Gennaio 2024

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    Pensioni, Calderone: armonizzare il sistema non è semplice, interventi già quest’anno

    (Teleborsa) – Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha dichiarato che per quel che riguardo le pensioni “armonizzare il sistema non è certamente semplice, soprattutto quando poi le risorse, così come è successo nel 2023 con la legge di Bilancio, sono scarse. Però il nostro obiettivo di legislatura è quello di rimettere mano con sapienza e con attenzione anche a quello che è il patto intergenerazionale che poi è alla base di un sistema efficiente”. Nel corso di una trasmissione su Sky Tg 24, Calderone ha aggiunto che qualche intervento ci sarà già nel 2024. Quanto alla possibilità che si andrà verso quota 41 per tutti, il ministro ha risposto: “noi valuteremo tutti gli interventi per mettere in protezione chi deve uscire dal lavoro in anticipo perché ha lavorato tanto e chi tra i giovani deve ancora costruire la propria posizione previdenziale anche guardando a quelle che saranno le modifiche per rendere più efficiente il secondo pilastro pensionistico che è quello della previdenza complementare”.Il ministro ha parlato anche della situazione all’Ex Ilva. Per Calderone una soluzione “responsabile” per la vicenda deve avere l’obiettivo prioritario di tutelare i lavoratori di tutti gli stabilimenti e di garantire la continuità aziendale. “Noi stiamo esaminando – ha spiegato – tutte le soluzioni possibili e ribadiamo che il nostro obiettivo è quello della continuità aziendale e del lavoro: tutelare la forza lavoro di tutti gli stabilimenti”. “Auspichiamo una soluzione responsabile e assolutamente concordata. Sono fiduciosa che si trovi una modalità per definire un percorso che in questo momento non ci vede più coinvolti nella prosecuzione di un rapporto con Mittal”, ha aggiunto. LEGGI TUTTO

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    EuroGroup Laminations, nuovo impianto in Messico per aumentare capacità EV

    (Teleborsa) – EuroGroup Laminations, società quotata su Euronext Milan e attiva nella progettazione e nella produzione di statori e rotori per motori e generatori elettrici, ha inaugurato un nuovo stabilimento produttivo a Querétaro, sede di Eurotranciatura Mexico, con un investimento complessivo da eseguire pari a circa 50 milioni di euro. Dopo l’investimento di startup per la produzione per il segmento EV nel 2016, la crescita sostenuta registrata nel mercato della e-mobility ha spinto il gruppo ad attivare un programma addizionale di sviluppo del sito: sono circa 10.000 i mq per il segmento EV & Automotive che vanno ad aggiungersi ai 21.000 mq già esistenti, con un ampliamento del 43% della superficie coperta.Questo passo segna il raddoppio della capacità produttiva installata per il segmento EV, si legge in una nota. Il nuovo sito di Querétaro va ad arricchire il parco produttivo di EuroGroup Laminations a livello globale, che risulta adesso composto da 13 stabilimenti, di cui sette in Italia e sei all’estero (due in Messico e Cina, uno negli Stati Uniti e uno in Tunisia).”Siamo orgogliosi di inaugurare il nuovo stabilimento messicano di Queretaro e di rafforzare così la nostra capacità produttiva per il mercato EV nordamericano per una rapida crescita a servizio di commesse già ricevute per oltre 3 miliardi e mezzo di euro da consegnare tra il 2024 e il 2028 – ha commentato il CEO Marco Arduini – Lavoriamo sulla base di un piano di crescita che ci permetterà di aumentare la produzione riducendo i tempi di fabbricazione”. LEGGI TUTTO

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    JPMorgan, utili in calo con contributo a fondo per i fallimenti della FDIC

