(Teleborsa) – Priorità al rifinanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro. E ancora, nell’immediato, “il Governo intende continuare nell’adozione di misure volte a intervenire sul profilo del deficit, migliorandolo ulteriormente anche attraverso una revisione della disciplina dei crediti d’imposta al fine di ricondurlo al di sotto del 3 per cento del PIL entro il 2026, come previsto nella Nadef. Tali azioni saranno rivolte a migliorare non solo i saldi di competenza, ma anche quelli di cassa, abbassando così il profilo del rapporto debito/PIL già nel breve periodo”. È quanto si legge nel Documento di economia e finanza trasmesso alle Camere. “Con il pieno coinvolgimento del Parlamento, il Governo effettuerà sin da ora un’attenta azione di monitoraggio dei conti pubblici, proprio in vista della stesura del futuro Piano strutturale di bilancio di medio termine” scrive il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, nella premessa al DEF.
Nel Documento il PIL, a legislazione vigente, è previsto crescere dell’1% nel 2024. “La crescita del PIL sarà sostenuta, in particolare, dagli investimenti connessi al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e da un graduale recupero del reddito reale delle famiglie tenuto conto che l’azione di Governo per il 2024 è proseguita proprio in tale direzione – prosegue Giorgetti, nella premessa al Def –. Il sostegno ai redditi dei lavoratori, avvenuto prevalentemente, ma non solo, tramite la riduzione contributiva ha consentito anche di moderare la spinta salariale volta al recupero del potere di acquisto dopo la fiammata inflazionistica. Ciò ha innescato una spirale virtuosa che ha favorito una più rapida discesa del tasso di inflazione”.
Il governo – si legge ancora nella premessa – lavora per “concordare con la Commissione europea l’estensione a sette anni dell’aggiustamento di finanza pubblica. Le riforme e gli investimenti costituiranno anche l’ossatura del futuro Piano strutturale di bilancio di medio termine. Anche al fine di concordare con la Commissione europea l’estensione a sette anni dell’aggiustamento di finanza pubblica necessario a porre il rapporto tra debito pubblico e PIL su un sentiero di continua e sostanziale riduzione, il nuovo Piano non potrà che partire dai risultati già conseguiti con il Pnrr, consolidandone gli investimenti e le riforme con particolare riferimento alla transizione ecologica e digitale. Allo stesso tempo, il Piano risponderà alle esigenze di investimento della difesa e agli imprescindibili obiettivi di miglioramento dell’equità sociale e di ripresa demografica del Paese”.
Il debito pubblico dell’Italia – secondo quanto prevedono le tabelle del Def 2024 – romperà la soglia psicologica dei 3mila miliardi di euro a partire dall’anno prossimo. Dai 2.981 miliardi di euro attesi per quest’anno il passivo totale della Pa salirebbe a 3.110 miliardi nel 2025, a 3.224 miliardi nel 2026 e a 3.306 miliardi nel 2027, anno in cui inizierebbe una traiettoria discendente del rapporto debito/PIL.
La pressione fiscale – si legge nella parte del Def dedicata ad “Analisi e tendenze di finanza pubblica” – si riduce nel 2024 al 42,1% (dal 42,5% del 2023) per risalire nel 2025 al 42,4% e attestarsi su un livello lievemente inferiore nel biennio finale dell’arco previsivo. Le entrate totali delle amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL diminuiscono, nel 2024, di un punto percentuale rispetto al 2023, attestandosi al 46,8%, e sono previste in aumento nel 2025 di 0,3% punti percentuali e in diminuzione negli anni successivi, fino a raggiungere il 46,2% nel 2027. Le entrate tributarie sono stimate in progressiva riduzione, dal 29,6% del 2023 al 28,9% del 2027.
La spesa sanitaria prevista per il 2024 è pari a 138.776 milioni, con un tasso di crescita del 5,8 per cento rispetto all’anno precedente. Dalle tabelle si evince che la cifra è pari al 6,4% del PIL. Nel triennio 2025-2027 – viene specificato nella Sezione II del documento – la spesa sanitaria è prevista crescere a un tasso medio annuo del 2 per cento. Nel medesimo arco temporale il Pil nominale crescerebbe in media del 3,1%. Conseguentemente, il rapporto fra la spesa sanitaria e PIL, pari al 6,3% nel 2025 e nel 2026, si assesta al 6,2 per cento nel 2027.
