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DEF, giornata di audizioni: da Confindustria a Confcommercio, il punto

(Teleborsa) – Il Def prevede una crescita del PIL dell’1% per il 2024. Un rallentamento rispetto all’anno precedente, ma decisamente positivo considerata la situazione internazionale. Se per l’anno in corso prevale l’ottimismo, le prospettive per il 2025 sono invece dominate dall’incertezza” e “senza il taglio del cuneo fiscale perderemmo circa 5,5 miliardi di euro di consumi a prezzi costanti, con una crescita della spesa delle famiglie che rallenterebbe dal +0,7% al +0,2%”. Così Confesercenti in occasione dell’audizione sul Def. “Preoccupa, quindi, la possibilità di mantenere o meno nei prossimi anni le misure introdotte nella scorsa legge di bilancio solo per il 2024: il taglio del cuneo da solo vale circa 11 miliardi”, sottolinea.

Tra gli interventi ritenuti indispensabili, Confesercenti indica inoltre la necessità di contrastare il declino dell’occupazione indipendente: “Dal 2004 circa 1,3 milioni di unità in meno, il 20%, mentre i dipendenti sono aumentati di circa 2,5 milioni di unità, il 15,2% in più. Occorre sostenere i piccoli imprenditori in un lungo e complesso lavoro di transizione per poter reggere le sfide e restare sul mercato in modo non marginale”. E di “investire nel turismo, fondamentale per la crescita dell’intera economia italiana: va considerato un settore strategico, al centro dell’agenda politica ed economica”.

Per realizzare una crescita del pil intorno all’1%, come stimato dal governo, sono necessarie due condizioni: “rilancio dei consumi – particolarmente fragili già a partire dall’ultimo quarto dello scorso anno – e compensazione della caduta degli investimenti nel comparto delle costruzioni con incrementi delle altre tipologie di investimento produttivo, soprattutto grazie alla spinta derivante dall’attuazione del Pnrr”. Lo ha affermato Giovanni Da Pozzo, Vicepresidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia, nell’audizione sul Def nelle Commissioni bilancio di Camera e Senato. Per il 2024, secondo Confcommercio “il percorso di evoluzione del prodotto lordo, nei primi mesi dell’anno in corso, non disegna una traiettoria sicura”. Per quel che riguarda i consumi, sarà fondamentale il ruolo della domanda turistica interna”. “Nel 2025 – ha proseguito Da Pozzo – il reperimento delle risorse per il rifinanziamento delle misure di sostegno, decontribuzione e riduzione delle imposte in atto quest’anno si realizzerebbe secondo il Def attraverso entrate aggiuntive generate nello spazio che va dal contrasto all’evasione e all’elusione al maggiore gettito derivante dal miglioramento della compliance. È un punto cruciale, perché va segnalato che il debito pubblico non potrà essere ulteriormente gravato da oneri imprevisti derivanti da pur contenuti errori nella gestione corrente delle entrate e delle spese”

Nel 2024 e nel 2025 l’atteso taglio dei tassi e l’attuazione del Pnrr saranno “due potenti stimoli alla crescita italiana” dopo che il Pil “ha sorpreso in positivo nel 2023, arrivando al +0,9% annuo”, sottolinea Confindustria nell’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def. “Ci sono tuttavia vari fattori che tenderanno a frenare il Pil italiano nel biennio” rileva Confindustria precisando comunque che “l’effetto netto è atteso essere comunque positivo”. Si tratta in particolare del “costo dell’elettricità pagato dalle imprese” che “resta più alto in Italia rispetto ai principali paesi UE e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali, come USA e Giappone” e delle “strozzature mondiali nei trasporti”. A questi due elementi si aggiunge “la graduale uscita dal Superbonus, già in scadenza a fine 2023 in termini di aliquota al 110%, e degli altri incentivi all’edilizia”. Alla luce di tutti questi fattori, ricorda Confindustria, il CSC “ha stimato una crescita dell’economia italiana sostanzialmente in linea con quella indicata nel DEF: +0,9% nel 2024 e +1,1% nel 2025”

