(Teleborsa) – Il mondo della scuola si sta mobilitando contro la sua approvazione: dopo la denuncia dell’Anief per una riforma che sottrae 2 milioni di euro annui dalla carta per l’aggiornamento dei docenti, arrivando a dimezzarne l’importo, e cancella 10mila cattedre dall’organico di diritto per finanziare la nuova scuola di Alta Formazione, è stato un crescendo di proteste. Tanto che si parla di sicure modifiche del testo. Tra i motivi del dissenso c’è anche la complessità del percorso che porta al ruolo di docente, che diventerebbe di almeno 7 anni. Per non parlare del salario accessorio oggi assegnato in base alla contrattazione, mentre dal 2024 si accrediterebbe ai docenti solo previa formazione e il giudizio finale del comitato di valutazione che andrebbe comunque a premiare con poche migliaia di euro lorde solo una parte del personale.
Nelle ultime ore ha preso piede una “forte mobilitazione sindacale” da parte delle altre organizzazioni rappresentative che lamentano la totale mancata “attenzione e coinvolgimento” nella realizzazione del progetto da parte del Governo. Salgono anche le quotazioni di una protesta unitaria di tutte le organizzazioni sindacali: “Lo sciopero generale della scuola si fa sempre più concreto – scrive la stampa specializzata – e si pensa agli ultimi due giorni di maggio o il 1° giugno ma ancora una decisione non è stata presa”.
“Nel frattempo, però, diventa fondamentale aderire in massa allo sciopero di Anief con altri sindacati, per l’intera giornata del 6 maggio, perché l’avvio dell’esame del decreto approvato dal Governo inizierà a breve”, avverte Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief. “Per questo motivo invitiamo tutti coloro che ritengono ingiusta e illegittima la riforma del reclutamento e formazione ad aderire alla nostra mobilitazione del 6 maggio, quindi prima delle modiche che verranno esaminate in Senato. Se poi dovesse essere necessario potremmo anche valutare l’adesione allo sciopero di fine maggio o inizio giugno. Di sicuro – conclude Pacifico – noi non ci rassegneremo, fino a quando il Parlamento non ci darà ascolto e cancellerà quelle disposizioni che non fanno il bene della scuola italiana e dei suoi lavoratori”.