(Teleborsa) – Il consiglio di amministrazione di , al termine dell’attesa riunione odierna, ha fatto sapere che l’offerta di (MPS) “non è stata concordata ed è da ritenersi ostile e contraria agli interessi di Mediobanca”. Fermo restando che Mediobanca si esprimerà sull’offerta con le tempistiche, gli strumenti e secondo le modalità previste dalla legge, sulla base dell’analisi del comunicato ritiene l’offerta “priva di razionale industriale e finanziario, e dunque distruttiva di valore per Mediobanca“.
Scendendo nei dettagli, Mediobanca ritiene che l’OPS di MPS non abbia valenza industriale pregiudicando l’identità e il profilo di business del Gruppo Mediobanca focalizzato su segmenti di attività a elevato valore aggiunto e con evidenti traiettorie di crescita; distrugga valore per gli azionisti di Mediobanca e di MPS essendo facile prevedere una copiosa perdita di clienti in quelle attività (quali il Wealth Management e l’Investment Banking) che presuppongono l’indipendenza, la reputazione e la professionalità dei professionisti; sia negativamente caratterizzata dalla difficoltà a determinare il valore intrinseco dell’azione della Banca MPS che presenta un patrimonio netto che fronteggia rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3 miliardi), indicatori di rischio peggiori rispetto alle altre banche italiane, rilevanti perdite pregresse, una marcata concentrazione geografica (70% filiali al centro-sud Italia) e di clientela (piccole media impresa), mancanza di fabbriche prodotto.
L’operazione manca di razionale industriale in quanto comporta: un forte indebolimento del modello di business di Mediobanca focalizzato sui segmenti di attività specializzate e redditizie quali il Wealth Management e l’Investment Banking; analogamente, perdite di ricavi e clienti interesserebbero il Wealth Management e l’Investment Banking, posti a base del piano di sviluppo del gruppo, anche per l’incertezza che graverebbe sulla capacità della eventuale entità combinata di trattenere i principali clienti; la perdita di clientela sarà ragionevolmente accompagnata dalla perdita delle migliori risorse umane del Gruppo; sssenza di apprezzabili sinergie di costo non avendo i due Gruppi sovrapposizioni di reti distributive.
L’operazione manca di un razionale finanziario in quanto comporta: un forte pregiudizio al profilo reddituale di Mediobanca, i cui utili su base stand alone sono previsti in crescita come previsto dal Piano in esecuzione, mentre il consensus vede per MPS un calo degli utili per la riduzione del margine di interesse ed il progressivo venir meno dei benefici fiscali; una diluizione dei multipli valutativi di Mediobanca per il venir meno della prevista crescita di ricavi e utili, dell’elevata redditività (doppia di quella futuribile per il MPS al netto di un tax-rate normalizzato), della pressoché nulla esposizione al segmento delle piccole imprese, della crescita, anche di peso, del WM; il calo del titolo MPS dopo l’annuncio ne testimonia la fragilità del corso di borsa, che rende improbabile il buon esito dell’operazione.
Mediobanca segnala anche che l’operazione è caratterizzata dai “rilevanti intrecci azionari di Delfin e Caltagirone“, che sono presenti: in Mediobanca, dove Delfin detiene il 20% e Caltagirone il 7% (sulla base dello stacco del dividendo di novembre 2024), in MPS, dove Delfin è il primo azionista privato con il 10%, mentre Caltagirone detiene il 5% (oltre a detenere il 5% di che a sua volta possiede il 4% di MPS), in , dove Delfin detiene il 10% e Caltagirone il 7%. La presenza degli stessi azionisti in MPS, Mediobanca e Generali nell’ambito di un’offerta esclusivamente in azioni, configura “una potenziale disomogeneità negli interessi rispetto al resto della compagine azionaria”.
Il comunicato del CdA è stato approvato con l’astensione dei consiglieri Sandro Panizza e Sabrina Pucci (espressione di Delfine e delle minoranze)