(Teleborsa) – Gli Stati Uniti non stanno cercando di innescare un conflitto con la Cina. La rassicurazione è arrivata dalla vicesegretaria di Stato, Wendy Sherman, in visita a Tianjin dove ha incontrato il ministro degli Esteri Wang Yi. Sherman ha dichiarato di aver “avuto una discussione franca e aperta su una serie di questioni, dimostrando l’importanza di mantenere aperta” la comunicazione. Nonostante ciò restano vive le preoccupazioni di Washington in merito a diversi temi: dai diritti umani ai nodi relativi a Hong Kong, Xinjiang, Tibet, sulle limitazione d’accesso ai media e libertà di stampa, oltre a cyberspazio, relazioni con Taiwan e dossier nel mar Cinese orientale e meridionale, e della necessità di cooperare con l’OMS sull’origine del Covid.
Da parte sua, Pechino ha esortato gli Usa “a correggere le malintese e pericolose politiche” nei suoi confronti. Il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha dichiarato che “gli Usa dovrebbero stabilire una mentalità di cooperazione, senza cercarla a danno degli interessi cinesi”. Gli Usa “la devono smettere di provocare, calpestare le linee rosse e formare alleanze giocando la carta dei valori”, ha aggiunto.
In particolare dalla Cina sembra essere arrivate due precise richieste all’amministrazione Biden. Secondo il Quotidiano del Popolo e altri media ufficiali del regime, il governo cinese avrebbe chiesto lo stop alle restrizioni ai visti per membri e studenti del PCC, la revoca delle sanzioni e della richiesta di estradizione del direttore finanziario di Huawei, Meng Wanzhou, e avrebbe manifestato la propria preoccupazione per le tendenze Asia-fobiche negli Stati Uniti. La Cina ha quindi esortato gli Usa ad accantonare le pratiche di “demonizzazione” e ad accettare un confronto sulla base del rispetto reciproco. Le relazioni bilaterali, in particolare, sarebbero in “stallo e affrontano serie difficoltà” secondo le autorità cinesi perché gli Stati Uniti trattano la Cina come “nemico immaginario”.
La vicesegretaria di Stato americana incontrerà anche il ministro degli Esteri Wang Yi. La scorsa settimana gli Stati Uniti hanno dichiarato di sperare di utilizzare i colloqui come un’opportunità per mostrare a Pechino “che aspetto ha una concorrenza sana e responsabile“, volendo evitare il “conflitto”. Il viaggio di Sherman, maturato dopo un aspro negoziato, è privo dei caratteri della visita ufficiale, dato che non si recherà a Pechino, ma trascorrerà i due giorni a Tianjin, città portuale del nordest distante circa 300 km dalla capitale. John Kerry, l’ex segretario di Stato diventato inviato statunitense per il clima, è l’unico altro alto funzionario dell’amministrazione Biden ad aver visitato la Cina, ma a Shanghai. La scorsa settimana, gli Stati Uniti hanno radunato gli alleati, inclusa la Nato, per una condanna congiunta dei presunti attacchi informatici su larga scala provenienti dalla Cina. Venerdì, invece, la Cina ha imposto sanzioni a cittadini ed entità Usa, tra cui l’ex segretario al Commercio, Wilbur Ross, in risposta alle misure americane contro funzionari cinesi per la stretta di Pechino su Hong Kong.
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