(Teleborsa) – Il Rendiconto generale 2023 dell’INPS, approvato dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza il 16 luglio 2024, si chiude con un saldo della gestione finanziaria di competenza di 12,18 mld di euro, con un risultato economico di esercizio positivo per 2,06 mld, e con un avanzo patrimoniale netto che passa da 23,22 a 29,78 mld. Il Rendiconto – fa sapere l’INPS in una nota – evidenzia valori positivi inferiori all’esercizio 2022, ma superiori sia al 2021, sia alle previsioni assestate per il 2023.
“Nel 2023 – riferisce Alessandro Tombolini, direttore centrale Bilanci dell’Inps – le entrate complessive sono state pari a 536 mld, di cui 269 mld di entrate contributive, segnando una crescita del 5,1% rispetto al 2022. Sono stati 164, invece, i miliardi in trasferimenti correnti dalla fiscalità generale (con una crescita del 3,3%). Le uscite complessive ammontano a 524 mld, di cui 398 destinati alle prestazioni istituzionali. Queste ultime, quindi, sono cresciute del 4,6%”.
Il costo degli interventi sostenuti dai trasferimenti dalla GIAS, ossia dalla fiscalità generale, è aumentato di 7,4 mld, in particolare per l’incremento delle uscite a favore dei percettori dell’Assegno unico universale, degli sgravi contributivi e delle coperture degli oneri pensionistici.
Il 2023 ha fatto registrare rispetto all’anno precedente un incremento della spesa per pensioni di 20.890 milioni, arrivando complessivamente a 304,14 mld, con una crescita rispetto all’anno precedente del 7,4%, derivante quasi per intero dalla rivalutazione a fronte dell’impennata inflazionistica registrata l’anno precedente.
Il 2023 ha invece visto una significativa riduzione della spesa per il sostegno al reddito, con un risparmio di 7,62 mld. Si è passati, infatti, da 26,03 mld a 18,4 mld, in particolare per la mancata proroga dei bonus 150 e 200 euro (con una riduzione della spesa di 7,83 mld). È cresciuta, parallelamente, la spesa per i trattamenti di disoccupazione (+1,5 mld). In calo le integrazioni salariali e i trattamenti di malattia.
Le spese per l’inclusione sociale sono sostanzialmente invariate (+ 0,3 mld) ma con un calo di 1,35 mld del Reddito e della Pensione di Cittadinanza e un aumento di 1,08 mld per le prestazioni di invalidità civile.
Crescono sensibilmente le spese a sostegno della famiglia, in particolare con l’Assegno unico, arrivato a un valore di 18,24 mld.
Dal Rendiconto emergono con particolare rilievo i crediti per contributi a carico dei datori di lavoro e degli iscritti che, a fine 2023, ammontano a complessivi 127,16 mld con un incremento di 3,45 mld rispetto all’anno precedente. Gran parte di questi crediti sono a rischio di inesigibilità e, a fronte di tale evenienza, è stato alimentato il Fondo svalutazione crediti contributivi che ammonta, nel 2023, a 102,73 mld(+2,3 mld rispetto al 2022).
“Il Rendiconto 2023 evidenzia un risultato importante per l’Istituto e rappresenta un ulteriore elemento che attesta l’equilibrio del sistema previdenziale pubblico italiano – sottolinea Roberto Ghiselli, presidente del CIV –. Una situazione che i prossimi anni imporrà di fare i conti con le trasformazioni demografiche e del mercato del lavoro – prosegue Ghiselli – ed è importante che gli attori della policy scelgano una coerente strategia per farvi fronte, per garantire una prospettiva di stabilità e sostenibilità del sistema da un punto di vista economico e sociale, attraverso politiche di sostegno allo sviluppo di qualità del tessuto produttivo e dell’occupazione, che possano incidere positivamente sui principali fattori di stabilità del sistema previdenziale a cominciare dalla crescita delle retribuzioni e dal conseguente gettito contributivo”.
Per Pierangelo Albini, coordinatore della Commissione economica del CIV “le rapide trasformazioni del mercato del lavoro e la necessità di far fronte ai diversificati bisogni dei cittadini impongono al decisore politico anche un’approfondita e coerente riflessione sul sistema di protezione sociale del Paese e, di conseguenza, sul suo finanziamento in termini di prelievo fiscale e contributivo. Tutto ciò in un’ottica che tenga conto non solo del tema del costo del lavoro, e dunque della competitività del sistema produttivo, ma soprattutto – conclude Albini – dei profili di equità nella ripartizione dei costi e dei benefici del sistema di protezione sociale”.