Giugno 2024

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    USA, cresce deficit bilancia commerciale beni in aprile

    (Teleborsa) – Negli Stati Uniti è salito il disavanzo della bilancia commerciale dei beni attestatosi, a aprile, a 74,6 miliardi di dollari rispetto ai 68,6 miliardi di marzo (dato rivisto da 69,4 mld). Le stime degli analisti erano per un aumento a 65 miliardi.Lo comunica il Bureau of Economic Analysis (BEA) del Dipartimento del Commercio americano, che ha pubblicato oggi il dato preliminare relativo alla sola partita dei beni. Le attese degli analisti erano per una crescita fino a 76,2 miliardi.Le esportazioni sono salite a 263,7 miliardi mentre le importazioni sono aumentate a 338,2 miliardi. LEGGI TUTTO

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    USA, nel primo trimestre produttività settore non agricolo sotto attese

    (Teleborsa) – Nel 1° trimestre del 2024 la produttività del settore non agricolo in USA è salita su base trimestrale dello 0,2%, dopo il +3,5% dei tre mesi precedenti, confrontandosi con il +0,3% atteso dagli analisti. Rispetto allo stesso trimestre del 2023 è cresciuta del 2,9%. Secondo il Bureau of Labour Statistics (BLS) americano, il costo per unità di lavoro è cresciuto del 4%, rispetto al -2,8% del 4° trimestre 2023 e contro il +4,7% del consensus. LEGGI TUTTO

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    BCE, S&P: “Probabile un taglio per trimestre sino al 2025”

    (Teleborsa) – “La decisione della BCE di alzare i tassi dopo la Fed e di tagliarli prima indica dinamiche inflazionistiche differenti al di là dell’Atlantico. L’inflazione dell’Eurozona è in gran parte attribuita a termini di scambio negativi piuttosto che a un eccesso di domanda”. E’ quanto sottolinea S&P dopo l’annuncio della BCE relativo ad una riduzione dei tassi di 25 punti base.”Sembra improbabile che la BCE effettui più di due tagli dei tassi in solitaria prima che la Fed inizi quest’anno. – afferma l’agenzia di rating – Inoltre, si prevede che le riduzioni dei tassi della Fed si protrarranno fino al 2026, ben oltre il completamento dei tagli da parte della BCE”. “Supponendo che l’inflazione si allinei ai target e che la crescita raggiunga il potenziale entro la metà del prossimo anno, come previsto, è probabile che la BCE limiti i tagli dei tassi a non più di uno per trimestre fino al terzo trimestre del 2025, con un tasso di deposito al minimo al 2,5%”. LEGGI TUTTO

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    Assonime, CdA quotate ampiamente in linea con raccomandazioni e verso best-practices internazionali

    (Teleborsa) – La composizione e la struttura del consiglio di amministrazione delle società quotate a Piazza Affari sono ampiamente in linea con le raccomandazioni del Codice di Corporate Governance e si evolvono verso le migliori pratiche internazionali. L’allocazione delle funzioni esecutive all’interno del consiglio, la tipologia degli amministratori delegati e la presidenza del consiglio configurano diversi modelli di governance che appaiono funzionali alla dimensione aziendale e al modello di controllo. È quanto emerge dal Rapporto Assonime sulla Corporate Governance.Considerando la ripartizione delle deleghe esecutive all’interno del consiglio, dal report emerge che la scelta di affidarle tutte ad un amministratore esecutivo (CEO puro) è largamente preferita (83%). Soluzioni alternative sono più frequenti tra le grandi società con un azionista di controllo (diversi amministratori delegati) e tra le società non controllate (comitato esecutivo).L’identità del “CEO puro” varia significativamente a seconda del modello di controllo aziendale: le imprese familiari, soprattutto quelle più piccole, spesso nominano un CEO-proprietario, le imprese statali (SOE) e le grandi aziende non controllate optano sempre per un CEO-manager. Al contrario, le piccole imprese non controllate hanno spesso un CEO-proprietario, tipicamente il fondatore della società, che ha diluito il proprio capitale sociale ma ha mantenuto la leadership strategica della società.Assonime ha inoltre considerato la presidenza del consiglio, dove emergono scelte di governance molto diverse: più della metà delle società ha un presidente esecutivo (57%), circa un terzo degli altri consigli è presieduto da un amministratore non esecutivo (27%), mentre una minoranza di aziende ha un presidente indipendente (16%). La metà dei presidenti esecutivi sono identificati anche come CEO dell’azienda (52%), la maggior parte dei quali sono “CEO puri”.Le piccole imprese e le imprese a conduzione familiare spesso optano per un presidente esecutivo, che spesso è anche il “CEO puro” dell’azienda. Le aziende statali e le società non controllate preferiscono una presidenza non esecutiva; laddove si tratta di società ad alta capitalizzazione (grandi imprese statali e grandi società non controllate), il presidente è spesso qualificato come indipendente.Il peso degli amministratori indipendenti è in costante aumento (48% in media); per le banche il loro peso è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni (dal 31% nel 2011 al 68% nel 2023). Gli amministratori indipendenti rappresentano più della metà dei consiglieri nelle grandi aziende (58% in media), un risultato che va oltre le raccomandazioni del nuovo Codice CG.Il componente del CdA medio ha 57 anni e presta servizio per circa 6 anni. La permanenza media è fortemente influenzata dal ruolo ricoperto: quella dei dirigenti (11,3 anni) è più del doppio di quella del complesso dei non dirigenti (5,6 anni). Tra gli amministratori non esecutivi, la permanenza in carica degli amministratori indipendenti dura circa un mandato consiliare (3,8 anni in media). Non sorprende che il CEO che è anche azionista della società duri più del doppio di un CEO che sia un manager: il mandato medio di un CEO-proprietario è di circa 15,5 anni contro i 6 anni di un CEO-manager. Anche il modello di controllo aziendale è importante: i CEO-manager hanno un mandato più lungo nelle grandi società non controllate rispetto alle grandi aziende statali (7 anni nelle grandi aziende non controllate contro 4 nelle grandi aziende statali), in particolare a causa del fatto che nelle grandi aziende statali sono di fatto soggetti ad uno spoiler system.(Foto: Benjamin Child on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    FTSE MIB, retribuzione media CEO a 4,2 milioni di euro. Componente variabile al 69%

