(Teleborsa) – I volumi lordi di Non-Performing Exposure (NPE, ovvero crediti deteriorati) sui libri delle banche italiane si sono ridotti di oltre il 70% rispetto al picco di 5 anni fa e sono passati da 341 miliardi di euro nel 2015 a 99 miliardi di euro a fine 2020. Nonostante ciò, lo stock cumulato di NPE nel mercato italiano (includendo anche la porzione in capo a investitori) vale oltre 350 miliardi di euro e rappresenta uno dei principali mercati a livello europeo. È quanto emerge dal rapporto della società di consulenza PwC sul mercato italiano dei crediti deteriorati.
Nonostante rimanga grande incertezza su quello che succederà ai livelli di crediti deteriorati con la fine delle moratorie e con la progressiva cancellazione delle misure eccezionali di supporto alla liquidità messe in campo per la pandemia, PwC stima tra 80 e 100 miliardi di euro di nuovi inflow di NPE nei prossimi 24-30 mesi. Sebbene nei primi mesi del 2021 si sia registrato un rallentamento delle operazioni di deleveraging delle banche italiane, causato dal contesto di generale incertezza del mercato, nel biennio 2022-2023 sono attese transazioni in linea con gli ultimi anni.
La società di consulenza sottolinea che i dati più recenti su Stage 2 (ovvero i prestiti in bonis, ma con un maggiore rischio di deterioramento) e moratorie iniziano a mostrare i primi segnali di attenzione: i crediti Stage 2 delle principali banche italiane sono cresciuti nel 2020 di circa 64 miliardi di euro, arrivando a rappresentare mediamente il 14% del totale portafoglio crediti. A fine marzo 2021 risultavano classificati a Stage 2 rispettivamente oltre il 30% dei crediti in moratoria e oltre il 10% dei prestiti con garanzia pubblica.
“La nuova sfida nella gestione del credito per le banche non dipenderà solo dai flussi di NPE che si verificheranno nei prossimi 24-30 mesi. Moratorie, crediti in Stage 2 e crediti con la garanzia pubblica richiederanno un approccio di credit management “su misura”, vi sarà la necessità di trovare soluzioni completamente nuove – ha commentato Gabriele Guggiola, Regulatory Deals Leader di PwC Italia – L’industria del debt servicing avrà una doppia sfida: da un lato, dovrà continuare a focalizzarsi sulla gestione di uno stock cumulato di NPE tra i maggiori in Europa di oltre 350 miliardi di euro; dall’altro dovrà trovare soluzioni innovative e vincenti per aiutare il settore bancario a gestire i nuovi flussi sia performing che non-performing che richiederanno un approccio più sofisticato rispetto al passato”.