(Teleborsa) – Una ricerca dell’Area Studi sugli impatti economici delle migrazioni ha rilevato che le politiche di integrazione generano crescita economica, ma richiedono investimenti di lungo periodo che possono recare un beneficio economico contrastando il calo demografico e di produttivita’, uno dei principali nodi con cui il nostro Paese si confronta da ormai molti anni. Lo studio è stato presentata in occasione della prima Mediobanca CSR Conference ‘Migrazioni e inclusione, l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati’.
Non mancano nel panorama internazionale modelli virtuosi, sottolinea lo studio. I Paesi europei che hanno ottenuto maggiori vantaggi economici dall’integrazione dei rifugiati sono quelli del Nord Europa, dalla Germania alla Danimarca fino alla penisola scandinava. Il “modello svedese”, in particolare, mette in campo avanzate politiche di integrazione che si completano con strutturate iniziative di partecipazione al mondo del lavoro di giovani e donne. Fuori dall’Europa, un altro Paese dotato di piani di accoglienza efficaci è il Canada.
Secondo la ricerca, se la Ue adottasse una combinazione delle politiche di integrazione di Svezia e Canada riuscirebbe a conseguire al 2060 un miglioramento dei propri indici di dipendenza, che esprimono la gravità dello squilibrio demografico, prossimo al 20%. In particolare, l’adozione per l’Italia di un mix di politiche virtuose, ispirate ai modelli svedese e canadese, consentirebbe di abbattere al 2060 l’indice di dipendenza italiano in misura superiore al 40%, vincendo tutti i venti contrari della demografia.