(Teleborsa) – Trattative a rilento sulla digital tax, l’imposta che si propone di tassare i giganti del web in modo uniforme a livello globale. Lo conferma l’OCSE, in un rapporto di aggiornamento sullo stato dei negoziati, che coinvolgono 137 Paesi ed avrebbero dovuto chiudersi a fine 2020, mentre slitteranno al 2021.
A frenare i negoziati, spiega un nutrito rapporto di 750 pagine preparato per il prossimo vertice dei Ministeriale del G20, in calendario il 14 ottobre, hanno contribuito “divergenze politiche” ed anche la crisi del Covid.
Sono stati fatti – si assicura – “consistenti progressi” ed esistono anche “vedute convergenti” su alcuni punti chiave di questo percorso, ma manca l’accordo finale. “Sono stati identificati – si spiega – aspetti tecnici e politici su cui permangono divergenze da chiudere ed i prossimi passi sul processo negoziale multilaterale”.
Per parte sua, il Presidente Angel Gurria ha ricordato che, in assenza di un accordo, si rischiano tassazioni nazionali differenziate e misure di rappresaglia di altri Paesi, che scatenerebbe una “guerra commerciale“.
Le trattative sulla digital tax vertono sul progetto Beps (Base erosion and profit shifting), che punta a garantire una tassazione nel luogo in cui si esplica l’attività economica, per evitare il fenomeno del trasferimento degli utili societari verso Paesi con una fiscalità più vantaggiosa o inesistente.