(Teleborsa) – L’aumento dei prezzi, unito alla rapida espansione dell’epidemia, rischia di bruciare la ripresa in atto. Così l’Ufficio economico Confesercenti commenta i dati diffusi da Istat. L’ulteriore accelerazione dell’inflazione nel mese di dicembre è causata da varie componenti: alla crescita dei prezzi dei beni energetici, che prosegue seppur a ritmo ridotto, si sono uniti fattori stagionali – come i servizi per i trasporti, alimentari freschi – insieme ad elementi dovuti alle difficoltà di approvvigionamento ancora presenti sia sul fronte delle materie prime, anche alimentari, che impattano sul prezzo di alcuni beni o componenti di beni. Strozzature dal lato dell’offerta che hanno generato un ulteriore aumento dei prezzi.
Il 2021 si chiude dunque con un tasso d’inflazione dell’1,9%, 0,8 la componente di fondo. Preoccupa, in modo particolare, l’accelerazione degli ultimi mesi e l’effetto trascinamento sul 2022. Bisogna monitorare con attenzione le dinamiche perché, se si generano aspettative negative, l’inflazione rischia di autoalimentarsi e propagarsi a tutti i comparti, con il forte rischio di pregiudicare la ripartenza in corso.
Il dato preliminare sull’andamento dei prezzi al consumo nel mese di dicembre, “seppure atteso (la nostra stima era di +0,3% su novembre contro una realizzazione di +0,4), consolida le preoccupazioni, espresse da tempo, sull’impatto della ripresa dell’inflazione sulla crescita nel 2022”. È il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio ai dati Istat. L’eredità lasciata dal 2021 (1,8%) e il permanere di tensioni sulle materie prime “lasciano poco spazio per ipotizzare un rientro delle dinamiche dei prezzi nel breve periodo. Già a gennaio, sia per gli aumenti dei costi dei consumi obbligati come luce e gas, sia per il parziale trasferimento sui prezzi finali di pressioni sui costi che si stanno accumulando nelle filiere produttive, l’inflazione dovrebbe superare la soglia del 4%. Questa condizione inflazionistica è destinata a permanere almeno fino all’estate, con inevitabili riflessi negativi sul potere d’acquisto dei redditi delle famiglie e della loro ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida, frenando l ripresa dei consumi. Non rassicura la parziale tenuta dell’inflazione di fondo che, seppure all’1,5%, è in costante aumento negli ultimi mesi a conferma della presenza di alcune tensioni diffuse all’interno del sistema”.