(Teleborsa) – Accelerare l’evoluzione verso un futuro sostenibile: quello che ieri era una opzione, oggi, anche in scia alla pandemia, è a detta di tutti un imperativo. Per NATIVA, invece, è stata l’intuizione vincente che – ormai molti anni fa – ne ha indirizzato la mission. Teleborsa ha chiesto a Paolo Di Cesare – cofondatore di Nativa insieme Eric Ezechieli, cosa significa oggi fare business.
“Fare business oggi significa quello che ha sempre significato, in un solo concetto significa creare valore: quello che invece è cambiato è il concetto di valore che finalmente ha un’accezione nuova. Prima si pensava al valore esclusivamente dal punto di vista economico o si continua largamente a pensare che sia l’unico metro di misura, in realtà quello che noi abbiamo capito anni fa ma che tante aziende oltre noi fortunatamente hanno capito è che il valore non si può misurare soltanto attraverso il parametro economico- finanziario ma deve essere assolutamente valutato se un’azienda sta creando anche valore ambientale e sociale.
Questo che vuol dire, se un’azienda sta producendo soltanto valore economico e non anche sociale -ambientale in realtà complessivamente non sta creando valore, lo sta distruggendo. Questa è la rivoluzione che sta avvenendo a una rapidità diciamo per molti osservatori inattesa. Quando si parla di un’azienda si parla anche delle ore delle persone, le materie prime che utilizza, i capitali che utilizza, una serie di ingredienti che poi processa creando un valore che ancora una volta deve essere misurato secondo uno spettro multicolore quindi economico sociale ambientale.
Soltanto se il valore di output è maggiore del valore di input allora possiamo dire che questo significa fare business, oggi nel ventunesimo secolo, questo dovrebbe significare per tutti, ancora non è così, molti cominciano a ragionare in questi termini e con un’ accelerazione importante presto tutti quanti ragioneremo in quest’ottica. Nativa è nata attorno a questi temi , 15 anni fa ci siamo uniti proprio perché c’era qualcosa che non funzionava secondo noi e il punto chiave è che noi esistiamo per affiancare le persone che guidano delle aziende e che hanno capito che devono fare qualcosa ma non sanno da dove cominciare”.
Cosa vuol dire nel concreto essere B corp?
“B corp è innanzitutto uno strumento di misura: qui ci aiuta il concetto di rigenerazione cioè che il valore di output sia maggiore del valore di input. Un impatto che posso misurare grazie al contributo che scienziati multidisciplinari hanno portato creando uno strumento che si chiama Benefit Impact Assessment, il BIA, che permette a un’azienda di capire quanto valore economico, sociale, ambientale stia effettivamente creando. Una B corp è un’azienda che mostra di superare questa soglia che numericamente è 80 punti su 200 rispetto a questo strumento di misura. 80 punti è dunque una soglia di eccellenza che di fatto corrisponde a un break even point, se l’azienda sarà più di 80 punti vuol dire che sta creando valore sociale ambientale ed economico, se invece è sotto gli 80 punti da qualche parte sta estraendo valore magari ha dei bilanci ancora positivi però sta estraendo , magari valore ambientale o sociale, questo è il punto”.
Nel nostro Paese e a livello globale, di che numeri parliamo? E, soprattutto, quali sono le prospettive di crescita?
“Nativa è stata la prima B corp in Europa, quindi nel 2012 siamo diventati la prima B corp. In questi 10 anni circa mille aziende in Europa sono diventate B corp dopo Nativa. Essere B corp è estremamente complicato, a livello globale, parliamo di mondo intero, più di 150mila aziende si misurano con questo strumento di cui parlavo, il BIA e di queste quattromilacento superano la soglia di eccellenza di 80 punti quindi ci sono quattromilacento B corp a livello mondiale. In Italia ci sono più di 7mila aziende che si misurano con questo strumento e di queste 150 circa hanno raggiunto la certificazione B corp, noi – con la Francia – siamo il Paese dove questo si sta sviluppando più rapidamente. Il punto chiave però che noi sottolineiamo sempre, al di là di B corp che è importante come risultato, il fatto che ci siano oggi delle aziende che si misurano secondo una prospettiva triplice quindi economica, sociale ed ambientale è il vero risultato, perché non potrò mai migliorare ciò che non sono in grado di misurare. Questo, di riflesso, significa che le aziende che si stanno misurando sanno dove possono fare meglio e quindi come evolvere nel tempo”.
La vostra mission è “guidare” le aziende nel difficile percorso di cambiamento dei propri paradigmi puntando a un modello economico più sostenibile. Può farci qualche esempio di quello che avete fatto in questi anni e dei prossimi progetti in cantiere?
