(Teleborsa) – Si allarga la protesta degli agricoltori contro le politiche agricole dell’Europa e le scelte dei governi, ma anche contro la carne coltivata, le farine d’insetti, le tasse, il gasolio, la svendita dei terreni. Dall’Emilia-Romagna, alla Sicilia, passando per l’Umbria e l’Abruzzo, gli agricoltori italiani continuano a scendere in strada con i loro trattori creando non pochi problemi in diverse regioni, mentre le proteste vanno avanti anche il Germania e Francia.
“Agricoltori dal 22 gennaio in strada a oltranza”, si legge sulla pagina Facebook del comitato con mobilitazioni a Frosinone, Latina, Torino, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Firenze, Milano, Roma, Caserta e Napoli, ma anche in varie città dell’Umbria, della Sicilia e della Puglia. Dalla trentina di trattori nel Lazio, a Viterbo, agli oltre 200 mezzi che a Bologna hanno reso difficile la mobilità. A Pescara 300 in piazza contro i diktat delle multinazionali a Grosseto nel mirino l’Ue e i campi incolti.
Oltre 50 trattori e mezzi agricoli hanno sfilato questa mattina da Capannori a Lucca per protestare contro il green deal e chiedere tutele per l’avvento del cibo sintetico. Dopo il raduno davanti al palazzo municipale di Capannori (Lucca) la manifestazione ha attraversato la Piana lucchese fino al casello autostradale del Frizzone, e poi lungo la via pesciatina, fino a Lucca. Il lento corteo ha provocato naturalmente qualche disagio alla circolazione ma gli agricoltori lucchesi hanno trovato la solidarietà della cittadinanza. Sui trattori nessun vessillo di sindacati, associazioni o partiti ma solo bandiere italiane e alcuni cartelli: “Europa assassina”, “l’agricoltura sta morendo” e “Salviamo il nostro cibo” alcuni esempi.
Nel documento all’Ue, redatto dalle delegazioni italiana, francese e austriaca e sostenuta da quelle di Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia, i Paesi chiedono che, “prima di qualsiasi autorizzazione” al commercio, la Commissione europea lanci “una vera e propria consultazione pubblica sulla carne coltivata in laboratorio” e conduca una “valutazione d’impatto completa e basata sui fatti”. Inoltre i prodotti a base di cellule “non potranno mai essere definiti carne”. Tanto più che Coldiretti lancia una nuova sfida chiedendo che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione “non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico” ribadendo l’impegno “a costruire con le altre grandi Organizzazioni agricole in Europa una mobilitazione a Bruxelles” per cambiare le politiche dell’Unione Europea, dallo stop alle importazioni di cibi extracomunitari senza controllo sul piano sanitario e ambientale ad una Pac che tuteli il reddito e accompagni la crescita delle imprese agricole fino al no ai cibi a base cellulare.