    (Teleborsa) – JPMorgan Chase, una delle più grandi banche d’affari al mondo, ha riportato nel quarto trimestre del 2023 un utile netto di 9,3 miliardi di dollari (in diminuzione del 15%, o del 21% escludendo First Republic), o 3,04 dollari per azione, rispetto all’utile netto di 11 miliardi di dollari, o 3,57 dollari per azione, nel quarto trimestre del 2022.I ricavi netti sono stati di 39,9 miliardi di dollari, in crescita del 12%, o del 7% escludendo First Republic. Il reddito da interessi netti (NII) è stato di 24,2 miliardi di dollari, in crescita del 19%. Il NII escluso Markets è stato di 23,6 miliardi di dollari, in crescita del 18%, guidato da tassi più alti e saldi rotativi più elevati nei servizi di carte, parzialmente compensati da saldi di deposito inferiori.L’accantonamento per perdite su crediti è stato di 2,8 miliardi di dollari, riflettendo net charge-offs di 2,2 miliardi di dollari e un a crescita delle riserve nette di 598 milioni di dollari.”Abbiamo chiuso l’anno con un trimestre solido, producendo un utile netto di 9,3 miliardi di dollari, ovvero 12,1 miliardi di dollari escludendo l’onere speciale della FDIC e le perdite sui titoli discrezionali – ha commentato il CEO Jamie Dimon – I nostri risultati record nel 2023 riflettono guadagni eccessivi sia sul NII che sul credito, ma rimaniamo fiduciosi nella nostra capacità di continuare a fornire rendimenti molto solidi anche dopo la loro normalizzazione”.”L’economia statunitense continua a mostrare resilienza, con i consumatori che continuano a spendere e i mercati attualmente si aspettano un atterraggio morbido – ha spiegato – È importante notare che l’economia è alimentata da grandi quantità di spesa pubblica in deficit e dagli stimoli passati. Vi è inoltre la continua necessità di aumentare la spesa a causa dell’economia green, della ristrutturazione delle catene di approvvigionamento globali, dell’aumento della spesa militare e dell’aumento dei costi sanitari. Ciò potrebbe portare l’inflazione a essere più vischiosa e i tassi a essere più alti di quanto previsto dai mercati. Oltre a ciò, ci sono una serie di rischi al ribasso da tenere d’occhio. L’inasprimento quantitativo sta prosciugando oltre 900 miliardi di dollari di liquidità ogni anno dal sistema, e non abbiamo mai assistito ad un ciclo completo di inasprimento. E le guerre in corso in Ucraina e in Medio Oriente hanno il potenziale di perturbare i mercati energetici e alimentari, le migrazioni e le relazioni militari ed economiche”.L’utile netto di Corporate & Investment Bank (CIB) è stato di 2,5 miliardi di dollari, in calo del 24%, con un fatturato netto di 11 miliardi di dollari, in aumento del 3%. L’utile netto di Asset & Wealth Management (AWM) è stato di 1,2 miliardi di dollari, in aumento del 7%, o in calo del 18% escludendo First Republic. I ricavi netti sono stati di 5,1 miliardi di dollari, in crescita dell’11%, o del 2% escludendo First Republic. LEGGI TUTTO

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    Mercati europei positivi, petrolio schizza in alto con tensioni in Medioriente

    (Teleborsa) – Giornata positiva per le Borse europee, nonostante l’acuirsi delle tensioni in Medioriente, che fanno schizzare il prezzo del petrolio. Nella notte gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno colpito obiettivi militari Houthi nello Yemen, in risposta agli attacchi effettuati ad imbarcazioni commerciali nel Mar Rosso dal gruppo militante sostenuto dall’Iran. L’attenzione è anche rivolta alle indicazioni provenienti dalle trimestrali societarie, con i primi importanti gruppi finanziari statunitensi che hanno rilasciato in queste ore i propri risultati (JPMorgan, BofA, Citigroup, Wells Fargo).Sessione debole per l’Euro / Dollaro USA, che scambia con un calo dello 0,27%. L’Oro, in aumento (+0,99%), raggiunge 2.049,4 dollari l’oncia. Forte rialzo per il petrolio (Light Sweet Crude Oil), che mette a segno un guadagno del 3,36%.Invariato lo spread, che si posiziona a +159 punti base, con il rendimento del BTP decennale che si attesta al 3,77%.Nello scenario borsistico europeo sostanzialmente tonico Francoforte, che registra una plusvalenza dello 0,56%, guadagno moderato per Londra, che avanza dello 0,68%, e bilancio decisamente positivo per Parigi, che vanta un progresso dello 0,75%.Piazza Affari continua la seduta con un guadagno frazionale sul FTSE MIB dello 0,57%; sulla stessa linea, lieve aumento per il FTSE Italia All-Share, che si porta a 32.527 punti. Sale il FTSE Italia Mid Cap (+0,8%); come pure, positivo il FTSE Italia Star (+1,15%).In cima alla classifica dei titoli più importanti di Milano, troviamo Saipem (+2,84%), Recordati (+2,48%), Terna (+2,36%) e Prysmian (+2,31%).I più forti ribassi, invece, si verificano su Stellantis, che continua la seduta con -0,66%. Piccola perdita per Banco BPM, che scambia con un -0,54%.Tra i protagonisti del FTSE MidCap, Pharmanutra (+5,67%), Fincantieri (+5,34%), GVS (+4,40%) e D’Amico (+2,85%).I più forti ribassi, invece, si verificano su Industrie De Nora, che continua la seduta con -2,33%. Tentenna Tod’s, che cede l’1,16%. Sostanzialmente debole LU-VE Group, che registra una flessione dello 0,89%. Si muove sotto la parità Intercos, evidenziando un decremento dello 0,56%. LEGGI TUTTO

