(Teleborsa) – Data per certa poco più di una settimana fa, in vista dell’esame in aula al Senato del decreto aiuti-bis, slittato alla seduta di martedì 13 settembre alle 12, rimane in stallo la proroga dello smart working.
Già a partire da agosto le scadenze dettate dal decreto Riaperture hanno segnato per molti dipendenti privati il ritorno in presenza sul proprio luogo lavoro. Il mese scorso è infatti decaduto il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con almeno un figlio minore di 14 anni e i lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possano caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente.
I dipendenti privati hanno tuttavia potuto continuare a lavorare da remoto se tale modalità era richiesta o consentita dall’azienda. Fino allo scorso 31 agosto il lavoro agile poteva, infatti, essere applicato dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente con l’unico obbligo di comunicare, in via telematica, al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile.
Con l’inizio settembre la normativa prevede che le imprese decidano se inserire stabilmente lo smart working nel proprio modello di organizzazione. Dal primo del mese tale modalità di lavoro è, infatti, possibile solo previa sottoscrizione di un accordo tra le parti, che deve essere siglato nell’atto dell’assunzione o in un momento successivo precedente all’inizio del lavoro agile.
Se sulla carta le cose stanno così, a lasciare lavoratori e aziende in un limbo è l’annunciata proroga del lavoro agile contenuta in due emendamenti al dl aiuti bis presentati dal Pd e dall’Ipf di Di Maio. Lo scorso 29 agosto il ministro del Lavoro, Andrea Orlando ha presentato un emendamento che prevede la proroga dello smart working per i lavoratori fragili e per i genitori dei figli under 14 fino al prossimo 31 dicembre. Come annunciato dal ministro l’emendamento sarà presentato in sede di conversione del dl Aiuti bis al Senato. La relativa copertura per i lavoratori del settore pubblico – secondo quanto si apprende – sarebbe stata reperita con fondi propri del ministero del Lavoro. Gli oneri stimati nell’emendamento del Pd sono pari a 7,5 milioni di euro per il 2022, da coprire attraverso il Fondo sociale per l’occupazione e la formazione del Ministero del lavoro. Ma sul fronte delle coperture il Mef potrebbero sollevare delle criticità.