(Teleborsa) – Il mercato italiano del private capital, negli ultimi anni, è “profondamente cambiato” e sono cresciuti gli operatori internazionali che hanno sede in Italia e che investono anche insieme ai fondi domestici, a testimonianza di “un sempre maggior interesse per il nostro mercato”. Lo afferma AIFI (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt), dopo una riunione del consiglio direttivo che ha fatto il punto sui dati relativi alla compagine associativa e alla attività di investimento dei soci.
“Il mondo del private capital sta mutando sia per la nazionalità di provenienza, sia per le forme e i modi in cui investe”, viene osservato.
Dalla mappatura realizzata da AIFI, a inizio 2024 sono 175 i soci, operatori di private capital (+36% rispetto al 2010, +70% rispetto al 2016) di cui 56 internazionali (32%; nel 2010 erano 23, pari al 19%) e 119 domestici. L’analisi per dimensioni mette in evidenza come la maggior parte degli operatori domestici presenti dimensioni ridotte, con meno di 100 milioni di euro in gestione e si focalizzi sul segmento del mid market.
La dimensione della maggior parte degli operatori domestici e la loro concentrazione sul territorio sono fattori che consentono di essere più vicini alle PMI italiane, coerentemente con la struttura del sistema paese costituito da un tessuto produttivo di ridotte dimensioni. “Proprio per questo è necessario che la regolazione abbia criteri di proporzionalità per consentire anche a operatori di dimensioni minori di essere in linea con la propria missione”, afferma AIFI.
Guardando agli operatori internazionali, la Francia è il Paese con il maggior numero di investitori presenti sul nostro territorio; sono infatti 14 per un peso pari al 25%: una netta inversione di tendenza rispetto al 2010 quando la matrice degli operatori era in prevalenza anglosassone.
Sul fronte dell’attività, tra i soci AIFI, circa la metà è specializzato in una singola attività, che può essere di private equity, private debt, venture capital, turnaround o infrastrutture; oltre il 40% dei soci svolge differenti attività di private capital, unendo private equity, venture capital o private debt; altri si configurano come vera e propria piattaforma multi-asset, per rispondere ad esigenze differenti e sempre più articolate delle imprese.
Negli ultimi tre anni, dal 2020 al 2022, i soci AIFI hanno investito complessivamente oltre 35 miliardi nel mercato italiano del private capital, di cui 20 sono relativi all’attività di soggetti internazionali.
“Considerato il peso crescente degli operatori internazionali, assume sempre maggior rilevanza disporre di normative capaci di consentire piena operatività agli operatori internazionali che svolgono un ruolo di rilievo nel nostro paese – dichiara Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI – In questo senso, il riconoscimento ottenuto in termini di chiarezza sul concetto di stabile organizzazione, richiesto anche da AIFI, contribuirà a dare maggiore certezza sull’attività di investimento. Stiamo attendendo la pubblicazione del decreto attuativo sul tema, uscito già in consultazione”.