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    Fisco, Sant’Anna-Bicocca: per 5% più ricco aliquota inferiore al restante 95%

    (Teleborsa) – Le disuguaglianze dei redditi italiani sono cresciute a favore dell’1% più ricco che, in proporzione, paga meno tasse rispetto al restante 99% dei contribuenti. Nel suo complesso, il sistema fiscale italiano appare “blandamente progressivo” e “diventa addirittura regressivo” per il 5% degli italiani più abbienti, che pagano un’aliquota effettiva inferiore al 95% dei contribuenti. È quanto emerge da uno studio congiunto di Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Università di Milano-Bicocca, pubblicato dalla rivista scientifica Journal of the European Economic Association.Secondo lo studio emergono, inoltre, importanti differenze in relazione alla tipologia di reddito prevalente: sono i lavoratori dipendenti a pagare più imposte, seguiti dai lavoratori autonomi, dai pensionati e, infine, da chi percepisce soprattutto rendite finanziarie e locazioni immobiliari. “Questo lavoro – commenta Demetrio Guzzardi, autore dello studio e ricercatore in Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – combina diverse fonti di dati, quali dichiarazioni dei redditi, indagini campionarie di Istat e Banca d’Italia, stime sulla distribuzione del patrimonio netto, per distribuire a livello individuale l’intero ‘reddito nazionale netto’, corretto per l’evasione fiscale. Così è stato possibile identificare le fasce di reddito che hanno perso di più negli ultimi anni”. Ricercatrici e ricercatori hanno infatti stimato che dal 2004 al 2015, mentre il reddito nazionale reale si riduceva del 15%, il 50% più povero degli italiani subiva la maggiore perdita con un calo di circa il 30%. All’interno del 50% piu’ povero, ad essere più colpiti sono giovani tra i 18 e i 35 anni, che hanno perso circa il 42% del loro reddito. La disuguaglianza di genere risulta significativa per ogni classe di reddito e raggiunge valori estremi nell’1% più ricco della distribuzione, dove le donne guadagnano circa la metà degli uomini.Il 50% più povero degli italiani maggiorenni detiene meno del 17% del reddito nazionale e vive con meno di 13 mila euro all’anno. “L’1% più ricco del Paese – sottolinea Elisa Palagi, autrice dello studio e ricercatrice di Economia alla Scuola Superiore Sant’Anna – detiene circa il 12% del reddito nazionale, cioè una media di 310 mila euro all’anno, ottenuti soprattutto da redditi finanziari, profitti societari e redditi da lavoro autonomo, in gran parte derivante dal ruolo di amministratori societari. Solo una ridottissima parte dei redditi dei più ricchi è ottenuta grazie ai redditi da lavoro dipendente”. In particolare, i 50mila italiani che compongono lo 0,1% più ricco del Paese detengono il 4,5% del reddito nazionale con entrate medie superiori al milione di euro annuo, cifra che potrebbe essere raggiunta dal 50% più povero soltanto risparmiando l’intero reddito per 76 anni. Paragonando le stime ottenute da ricerche analoghe condotte per Stati Uniti e Francia, lo studio ha riscontrato che l’Italia presenta un livello di concentrazione dei redditi simile a quello della Francia, a loro volta paesi lontani dall’estrema concentrazione osservata negli Stati Uniti. Desta preoccupazione il trend in diminuzione della quota di reddito detenuta dalle fasce di reddito meno abbienti. “A differenza della situazione in Francia, dove le fasce più deboli hanno visto un modesto aumento della loro quota di reddito – afferma Alessandro Santoro, autore dello studio e pro-rettore al Bilancio dell’Università di Milano-Bicocca – in Italia si osserva l’opposto, con le fasce più povere che diventano sempre più svantaggiate”. Oltre a distribuire l’intero reddito nazionale, lo studio distribuisce a livello individuale anche l’ammontare delle tasse e imposte raccolte dallo Stato (Irpef, Irap, Imu, imposte sugli interessi, dividendi e tutte le transazioni finanziarie, imposte sui consumi, contributi sociali, oltre ad ulteriori imposte minori). “In questo modo – commenta Andrea Roventini, autore dello studio, direttore dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna – abbiamo dimostrato che l’intero sistema fiscale italiano è solo blandamente progressivo per il 95% più basso della distribuzione del reddito, con un’imposizione fiscale che sale dal 40% al 50%. Il sistema diventa addirittura regressivo per il 5% dei contribuenti più ricchi con un’aliquota effettiva che scende fino al 36% per chi guadagna oltre i 500 mila euro annui. Il sistema fiscale è addirittura sempre regressivo se si considera la distribuzione del patrimonio invece che quella del reddito”.La minore incidenza fiscale per i redditi più elevati è spiegata principalmente da fattori come l’effettiva regressività dell’Iva (che grava meno sui cittadini abbienti che risparmiano di più; dal minor peso dei contributi sociali per i redditi superiori ai 100 mila euro; dalla maggiore rilevanza per i contribuenti più ricchi delle rendite finanziarie e dei redditi da locazioni immobiliari, tassati con un’aliquota del 12% o del 26%. In conclusione, lo studio ha messo in luce la “necessità di avviare una profonda e seria discussione sullo stato attuale del sistema fiscale italiano”. L’evidenza di una regressività che favorisce solo le fasce di reddito più elevate – secondo autrici e autori dello studio – sottolinea l’urgenza di riforme mirate che non penalizzino i redditi più bassi, ma mirino a correggere gli squilibri presenti riducendo le disuguaglianze e promuovendo una distribuzione del carico fiscale in modo proporzionato. “L’avvio di questo dibattito – evidenzia lo studio – rappresenta un passo cruciale verso un sistema fiscale italiano più giusto e inclusivo, capace di sostenere una crescita economica sostenibile e di garantire benefici tangibili per l’intera società”. LEGGI TUTTO

