(Teleborsa) – Una preoccupazione costante emersa dalle trimestrali delle più importanti società mondiali in molteplici campi – durante le scorse settimane – è la prospettiva di colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento e aumenti nei prezzi delle materie prime. Nelle call con gli analisti dei vertici della società sono stati segnalati possibili rallentamenti per i trimestri a venire e importanti sfide per soddisfare la grande domanda repressa che sta emergendo man mano che sempre più Paesi emergono dalla crisi pandemica.
Tutto questo fa crescere i timori su una crescita troppo repentina dell’inflazione, in quanto un numero crescente di aziende hanno avvertito che la carenza di forniture e gli ostacoli logistici potrebbero costringerle ad aumentare i prezzi. Tra le materie prime che stanno creando più problemi ci sono i semiconduttori (con quasi tutte le case automobilistiche che soffrono ritardi della produzione per i tempi di consegna significativamente più lunghi della media), acciaio, legname e cotone.
I future sul legname di luglio sul Chicago Mercantile Exchange sono arrivati a toccare i 1.541 per mille piedi tavolari, il livello più alto mai registrato. I prezzi sono quadruplicati nell’ultimo anno a causa di un’impennata inaspettata nella costruzione di case e nelle ristrutturazioni: ciò ha spinto le aziende che si occupano di questi lavori a incrementare la loro domanda, con le segherie che registrano forti pressioni sulle scorte.
Un altro esempio è il mais, i cui future sono saliti questa settimana sopra i 7 dollari lo staio per la prima volta in più di otto anni sul Chicago Board of Trade, accompagnati da aumenti anche per la soia e il grano. Tra le cause ci sono una domanda record dalla Cina e il clima secco in Brasile, che sta alimentando le preoccupazioni per raccolti inferiori alla media in Sud America. Allargando lo sguardo, l’indice Bloomberg Commodity Spot, che replica l’andamento dei prezzi di 23 materie prime, è salito al livello più alto in quasi un decennio negli ultimi giorni.
I problemi sulle forniture e sui prezzi non sono però solo nella manifattura. Commentando i dati sull’indice PMI dei servizi di aprile negli USA, Chris Williamson, Chief Business Economist di IHS Markit, ha detto che oltre alle varianti del coronavirus, la principale minaccia per la ripresa economica rimane un’inflazione troppo sostenuta. “Una preoccupazione sono i prezzi, con un aumento record delle tariffe del settore dei servizi che evidenzia come le pressioni inflazionistiche non siano affatto limitate al settore manifatturiero – ha spiegato – Gli indicatori delle pressioni sui prezzi e dei vincoli di capacità dovranno essere monitorati attentamente per valutare se tali aumenti di prezzo sono transitori”. Secondo un’analisi del Blackrock Investment Institute, i prezzi al consumo negli Stati Uniti aumenteranno in media appena sotto il 3% dal 2025 al 2030, sebbene questo ritmo sia “ancora sottovalutato dai mercati”.