(Teleborsa) – Il piano Next Generation EU potrebbe far guadagnare 1,5 punti percentuali aggiuntivi di PIL all’Unione europea in uno scenario a basso impatto – nei prossimi cinque anni – e 4,1 punti percentuali in più in uno scenario ad alto impatto, a seconda della tempistica degli esborsi, dell’assorbimento dei fondi e dell’entità dei moltiplicatori della spesa pubblica. È quanto sostiene S&P Global Ratings in un nuovo report che analizza l’impatto dei fondi europei sui vari Stati nazionali. L’Italia potrebbe ottenere 6,5 punti percentuali aggiuntivi nello scenario migliore e 1,8 in quello peggiore (sono stimati impatti maggiori al nostro per Spagna, Grecia e Portogallo, minori per Germania e Francia).
Per S&P il Next Generation Ue sarà “favorevole al merito di credito” dei Paesi europei anche se “la capacità nazionale dei governi di implementare riforme strutturali dipende dalla chiusura degli squilibri economici che sono peggiorati a causa della pandemia”. Nelle sue simulazioni l’agenzia di rating non ha incorporato l’impatto delle riforme richieste ai vari Paesi per attingere ai fondi europei non avendo “visibilità su di esse”.
In uno scenario di basso impatto l’agenzia di rating ipotizza un assorbimento del 51,4% dei fondi, in linea con quello registrato nel corso del MFF 2014-2020 (multinational financial framework), con un effetto moltiplicatore di 1 dopo quattro anni, mentre nello scenario più ottimistico il tasso di assorbimento viene ipotizzato al 91,3%, con un effetto moltiplicatore dell’1,6. In entrambi i casi si prevede che solo la metà dei fondi previsti per quest’anno saranno effettivamente erogati nel 2021, con il pagamento dell’altra metà che slitterà al 2022. L’impatto più forte sulla crescita annuale si avrebbe comunque nel 2022, quando la maggior parte dei fondi dovrebbe essere spesa, a cui seguirebbe una spinta decrescente ma positiva fino al 2026.
Nel complesso, il Recovery plan dovrebbe aiutare a sostenere i rating dei Paesi in un momento di aumento del debito, sottolinea S&P Global Ratings. “Questo perché nell’ambito del piano Next Generation gli Stati sovrani dell’UE dispongono di leve finanziarie significative che possono essere impiegate con una flessibilità sostanziale rispetto ai tradizionali fondi strutturali dell’UE – si legge nel rapporto – Tuttavia, l’enorme volume di sostegno finanziario disponibile rappresenta una sfida per l’assorbimento. Questo ci suggerisce che la riuscita distribuzione dei fondi richiederà una riorganizzazione della pubblica amministrazione per aumentare la velocità, l’efficienza e la qualità della spesa”.
Un elemento negativo per l’Italia potrebbe essere la capacità di assorbimento dei fondi. Nonostante l’agenzia di rating sottolinei che “i tassi di assorbimento del passato dei fondi dell’UE potrebbero rivelarsi un po’ fuorvianti questa volta, data la diversa natura del Recovery plan (nessun cofinanziamento, ad esempio)”, se si analizzano i dati degli ultimi sette anni (2014-2020) emerge che l’Italia è il penultimo Stato europeo in classifica, davanti soltanto all’Austria.