(Teleborsa) – Non c’è pace per Taranto. ArcelorMittal ha 60 giorni per spegnere l’area a caldo dell’acciaieria ex Ilva di Taranto.
E’ quanto ha stabilito la prima sezione del tribunale amministrativo di Lecce respingendo due ricorsi della multinazionale franco indiana, che gestisce lo stabilimento dal 2018, e di Ilva in Amministrazione straordinaria contro l’ordinanza firmata dal sindaco Rinaldo Melucci il 27 febbraio 2020, avente ad oggetto il “Rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche”. Intanto, l’azienda ha già fatto sapere che promuoverà subito appello al Consiglio di Stato contro la chiusura dell’area a caldo.
Forte preoccupazione per la sentenza del Tar di Lecce espressa da Federacciai, la federazione che rappresenta le imprese siderurgiche italiane che, attraverso la voce del suo Presidente, Alessandro Banzato, è intervenuta sulla recente decisione: “Siamo fortemente preoccupati per la sentenza del Tar di Lecce che intima la fermata dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto. Senza entrare nel merito della sentenza – che evidentemente verrà discussa nei successivi gradi di giudizio – il timore è che questo atto possa fermare o comunque rallentare il processo di risanamento e rilancio della fabbrica. Mentre proseguono i lavori per il miglioramento ambientale del sito sono infatti in corso le complesse attività per una ripresa produttiva che è fondamentale non solo per la filiera siderurgica nazionale ma anche in previsione dell’imminente ingresso di Invitalia nel capitale della Società sulla base di un piano industriale che avvierà un graduale processo di decarbonizzazione dello stabilimento. Il nostro auspicio è pertanto quello che venga adottata una sospensiva di questa sentenza e che il Governo appena incaricato si adoperi per evitare lo spegnimento del più grande stabilimento siderurgico italiano”.
Lancia l’allarme anche il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, di Faggiano (TA), per oltre tre decenni delegato sindacale all’Ilva di Taranto, sottolineando che la sentenza del Tar di Lecce “rischia di essere la prima bomba sociale che il nuovo governo guidato da Mario Draghi è chiamato a disinnescare. La decisione dei giudici amministrativi, che hanno dato ragione al sindaco Rinaldo Melucci per la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, potrebbe “far saltare immediatamente circa 5mila lavoratori” e, in breve tempo, portare alla “chiusura definitiva” dello stabilimento con l’ulteriore danno di trasformare Taranto in “una seconda Bagnoli”. Insomma, un “disastro” ambientale e sanitario.