    (Teleborsa) – La remunerazione complessiva dell’Amministratore Delegato è di circa 4,2 milioni di euro nelle grandi aziende quotate a Piazza Affari (ovvero quelle inserite nel FTSE MIB), 1,9 milioni di euro nelle società di medie dimensioni (Mid Cap) e 0,7 milioni di euro nelle piccole imprese (Small Cap). È quanto emerge dal Rapporto Assonime sulla Corporate Governance.Circa il 41% della retribuzione totale degli “amministratori delegati puri” è rappresentato da una remunerazione base fissa, circa il 36% da bonus e partecipazione agli utili (retribuzione variabile in contanti), il 21% dal fair value della remunerazione basata su azioni, con il 2% dovuto a fringe benefit e compensi simili. La composizione della remunerazione complessiva è più orientata verso componenti variabili nelle grandi aziende (69% nel FTSE MIB, 56% nelle Mid Cap e 33% nelle Small Cap).La remunerazione degli “amministratori delegati puri” varia anche a seconda del settore e dell’assetto proprietario dell’azienda. La loro remunerazione è leggermente più alta (9%) nelle grandi banche e assicurazioni rispetto alle altre grandi imprese: in questo caso il confronto è limitato alle sole grandi imprese, considerando che si tratta dell’unico cluster dimensionale in cui banche e assicurazioni sono significativamente più rappresentate.Solo il 5% dei “CEO puri” sono donne: di solito ricoprono tale posizione nelle imprese più piccole. Considerando tutte le aziende, emerge un divario retributivo di genere, poiché i “CEO puri” uomini guadagnano il 41% in più rispetto ai CEO donne. Tuttavia, se limitiamo l’analisi al cluster aziendale in cui sono presenti poche donne CEO (vale a dire le aziende non finanziarie e le piccole imprese), scopriamo che le donne “CEO puri” guadagnano più degli uomini (rispettivamente circa 1 milione contro 900.000 euro). Tuttavia, il numero quasi trascurabile di donne “CEO puri” non è sufficiente per qualsiasi considerazione statistica.Secondo il Codice di Corporate Governance, la remunerazione degli amministratori non esecutivi dovrebbe essere proporzionata all’impegno individuale, tenendo conto anche dell’eventuale partecipazione ad uno o più comitati. La remunerazione degli amministratori non esecutivi è notevolmente inferiore e più stabile rispetto a quella degli amministratori esecutivi e si differenzia a seconda del ruolo ricoperto: i presidenti non esecutivi guadagnano in media 367.000 euro, gli amministratori indipendenti 64.000 euro e gli altri amministratori non esecutivi amministratori 63.000 euro.Tra gli amministratori indipendenti, le donne amministratori mostrano un leggero divario retributivo (-5% nel FTSE MIB, -3% nelle società Mid Cap e Small Cap): questa leggera differenza è principalmente determinata dai compensi dei comitati consiliari o da altre remunerazioni aggiuntive. LEGGI TUTTO

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    Borsa Italiana in crisi con regulatory e listing shopping. Ora la sfida è riformare il TUF

