrr nel corso di quest’anno sarà inferiore alle proiezioni presentate nel Def per il ritardato avvio di alcuni progetti che riflette, oltre i tempi di adattamento alle innovative procedure del Pnrr, gli effetti dell’impennata dei costi delle opere pubbliche – si legge nella premessa della Nadef – Dei 191,5 miliardi assegnati all’Italia circa 21 saranno effettivamente spesi entro la fine di quest’anno. Restano circa 170 miliardi da spendere nei prossimi 3 anni e mezzo, risorse che se pienamente utilizzate daranno un contributo significativo alla crescita”.
In riferimento all’impennata dei costi delle opere pubbliche, nella premessa il ministro dell’Economia Daniele Franco spiega che “su quest’ultimo fronte il governo è intervenuto per incrementare i fondi destinati a compensare i maggiori costi, sia per le opere in corso di realizzazione, sia per quelle del piano”.
“L’impennata dei prezzi – prosegue Franco nella premessa – ha accresciuto in misura senza precedenti il costo delle nostre importazioni di energia. Dopo quasi 10 anni di ininterrotti avanzi nel 2022 la bilancia commerciale dell’Italia registrerà un deficit. Nei primi 7 mesi dell’anno, mentre il saldo commerciale che esclude l’energia registrava un surplus di oltre 46 miliardi, il saldo energetico ha registrato un deficit di 60 miliardi, un valore oltre 3 volte superiore allo stesso periodo del 2021. Si tratta di un enorme trasferimento di risorse verso i paesi produttori di energia tra cui la Russia che evidenzia come la transizione ecologica sia cruciale non solo dal punto di vista ambientale ma anche per la sicurezza e la resilienza economica e sociale”.
“Il Governo – si legge nella premessa – conclude il suo operato in una fase assai complessa a livello geopolitico ed economico ma con evidenti segnali di ritrovato dinamismo per l’economia italiana. L’auspicio è che, in un contesto di graduale riduzione del deficit e del debito pubblico la ripresa economica avviata dopo la crisi pandemica prosegua e si consolidi, sostenuta dagli investimenti privati e pubblici, da tassi di occupazione più alti e da una dinamica della produttività più elevata. Le tendenze di finanza pubblica presentate in questo documento – conclude Franco – sono complessivamente rassicuranti, sebbene il servizio del debito si faccia più pesante”. Il ministro ricorda che “nel 2024 rientrerà in vigore il Patto di stabilità e crescita, nella versione che scaturirà da una consultazione che la Commissione europea aprirà prossimamente sulla base di una proposta di riforma delle regole fiscali”.