(Teleborsa) – La crescita economica in Italia “è stata pressoché nulla alla fine del 2023, frenata dall’inasprimento delle condizioni creditizie, nonché dai prezzi dell’energia ancora elevati; i consumi hanno ristagnato e gli investimenti si sono contratti”. Lo stima la Banca d’Italia, che nell’ultimo bollettino economico riporta le previsioni elaborate lo scorso dicembre nell’ambito dell’esercizio trimestrale coordinato con l’Eurosistema: il Pil aumenterà dello 0,6 per cento nel 2024 (rispetto allo 0,7 stimato per il 2023) e dell’1,1 per cento in ciascuno dei due anni successivi. Secondo Bankitalia, negli ultimi mesi “l’attività è tornata a scendere nella manifattura, mentre si è stabilizzata nei servizi; è aumentata nelle costruzioni, che hanno continuato a beneficiare degli incentivi fiscali.
In Italia negli ultimi mesi “la discesa dell’inflazione si è accentuata e si è estesa ai beni industriali non energetici e ai servizi”. A dicembre la crescita dei prezzi al consumo si è collocata allo 0,5 per cento (e al 3% al netto delle componenti più volatili). Secondo l’istituzione “le famiglie e le imprese si attendono un allentamento delle pressioni inflazionistiche nel breve e nel medio termine”. Nelle previsioni elaborate nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema lo scorso dicembre, Bankitalia prevedeva una inflazione 2024 all’1,9 per cento, dal 5,9 nel 2023, e all’1,7 nel 2026. L’inflazione di fondo diminuirebbe al 2,2 per cento nell’anno in corso (dal 4,5 nel 2023) e si porterebbe sotto il 2 per cento nel biennio successivo.
Lo scorso anno il debito pubblico dell’Italia è aumentato di quasi 100 miliardi di euro, tuttavia l’incidenza del debito stesso rispetto al Pil è migliorata se paragonata con i valori del 2022, così come il deficit-Pil. “Alla fine di novembre il debito delle Amministrazioni pubbliche ammontava a 2.855 miliardi, circa 97 in più rispetto alla fine del 2022. Sulla base dei dati preliminari di dicembre – dice Bankitalia – si può tuttavia stimare che nel 2023 il debito in rapporto al Pil sia diminuito per il terzo anno consecutivo (dopo il picco di quasi il 155 per cento nel 2020) collocandosi su un valore nell’ordine del 140 per cento”. Le informazioni preliminari disponibili segnalano per il 2023 una riduzione sia del disavanzo sia dell’incidenza del debito sul prodotto rispetto all’anno precedente, aggiunge l’istituzione. Bankitalia, poi, rileva che a dicembre è stata approvata la manovra di bilancio per il prossimo triennio, “che nelle valutazioni ufficiali accresce l’indebitamento netto del 2024 di 0,7 punti percentuali del Pil nel confronto con il quadro a legislazione vigente”
In Italia la dinamica dei prestiti bancari “rispecchia ancora la marcata debolezza della domanda di finanziamenti e la rigidità dei criteri di offerta, coerentemente con l’orientamento restrittivo della politica monetaria. I passati rialzi dei tassi ufficiali continuano a incidere sul costo del credito alle imprese in maniera più intensa rispetto a quanto suggerito dalle regolarità storiche”. Lo rileva la Banca d’Italia nel Bollettino economico. “La restrizione monetaria sta determinando anche una flessione della raccolta bancaria. Migliora la redditività – si legge – resta contenuto il tasso di deterioramento dei prestiti e aumenta il livello di patrimonializzazione delle banche.
Sul Patto di Stabilità – L’accordo raggiunto tra i governi dell’Unione europea sulla riforma del Patto di stabilità e crescita “incorpora le principali novità della proposta legislativa avanzata nella scorsa primavera dalla Commissione europea, ossia la centralità dell’analisi di sostenibilità del debito nel medio periodo e il ruolo delle negoziazioni con ciascuno Stato membro per definire il processo di consolidamento di bilancio. Tuttavia – rileva la Banca d’Italia – sono stati aggiunti ulteriori criteri numerici, uguali per tutti i paesi, che vincolano la dinamica del debito e il disavanzo strutturale”. L’istituzione ricorda poi che “sono in corso negoziati tra le istituzioni europee per perfezionare il testo normativo”.
SUL PNRR – La revisione del Pnrr, richiesta dall’Italia e approvata lo scorso 8 dicembre dal Consiglio dell’Unione europea comporta una “rimodulazione dei tempi” dalla quale “deriverà una riduzione della quinta e della sesta rata e un incremento complessivo di quelle successive, in particolare dell’ultima. Allo stesso tempo si registra una parziale riallocazione dell’ammontare finanziato da sovvenzioni verso le rate conclusive”. Lo rileva la Banca d’Italia, in un riquadro di analisi inserito nel Bollettino economico. La revisione “ha ripercussioni anche sul numero e sulla cadenza temporale dei traguardi e degli obiettivi da raggiungere ogni semestre: questi infatti aumentano da 527 a 617 e, rispetto alla precedente versione del Piano, risultano posticipate le relative scadenze (quasi il 30 per cento si concentra nel primo semestre del 2026, l’ultimo periodo di rendicontazione)”