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    Bank of America, utili in calo per oneri speciali da 3,7 miliardi di dollari

    (Teleborsa) – Bank of America ha chiuso il quarto trimestre del 2023 con un utile netto di 3,1 miliardi di dollari, ovvero 0,35 dollari per azione, rispetto ai 7,1 miliardi di dollari, o 0,85 dollari per azione del quarto trimestre del 2022. I ricavi, al netto degli interessi passivi, sono diminuiti del 10% a 22 miliardi di dollari.Il margine di interesse netto (NII) è sceso del 5%, a 13,9 miliardi di dollari, poiché i costi di deposito più elevati e i saldi dei depositi più bassi hanno più che compensato i rendimenti più elevati.”Abbiamo riportato solidi risultati nel quarto trimestre e nell’intero anno poiché tutte le nostre attività hanno raggiunto una forte crescita organica, con un’attività record dei clienti e un coinvolgimento digitale – ha commentato il CEO Brian Moynihan – Questa attività ha portato a una buona domanda di prestiti e a una crescita dei depositi nel trimestre e a un utile netto per l’intero anno pari a 26,5 miliardi di dollari”.La banca ha registrato accantonamenti per perdite su crediti per 1,1 miliardi di dollari, in aumento di 12 milioni di dollari rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso. I risultati hanno incluso anche un onere speciale di 2,1 miliardi di dollari addebitato dalla Federal Deposit Insurance Corporation (legato ai fallimenti di Silicon Valley Bank e Signature Bank).Inoltre, ha registrato un onere di 1,6 miliardi di dollari relativo agli swap sui tassi di interesse utilizzati nelle coperture dei flussi di cassa di alcuni prestiti indicizzati al Bloomberg Short-Term Bank Yield Index (BSBY) dopo l’annuncio che BSBY cesserà definitivamente a partire dal 15 novembre 2024. LEGGI TUTTO

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    Euronext Growth Milan: MIT SIM leader per mandati Specialist, Integrae SIM per EGA