    (Teleborsa) – Le crisi globali che hanno colpito duramente i mercati dei capitali in tutto il mondo hanno avuto un impatto significativo anche sulla Borsa Italiana. In realtà, il mercato italiano ha vissuto un declino costante nel tempo, con un numero significativo di aziende che hanno scelto di delistarsi e un numero modesto di nuove quotazioni. Il risultato di questo processo emerge nella diminuzione sia del numero delle società quotate che della capitalizzazione di mercato del mercato italiano. Lo ricorda Assonime, l’associazione per le società per azioni italiane, nel rapporto sulla corporate governance.Negli ultimi anni alcune importanti aziende italiane hanno deciso di accedere a borse internazionali più dinamiche (listing shopping) o di trasferire la propria sede legale all’estero per beneficiare di un quadro istituzionale più favorevole alla quotazione (forum shopping).Da un lato, il numero delle società nazionali quotate su Euronext Milan (il mercato regolamentato italiano, EXM) è sceso da 228 di fine 2014 a 202 di fine 2022 (in diminuzione anche rispetto al 2021 quando erano 210) con un saldo negativo tra nuove ammissioni e cancellazioni in tutti gli anni tranne che nel 2017 e 2018. Anche nel 2023 il saldo è rimasto negativo, confermando il trend degli ultimi anni. Negli ultimi dieci anni la capitalizzazione di mercato delle società delistate è stata pari a circa 125 miliardi di euro (più di un terzo concentrato nel 2022), mentre il valore delle nuove società quotate è stato pari a circa 70 miliardi di euro, con un deflusso netto di circa 55 miliardi di euro.D’altro canto, una quota significativa e crescente della capitalizzazione della Borsa italiana è rappresentata da società estere, cioè da imprese che hanno spostato la propria sede legale in un altro Stato membro dell’Unione Europea: al 2023, le società straniere quotate su Euronext Milan rappresentavano circa il 26% delle capitalizzazione di mercato complessiva (6% nel 2012) e il 30% delle large cap incluse nell’indice FTSE MIB (7% a fine 2021). L’effetto è molto più pronunciato se consideriamo solo le società private non finanziarie: a fine 2022 il peso delle società estere sulla capitalizzazione di mercato totale era di circa il 44% (17% nel 2012)Sebbene il regulatory shopping sia un fenomeno diffuso, appare molto più significativo in Italia, dove solleva sfide significative per i policy maker (anche di autodisciplina), considerando che le misure specifiche, volte a stabilire il livello di protezione degli investitori fissato dalle norme disciplina italiana, si applicano ad un bacino sempre più ristretto di imprese italiane. Allo stesso tempo, gli investitori risentono negativamente, in termini di opportunità mancata, anche del cosiddetto listing shopping, con un numero crescente di aziende italiane che accedono ai mercati dei capitali quotandosi sulle principali piazze finanziarie internazionali (ad esempio New York), che offrono un mercato e un ecosistema normativo più competitivi, in particolare per le imprese medio-grandi e/o in rapida crescita.”Nel lungo periodo, questi fenomeni potrebbero incidere ulteriormente sull’efficienza e sull’attrattività del mercato italiano, con ricadute sulle imprese più piccole e strutturalmente meno capaci di sfruttare le opportunità della mobilità internazionale”, sottolinea Assonime.Secondo il rapporto, queste caratteristiche strutturali e normative sono state perpetuate e addirittura accresciute dall’evoluzione dell’approccio normativo, dove l’obiettivo della competitività è stato sostituito da un atteggiamento “iperprotettivo” con l’imposizione di un sistematico gold-plating delle regole armonizzanti europee e il mantenimento di un sovrabbondante insieme di regole peculiari, in particolare per quanto riguarda la corporate governance delle società quotateLe tendenze di cui sopra riflettono la necessità per il mercato italiano di affrontare queste sfide strutturali per migliorare la propria competitività. In quest’ottica, l’occasione di provvedere ad un generale miglioramento del quadro normativo nazionale potrebbe decollare con la cosiddetta Legge Capitali, che già prevede alcune misure volte a migliorare la competitività del sistema italiano (ad esempio la possibilità di introdurre azioni a voto plurimo o a voto maggiorato con un rapporto massimo di 10 voti per azione), e, in particolare, con l’articolo 19 che contiene un’ambiziosa legge delega per una riforma globale del diritto societario italiano e, in particolare, del Testo Unico della Finanza (TUF) da completarsi entro la prima metà del 2025. LEGGI TUTTO

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    Crypto, Robinhood acquista Bitstamp per 200 milioni di dollari