Oggi la presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UPB), Lilia Cavallari, ha comunicato ai presidenti del Senato della Camera la validazione del quadro macroeconomico tendenziale del DEF 2024, che il MEF ha predisposto recependo i rilevi trasmessi dall’UPB il 28 marzo scorso su una precedente versione. “Le stime sulle principali variabili del quadro sono ricomprese in un intervallo accettabile, sebbene – rileva l’UPB – in diversi casi si collochino sull’estremo superiore delle valutazioni del panel UPB. L’intervallo è definito sulla base di un esercizio previsivo che ha coinvolto anche gli altri istituti che compongono il panel (CER, Prometeia, Ref-Ricerche, Oxford Economics, oltre allo stesso UPB)”. Nel dettaglio, la validazione delle stime tendenziali del DEF – spiega l’UPB – poggia su “previsioni del PIL (1 per cento nel 2024, 1,2 nel 2025, 1,1 nel 2026 e 0,9 nel 2027) che non eccedono gli estremi dell’intervallo di previsione del panel UPB e non si discostano eccessivamente dalle valutazioni mediane, eccetto che nel 2027; inoltre, la previsione governativa del PIL nominale, variabile direttamente rilevante per la finanza pubblica, è simile a quella dell’UPB e comunque non supera l’intervallo delle stime”. Le previsioni – spiega l’UPB nella lettera di validazione– sono validate “assumendo la piena e tempestiva realizzazione dei progetti del PNRR e il graduale venire meno delle tensioni geopolitiche internazionali. L’instabilità del quadro globale è però tale per cui le prospettive potrebbero cambiare, anche velocemente e in misura non trascurabile, nel corso dell’orizzonte di previsione. I rischi, che pure appaiono bilanciati nel breve termine, sono giudicati complessivamente orientati al ribasso per i prossimi anni”.
Ma all’indomani dell’invio alle Camere da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze del testo approvato dal Consiglio dei ministri, si accendono le polemiche. Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, definisce quello varato dal consiglio dei ministri “un Def molto sommario, che rinvia di fatto le scelte a quando ci sarà un quadro più dettagliato sia dell’andamento dei conti pubblici che dello scenario europeo e globale”. Per Sbarra “bisogna rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale che per la nostra organizzazione è uno strumento essenziale per la difesa delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. E in quest’ottica bisogna pensare a forme ulteriori di finanziamento del welfare allo scopo di non abbassare la guardia sul sostegno alle grandi infrastrutture sociali, fra le quali la sanità, l’istruzione, il sociale e la previdenza. Il taglio dell’Irpef per i lavoratori dipendenti e i pensionati, in particolare per i redditi medi, deve essere un altro obiettivo del Governo per il 2025 – ha aggiunto segretario generale della Cisl – attivando un serio confronto sulla riforma fiscale con le parti sociali, dialogo che finora è mancato. In particolare, insistiamo sulla necessità di indirizzare le risorse che provengono dalla lotta all’evasione, dal concordato fiscale, dal taglio della spesa improduttiva, per ridurre il peso fiscale a carico della classe media che sopporta da anni la maggiore imposizione tributaria nel Paese. Per la Cisl questo rimane un obiettivo primario”.
Attacca il deputato dem Piero De Luca, capogruppo Pd in Commissione Politiche UE alla Camera. “Sul il Pnrr, il governo è sempre più nel caos: da un lato nasconde al Parlamento le schede tecniche nel Def e dall’altro – sottolinea De Luca – litiga con l’Europa sull’eventuale proroga oltre il 2026. I ritardi sono acclarati e le opere ancora non realizzate. Insomma tante promesse, tanti rinvii e pochi fatti. Ciò che resta sono i tagli alla sanità, al welfare e agli enti locali. Ma su questo il governo è consapevolmente cieco”.
“La verità – afferma il leader del M5s Giuseppe Conte – è che il governo ha presentato un Def ma non c’è programmazione economica, non sono in grado di programmare alcunché, non c’è una visione”.
“Con il Def, al di là delle chiacchiere, il governo ha rimesso le tasse sul lavoro e l’Irpef. In conferenza stampa dicono il contrario ma sono abituati a mentire” dichiara Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera.