(Teleborsa) – Battuta d’arresto nella trattativa tra il Governo – che ha visto schierati i ministri Giancarlo Giorgetti, Raffaele Fitto, Adolfo Urso insieme al sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano – e ArcelorMittal. Nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi con ArcelorMittal sull’ex Ilva di Taranto, la delegazione del Governo – fa sapere Palazzo Chigi in una nota – ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva. Il Governo ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale. Le organizzazioni sindacali saranno convocate dall’esecutivo per il pomeriggio di giovedì 11 gennaio.
”Doveva essere la giornata decisiva per il tanto atteso incontro tra governo e vertici ArcelorMittal a Palazzo Chigi sulla vertenza ex Ilva o Acciaierie d’Italia, ci aspettavamo una svolta definitiva. Purtroppo ciò non è avvenuto – commenta Antonio Spera, segretario nazionale Ugl Metalmeccanici –. Oggi Palazzo Chigi giocava una delle più grandi e più importanti partite per la siderurgia e per l’intera industria italiana, che riguarda e coinvolge circa ventimila lavoratori. L’auspicio dell’Ugl Metalmeccanici era che oggi si sarebbe raggiunto un accordo diverso dagli anni passati e che l’azienda poteva contribuire a produrre acciaio con un nuovo piano industriale e un nuovo assetto societario. Ora la questione si mette tutta in salita”.
“Sono ore molte calde, la svolta c’è stata. Finalmente Arcelor Mittal ha dichiarato che non mette un euro per salvare l’acciaieria in Italia. Oggi questo è uscito in modo chiaro. Adesso, dopo aver preso atto con ritardo della situazione, lo Stato deve assumersi la responsabilità della gestione, mettere le risorse per superare questa fase e approntare un piano industriale per rilanciare la siderurgia” afferma il leader della Uilm, Rocco Palombella.
“Dalle notizie che filtrano la riunione è andata male, l’atteggiamento di Mittal è inaccettabile e va in direzione opposta alla responsabilità sociale che si richiede oggi ai grandi gruppi e alle multinazionali – dichiara il leader della Cisl, Luigi Sbarra –. Chiediamo al Governo di procedere nel solco degli intendimenti degli ultimi incontri assicurando il totale controllo dell’azienda, dando continuità produttiva e salvaguardando i siti e i livelli occupazionali conservando e mettendo in sicurezza un asset strategico e decisivo per il futuro del Paese”.
“Come abbiamo chiesto più volte, da ultimo con un emendamento alla legge di bilancio bocciato dal Governo Meloni, l’unica strada per salvare la produzione di acciaio nazionale – scrive sui social il deputato Pd ed ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando – è quella di aumentare la partecipazione dello Stato in Acciaierie d’Italia, assumendone il controllo. Oggi il governo ha preso atto dell’indisponibilità di Arcelor di investire su Ilva. Una cosa che era evidente più di un anno fa, tanto è vero che il ministro Giorgetti, allora con delega allo sviluppo economico nel governo Draghi, aveva appostato oltre un miliardo per finanziare l’aumento della quota pubblica del capitale. Con uno spreco di risorse e con molto tempo di ritardo, dunque, oggi si percorre l’unica strada rimasta. Ci auguriamo lo si faccia in fretta, assicurando la continuità produttiva e mettendo nelle condizioni Acciaierie d’Italia di individuare altri partner industriali”.
Una soluzione va trovata in fretta. L’azienda ha, infatti, un problema urgente di pagamento delle forniture: il gas a Snam inanzitutto con un arretrato milionario che non ha portato al blocco della fornitura solo grazie all’intervento del Tar. Ma anche le aziende dell’autotrasporto che nei giorni scorsi hanno iniziato un presidio a oltranza davanti all’impianto di Taranto. E per i sindacati c’è anche una necessità di manutenzione la cui assenza, denunciano, è causa di emissioni e problemi di sicurezza per i lavoratori.