(Teleborsa) – Sono pochi grandi attori a dividersi la torta degli scambi internazionali di agroalimentare. L’export globale del settore vale 1.550 miliardi di euro, ma per il 70% e` generato da 20 geografie: in testa gli Stati Uniti (9,6% del totale, con 148 miliardi di euro), seguiti da Paesi Bassi, Brasile, Germania e Francia. Se a livello di esportazioni tra i principali attori sono presenti numerosi Paesi emergenti, per l’import globale si osserva, invece, una netta prevalenza dei Paesi avanzati (solo gli emergenti Cina, Messico, Russia e India sono tra i primi 15 importatori). L’Italia, forte di un alto valore di vendite estere di prodotti lavorati (vini e spiriti su tutti) – a fronte di un import composto in larga misura da prodotti agricoli o comunque in fasi iniziali di lavorazione – presenta un saldo commerciale in positivo (4,6 miliardi di euro) e si posiziona al nono posto tra gli esportatori mondiali e all’ottavo tra gli importatori. Questo il quadro che emerge dal Focus On “Agroalimentare: Italia, una (pen)isola felice”, un’analisi sull’export del settore realizzata dall’ Ufficio Studi di Sace a cura di Marina Benedetti, Francesca Corti, e Cecilia Guagnini
L’agrifood italiano – si legge nel rapporto – e` caratterizzato da un tessuto imprenditoriale composto in prevalenza da piccole imprese dalla buona dinamicita` oltreconfine: nel 2021 l’export italiano del settore ha raggiunto la soglia record di 52 miliardi di euro, grazie soprattutto al traino di alimentari e bevande (+11,6%), ma la performance e` stata positiva anche per i prodotti agricoli (+8,8%). Oltre agli storici mercati tradizionali di punta come Germania e Stati Uniti, ottime prospettive arrivano da geografie in crescita come Cina, Corea del Sud e, con le dovute cautele, la Polonia.
Secondo l’analisi di Sace il 2022 si prospetta essere un anno ancora di crescita (+19,5% tra gennaio e marzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), pur mostrando rischi al ribasso legati alle incognite del contesto internazionale e agli aumenti di prezzo delle materie prime agricole.
Nel 2021 l’export complessivo di vino, olio d’oliva e pasta ha rappresentato il 22,4% del totale export agroalimentare, attestandosi a 11,7 miliardi di euro (+7% rispetto al 2020). Continua – rileva Sace – la dinamica di crescita dei consumi futuri, con presidi dell’export italiano piu` o meno consolidati. Se vino e pasta presentano una maggiore eterogeneita`, il comparto dell’olio d’oliva mostra una forte concentrazione internazionale, con un netto divario tra le prime quattro principali destinazioni dell’export italiano e le restanti.
Anche per un settore cosi` virtuoso il futuro – evidenzia il focus – prospetta importanti sfide strutturali. L’agrifood rappresenta, infatti, un canale per una sempre maggiore sostenibilita`: l’Europa si sta muovendo per accelerare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile rendendolo equo, sano e rispettoso dell’ambiente. L’Agricoltura 4.0 prevede macchinari agricoli connessi e blockchain, elementi che rendono la filiera piu` efficiente, sostenibile, responsabile e trasparente.
Il conflitto tra Russia e Ucraina e le sue conseguenze economiche – sottolinea il rapporto – hanno portato a un deterioramento del mercato delle materie prime agricole a cui si sommano condizioni meteo non favorevoli, rincari dei costi di fondamentali input produttivi per la filiera agroalimentare, quali energia e fertilizzanti, e strozzature nella logistica. Russia e Ucraina, insieme, forniscono piu` del 30% dell’export mondiale di grano, circa il 20% di quelle di mais e l’80% di olio di girasole. L’esposizione italiana a tali beni e` riferibile al 50% di olio di girasole, al 17% di mais e circa al 4% di grano.
In tale scenario “le imprese del settore – conclude Sace – dovranno, quindi, far fronte a cali di redditivita` e adottare soluzioni per divenire nel tempo meno vulnerabili a shock di mercato, soluzioni che potranno contare anche sul supporto di Sace”.