Il calo del deficit sarà “consistente” quest’anno in linea con le stime del governo mentre l’andamento del debito sarà “meno in linea” con le previsioni del Documento di Economia e Finanza. “Il rientro del deficit sarà consistente nel 2024, arrivando al 4,4% del PIL (dal 7,4% del 2023), più lento nel 2025, al 3,9%. Ciò grazie a una dinamica positiva delle entrate e a spese contenute” riferisce Confindustria “Queste stime confermano quanto indicato nel quadro di finanza pubblica a legislazione vigente del DEF”. “Meno in linea, invece, la previsione sul debito pubblico – prosegue Viale dell’Astronomia – stimato dal Centro Studi Confindustria al 139,1% del PIL nel 2024, ovvero 1,8 punti di PIL in più rispetto al 2023, e al 141,1% nel 2025 (ulteriori 2,0 punti circa in più). Dinamica in risalita confermata anche dal Governo che, però, nel DEF stima un rapporto debito/PIL sensibilmente più basso (al 137,8% quest’anno e al 138,9% il prossimo)”.

Per Confindustria servono “un più ampio ridisegno” della tassazione del lavoro dipendente “a partire proprio dal taglio del cuneo contributivo” un intervento “su aliquote e scaglioni, attualmente limitato al solo 2024” e va completata la riforma dell’IRES “funzionale a rendere più competitivo il sistema produttivo italiano”.

“In una fase di debolezza della congiuntura economica è necessario dare impulso agli investimenti privati per mantenere le imprese sul sentiero della crescita“. E’ quanto hanno sottolineato CNA, Confartigianato e Casartigiani nell’audizione sul DEF davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato, giudicando “poco condivisibile”, seppur motivata dall’incertezza sull’applicazione delle regole del nuovo Patto di stabilità europeo, la scelta del Governo di non presentare al Parlamento il quadro programmatico, in quanto è indispensabile fornire a imprese e cittadini prospettive e fiducia.

Le tre Confederazioni indicano le azioni e gli interventi per consentire al Paese di crescere. In primo luogo occorre accelerare il programma Transizione 5.0, che può contare su una cospicua dote di risorse per accompagnare il sistema produttivo verso le sfide della doppia transizione, digitale e ambientale, anche grazie al sostegno ai progetti di autoproduzione energetica.

Altro capitolo di fondamentale importanza, la realizzazione del Pnrr. Il piano sta procedendo a rilento, rispetto alla spesa di circa 80 miliardi prevista per il 2023 si è speso circa la metà. Spendere quest’anno almeno 20, dei 40 miliardi non impiegati, darebbe un impulso importante all’economia, soprattutto nell’ambito degli investimenti pubblici e delle infrastrutture.

Per CNA, Confartigianato e Casartigiani il sostegno agli investimenti richiede di rifinanziare al più presto la legge Sabatini che rischia di dover sospendere l’accoglimento delle domande. Inoltre, è necessario che venga abbassata sensibilmente la soglia minima degli investimenti nella ZES Unica, oggi fissata a 200 mila euro, per accelerare la spesa e consentire anche alle imprese di piccola dimensione di contribuire allo sviluppo delle economie del mezzogiorno.

Il Governo dovrà anche adottare il piano nazionale per la riduzione progressiva del consumo di energia degli edifici residenziali prevista dalla direttiva Case Green di recente approvazione. Occorre un programma di medio termine, che individui obiettivi, priorit? e risorse per accompagnare l’attuazione della direttiva, favorendo una ordinata qualificazione dell’offerta e della domanda.

Grande attesa sulla emanazione della “Legge annuale” dedicata alle MPMI, nella quale definire meglio strumenti e indirizzi programmatici dedicati a creare le condizioni di ambiente e contesto realmente favorevoli alla nascita, lo sviluppo e il consolidamento delle micro, piccole e medie imprese del territorio.

Infine le Confederazioni dell’artigianato sottolineano l’importanza che l’UE riesca a imprimere un impulso positivo alla crescita tornando a pensare (come fatto per Next Generation EU e SURE) a misure di sostegno e accompagnamento dell’economia che non siano fatte soltanto di regole e scadenze. Gli obiettivi e le scadenze legati, ad esempio, al cosiddetto Green Deal europeo sono oggettivamente sfidanti, ma senza una politica economica e fiscale comune “sarà altamente improbabile rispettarli”.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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