(Teleborsa) – È molto basso, ad oggi, l’impatto delle politiche di razionalizzazione sulle spese fiscali. Salgono a 105 miliardi le spese fiscali complessive, raddoppiate dal 2018. Con la riforma del 2023 taglio medio di circa 152 euro per 1,4 milioni di contribuenti e anziché diminuire, il numero delle agevolazioni aumenta di un terzo e arriva a 625. È quanto emerge dal focus dell’Ufficio parlamentare di bilancio sui recenti interventi normativi in materia di detrazioni ed agevolazioni fiscali. Nel report l’Upb fa il punto su detrazioni per oneri ed erogazioni liberali e sugli effetti delle modifiche apportate con la legge di bilancio per il 2020 e con il primo modulo della riforma dell’Irpef a fine 2023 e accenna a possibili approcci alternativi.
L’UPB ricorda che sin dal 2009 in Italia sono state avviate iniziative al fine di contenere le spese fiscali, quell’insieme di sconti, esenzioni e regimi speciali di tassazione che contribuiscono a rendere il sistema tributario meno equo e trasparente, più distorsivo e che comportano una rilevante perdita di gettito. Da allora, sono stati disposti monitoraggi annuali come base conoscitiva e, dal 2016, una specifica Commissione produce ogni anno un rapporto tecnico che costituisce la base di un documento programmatico allegato alla NADEF, in cui il Governo dovrebbe indicare gli interventi di riduzione o riforma da disporre nella successiva legge di bilancio. Nonostante queste azioni, negli ultimi anni il numero delle agevolazioni fiscali è aumentato ulteriormente: tra il 2018 e il 2024 è cresciuto di un terzo, passando da 466 a 625, e la perdita di gettito complessiva è quasi raddoppiata, da 54 a 105 miliardi. Sono aumentati in particolare i regimi speciali e le esenzioni, ed eccezionale è stato l’incremento dei crediti di imposta (in particolare quelli legati ai lavori edilizi); a ciò si aggiunge il maggiore ricorso a forme specifiche di esenzione quale il welfare aziendale. Tale fenomeno è inoltre accompagnato dal rafforzamento delle agevolazioni già esistenti, influenzate dall’evoluzione demografica, dalle dinamiche economiche e dei mercati, dall’aumento del ricorso alle strutture private in ambito sanitario ma anche dalla stessa diffusione della dichiarazione precompilata, che ha indotto un incremento della fruizione delle detrazioni sanitarie.
In questo contesto di generale incremento delle spese fiscali, i tentativi per ridurle si sono concentrati sul contenimento delle detrazioni per oneri ed erogazioni liberali ai fini Irpef, che valgono complessivamente solo il 6 per cento di tutte le agevolazioni, attraverso due distinti interventi:la legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ne ha disposto l’indetraibilità parziale per contribuenti oltre 120mila euro di reddito e totale oltre 240mila; il primo modulo della riforma dell’Irpef (D.Lgs. 216/2023) ha ridotto di 260 euro le detrazioni per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 50mila euro.
Dall’analisi UPB emerge che, escludendo da entrambi i provvedimenti le detrazioni per spese sanitarie, che costituiscono il 65 per cento del totale delle agevolazioni, e limitando gli interventi ai soli contribuenti con redditi elevati, il recupero di gettito è contenuto, con un risparmio complessivo di 250 milioni (31 il primo provvedimento, 220 il secondo). I due provvedimenti hanno inoltre utilizzato criteri diversi per la riduzione dei benefici, che si sono sovrapposti in una combinazione di scelte non coerenti tra loro sia sull’insieme delle detrazioni da tagliare sia sui meccanismi applicativi, comportando anche una maggiore complessità di gestione per il contribuente.
Come evidenziato dalle analisi svolte con il modello di microsimulazione UPB, il primo modulo della riforma dell’Irpef ha interessato circa 1,4 milioni di contribuenti, poco più della metà della platea dei contribuenti con più di 50mila euro. Il taglio medio applicato ai contribuenti coinvolti (pari a 152 euro) è minore della franchigia, e ciò deriva dal fatto che solo una parte dei contribuenti presenta detrazioni fiscali oggetto del taglio superiori a 260 euro (circa il 36 per cento).
Nel Focus, inoltre, sono riportate le stime degli effetti delle modifiche tra l’intervento definitivo e quello contenuto nell’originario schema di decreto legislativo, che hanno riguardato la salvaguardia di alcune erogazioni liberali, di cui hanno beneficiato circa 157mila contribuenti che effettuano erogazioni liberali con redditi superiori a 50mila euro (sui circa 900mila totali). Non sarebbero comunque stati interessati dal taglio i circa 500mila contribuenti che effettuano erogazioni liberali optando per il regime di deduzione. Rispetto agli obiettivi di razionalizzazione originari, il fatto di essersi concentrati esclusivamente sulle detrazioni relative agli oneri e alle erogazioni liberali attraverso limiti e franchigie sembra non aver generato un progresso tangibile nella riduzione delle spese fiscali. La stessa delega fiscale, pur auspicando un riordino delle agevolazioni, continua a salvaguardare le componenti più cospicue.
Continuano dunque a permanere nel sistema frammentazione e scarsa trasparenza, la tendenza a beneficiare principalmente i contribuenti ad alto reddito e le difficoltà dei soggetti a basso reddito nell’ottenere vantaggi a causa dell’incapienza fiscale, un fenomeno in espansione anche a seguito del progressivo aumento delle soglie di esenzione dall’Irpef e del maggiore ricorso anche ad altre forme di detrazione, ad esempio quelle edilizie.
Tra le alternative percorribili per il riordino delle spese fiscali, – evidenzia l’Upb – potrebbe esserci la revisione delle agevolazioni coordinata con le politiche di spesa e di entrata, incluse le compartecipazioni alla spesa. Nel cospicuo capitolo della sanità, ad esempio, le agevolazioni potrebbero essere ripensate nell’ambito di una più ampia riflessione sul livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, sul ruolo delle assicurazioni sanitarie (già oggetto di agevolazioni fiscali nell’ambito del welfare aziendale) e sui meccanismi di compartecipazione alla spesa come i ticket, che da soli corrispondono ad agevolazioni potenziali per circa 500 milioni.
Per le altre agevolazioni minori, la trasformazione delle detrazioni in programmi di spesa (bonus ad hoc) di durata definita e rinnovabili mediante successivi interventi legislativi potrebbe essere, se le circostanze lo giustificassero, un’ulteriore valida alternativa, regolata dall’efficienza gestionale di diverse piattaforme già ampiamente utilizzate. Un approccio sistematico a questa trasformazione, secondo l’Upb, potrebbe comportare un miglioramento della selettività delle agevolazioni incentivanti in direzione della equità e della efficienza, migliorare la trasparenza e favorire una maggiore coerenza con le esigenze contingenti. Un trasferimento monetario può infatti rivelarsi più efficace per i soggetti in condizioni economiche più disagiate. In questo ambito, inoltre, si potrebbe superare il concetto di reddito individuale, favorendo invece misure che considerano l’insieme di risorse e bisogni del nucleo familiare.