    (Teleborsa) – Robinhood, popolare app statunitense per piccoli investitori, ha stipulato un accordo per acquisire Bitstamp, un exchange globale di criptovalute. Bitstamp è stata fondata nel 2011 e ha uffici in Lussemburgo, Regno Unito, Slovenia, Singapore e Stati Uniti.L’acquisizione di uno exchange globale accelererà in modo significativo l’espansione di Robinhood Crypto in tutto il mondo, si legge in una nota. Bitstamp detiene oltre 50 licenze e registrazioni attive a livello globale e porterà a Robinhood clienti in tutta l’UE, nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Asia.Robinhood prevede che il corrispettivo finale dell’accordo sarà di circa 200 milioni di dollari in contanti, soggetto ai consueti adeguamenti del prezzo di acquisto. L’acquisizione è soggetta alle consuete condizioni di chiusura, comprese le approvazioni normative, e si prevede che si concluderà nella prima metà del 2025.”Grazie a questa combinazione strategica, siamo in una posizione migliore per espanderci al di fuori degli Stati Uniti e diamo il benvenuto ai clienti istituzionali in Robinhood”, ha detto Johann Kerbrat, General Manager di Robinhood Crypto. LEGGI TUTTO

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    Salgono i mercati europei con focus sulla BCE

    (Teleborsa) – Si muovono in territorio positivo i principali mercati di Eurolandia. Sulla stessa scia rialzista il FTSE MIB. Come ampiamente anticipato da numerose dichiarazioni di vari esponenti della BCE nel corso delle ultime settimane, la riunione odierna della BCE segnerà l’attesa svolta sui tassi, con una riduzione di 25pb dei tassi di policy (tasso sui depositi, tasso sulle operazioni principali di rifinanziamento e tasso di rifinanziamento marginale a 3,75%, 4,25% e 4,50%, rispettivamente).La comunicazione sulle decisioni sarà pubblicata alle 14.15, contestualmente la BCE diffonderà anche le previsioni aggiornate dei suoi tecnici su crescita economica e inflazione. Alle 14.45 la presidente Christine Lagarde terrà la conferenza stampa esplicativa assieme al vicepresidente, Luis de Guindos.Sul fronte macroeconomico, gli ordini industriali tedeschi sono diminuiti in aprile dello 0,2% rispetto al mese precedente, contro attese per un aumento.Tra gli annunci societari, Banca Mediolanum ha chiuso maggio 2024 con una raccolta netta totale a 789 milioni di euro, mentre Fineco ha registrato nello stesso mese un raccolta netta pari a 946 milioni di euro, Anima ha segnalato una raccolta di risparmio gestito a 215 milioni di euro e Azimut una raccolta gestita organica supera 500 milioni di euro.L’Euro / Dollaro USA è sostanzialmente stabile e si ferma su 1,087. L’Oro prosegue gli scambi con guadagno frazionale dello 0,24%. Seduta in lieve rialzo per il petrolio (Light Sweet Crude Oil), che avanza a 74,78 dollari per barile.Sui livelli della vigilia lo spread, che si mantiene a +127 punti base, con il rendimento del BTP decennale che si posiziona al 3,79%.Tra le principali Borse europee si muove in modesto rialzo Francoforte, evidenziando un incremento dello 0,70%, bilancio positivo per Londra, che vanta un progresso dello 0,38%, e sostanzialmente tonico Parigi, che registra una plusvalenza dello 0,55%.Seduta in lieve rialzo per Piazza Affari, con il FTSE MIB, che avanza a 34.689 punti; sulla stessa linea, il FTSE Italia All-Share fa un piccolo salto in avanti dello 0,52%, portandosi a 36.921 punti. Leggermente positivo il FTSE Italia Mid Cap (+0,39%); sulla stessa tendenza, in frazionale progresso il FTSE Italia Star (+0,47%).In cima alla classifica dei titoli più importanti di Milano, troviamo Iveco (+6,14%), Fineco (+2,50%), STMicroelectronics (+2,39%) e Campari (+1,65%).Le più forti vendite, invece, si manifestano su Poste Italiane, che prosegue le contrattazioni a -1,39%. Contrazione moderata per Mediobanca, che soffre un calo dell’1,08%. Sottotono ERG che mostra una limatura dello 0,92%. Deludente Nexi, che si adagia poco sotto i livelli della vigilia.In cima alla classifica dei titoli a media capitalizzazione di Milano, Technoprobe (+3,19%), LU-VE Group (+2,67%), MARR (+1,90%) e Reply (+1,76%).I più forti ribassi, invece, si verificano su Saras, che continua la seduta con -1,01%. Fiacca Ariston Holding, che mostra un piccolo decremento dello 0,84%. Discesa modesta per Anima Holding, che cede un piccolo -0,69%. Pensosa Digital Value, con un calo frazionale dello 0,64%. LEGGI TUTTO