“Il primo risultato di cui andiamo fieri è che adesso ci sono migliaia di aziende in Italia che si misurano quindi che hanno una coscienza del valore che in realtà raggiungono. Questo è un primo risultato straordinario credo, perché è il punto di partenza di qualunque miglioramento. Faccio un esempio concreto: – una grande azienda ha centinaia – se non migliaia – di fornitori quindi la possibilità per quell’azienda di essere un’azienda migliore passa anche attraverso il fatto che i propri fornitori siano migliori. Proprio in quest’ottica, abbiamo portato a termine dei progetti molto interessanti in cui alcuni nostri grandi clienti hanno guidato o stanno guidando le proprie centinaia o migliaia di fornitori essi stessi a diventare delle aziende migliori. Ecco che torna questo concetto di trasferimento della necessità di cambiare e di evolvere. Ancora: pensiamo a un qualunque prodotto, dalla tazzina di caffè a una scarpa, l’80% dell’impatto della produzione, della distribuzione, dell’uso di quel prodotto dipende da una scelta che fanno i progettisti, questo vuol dire che l’80% dipende dal pensiero di un essere umano che deve disegnare quella tazzina di caffè e che in quel momento determina la maggior parte delle decisioni che determinano l’impatto. Noi, ad esempio, aiutiamo i designer di grandi brand italiani a ripensare il modo di concepire i prodotti in modo tale che fin dall’inizio nascano in una direzione di sostenibilità e che siano quindi prodotti migliori di prima. Altro esempio concreto è quello legato alle persone perché noi parliamo di aziende ma le aziende sono fatte di persone e la cosa straordinaria che avviene è che questi temi sono molto importanti per le persone che lavorano nelle aziende. Questo vuol dire che una persona che lavora in un’azienda sente un maggiore attaccamento all’azienda stessa se questa sposa dei valori che sono valori importanti per quella persona anche al di fuori dell’ufficio, quindi, il senso dell’avere un impatto positivo sulla società, sull’ambiente è una cosa che unisce tutti gli esseri umani che sono mossi da una nuova energia”.
Parliamo del settore finanziario che mai come ora è chiamato a fare da ago della bilancia. Da sempre decisivo, lo sarà ancora di più: in che modo Nativa supporta gli istituti di credito?
“Gli istituti di credito, più in generale, le istituzioni finanziarie sono delle aziende come le altre quindi le aiutiamo portando i concetti che le ho appena esposto, quello della misura, del miglioramento, magari del perseguimento della certificazione B corp, della conversione in società benefit che è un aspetto che ci tengo molto a sottolineare oltre B Corp. Ad esempio, c’è stata una prima banca in Europa a diventare società benefit. Oggi sono centinaia le aziende italiane che mensilmente decidono di trasformarsi da semplici aziende a singola finalità o – come diciamo noi – non benefit ad aziende a duplice finalità o come diciamo noi società benefit. Nei primi quattro anni di esistenza della Legge ci sono state circa 400 società benefit, in un anno solo, sono diventate 1500, con un amento di più di mille in un anno con una crescita molto sostenuta. Abbiamo aiutato Civibank che è una banca, una delle grandi del nordest a diventare la prima banca società benefit in Italia anzi in Europa e questo è stato importante perché la Banca d’Italia ha mostrato con l’ok al dossier di accettare questo modello di società benefit. Esistono tante banche che stanno facendo un percorso analogo quindi presto avremo un nuovo modello di banca quello cioè che oltre a perseguire il profitto persegue delle finalità specifiche che è chiamata a rendicontare annualmente. Così come un’azienda di scarpe fa delle scarpe migliori, allo stesso modo una banca offrirà dei servizi finanziari migliori, ossia servizi che premiano in termini di costo, più spesso attraverso tassi di interesse agevolati. Esempio: dimostrando di avere un profilo di sostenibilità migliore o impegnandosi a raggiungerlo, le aziende saranno premiate. E questo è straordinario perché la finanza che comprende quanto sia importante che un’azienda oltre a perseguire un profitto abbia anche un profilo di sostenibilità più robusto agevola questa trasformazione”.
La pandemia è stato un acceleratore di un cambiamento – già in corso ma che sarebbe stato più lento e faticoso. Come dovranno essere le aziende del futuro?
“Confermo che c’è un pre e un post Covid e – aspetto da non sottovalutare – c’è anche un durante il Covid. Mi verrebbe da dire che c’è un’unica risposta: le aziende del futuro devono essere aziende rigenerative, ci saranno aziende che dimostreranno in ogni momento dell’anno, quindi, nell’esercizio attività economica, e non solo a Natale, di essere capaci di generare un valore economico, sociale e ambientale maggiore di quello che usano per funzionare. Questa sarà una condizione non soltanto di moda o di trend, sarà – a nostro avviso – obbligatoria, non sarà pensabile nulla di diverso”.