    (Teleborsa) – Il mercato Euronext Growth Milan (EGM) di Borsa Italiana, dedicato alle PMI ad alto potenziale di crescita, è stato quello che ha sostenuto il numero di società quotate a Piazza Affari negli ultimi anni, in mezzo a numerosi delisting di grandi gruppi e mid cap dal listino principale. Sono oggi 429 le società quotate sui mercati di Borsa Italiana, secondo dati forniti dal gestore della piazza milanese a fine anno, con 225 aziende sul mercato principale Euronext Milan (di cui 72 sul segmento STAR), 1 strumento FIA sul mercato MIV e 203 su EGM. A un aumento del numero di piccoli emittenti si è accompagnata una crescita dell’ecosistema di consulenti e advisor, con l’emergere di una serie di soggetti specializzati nell’assistere le PMI quotate.Per quanto riguarda la figura dello specialista (o specialist), ovvero l’operatore che si impegna a sostenere la liquidità del titolo, la leadership nel mercato EGM appartiene a MIT SIM, con 71 mandati e il 37,4% di quota di mercato, secondo elaborazioni della stessa MIT SIM su dati di Borsa Italiana aggiornati all’11 gennaio 2024. Seguono Integrae SIM, con 43 mandati e una quota di mercato del 22,6%, e Banca Finnat, con 17 mandati e una quota di mercato dell’8,9%. Più indietro Intesa Sanpaolo (15 e 7,9%), Banca Profilo (11 e 5,8%), CFO SIM (9 e 4,7%), Equita SIM (8 e 4,2%), Banco BPM (7 e 3,7%), BPER Banca (4 e 2,1%) e Intermonte SIM (2 e 1,1%). Un mandato a testa per Stifel, Mediobanca e Banca Investis.L’altra figura fondamentale è quella dell’Euronext Growth Advisor (EGA), che valuta l’appropriatezza della società ai fini dell’ammissione al mercato, la supporta nel mantenere un profilo adeguato di trasparenza informativa nei confronti degli investitori, e stimola l’attenzione da parte della società al rispetto delle regole derivanti dall’essere quotata. Qui in testa alla classifica c’è Integrae SIM, con 57 mandati e una quota di mercato del 27,5%, seguita da Envent Italia SIM, con 36 mandati e una quota di mercato del 17,4%, MIT SIM e Banca Finnat, entrambe con 15 mandati e una quota di mercato del 7,2%. Appena sotto Banca Profilo e CFO SIM (entrambe 14 e 6,8%), poi seguono Alantra (12 e 5,8%), Equita SIM (9 e 4,3%), illimity Bank (8 e 3,9%), BPER Banca (7 e 3,4%) e Intesa Sanpaolo (4 e 1,9%).Marginali i ruoli di Banca Akros (3 mandati), Baldi Finance (3), Banca Mediolanum (3) e con 1 mandato a testa UBS, MPS, Stifel, Intermonte SIM, UniCredit, Banca Investis e Invest Italiy SIM. LEGGI TUTTO

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    BlackRock acquista Global Infrastructure Partners per 12,5 miliardi di dollari

    (Teleborsa) – BlackRock, il più grande asset manager al mondo, e Global Infrastructure Partners (GIP), uno dei principali gestori indipendenti di fondi infrastrutturali, hanno stipulato un accordo per l’acquisizione di GIP da parte di BlackRock per un corrispettivo totale di 3 miliardi di dollari in contanti e circa 12 milioni di azioni delle azioni ordinarie di BlackRock (valutate 9,5 miliardi di dollari in totale in base alla chiusura di ieri a 792 dollari per azione).Fondata nel 2006, GIP, investitore indipendente leader a livello mondiale nel settore delle infrastrutture, gestisce oltre 100 miliardi di dollari in asset dei clienti in azioni e debito infrastrutturali, con particolare attenzione ai settori dell’energia, dei trasporti, dell’acqua e dei rifiuti e del digitale.Il patrimonio gestito di oltre 50 miliardi di dollari dai clienti infrastrutturali di BlackRock comprende capitale, debito e soluzioni infrastrutturali ed è cresciuto sia in modo organico che inorganico sin dal suo inizio nel 2011. La combinazione di GIP con le offerte infrastrutturali altamente complementari di BlackRock crea un franchising infrastrutturale globale completo con capacità differenziate di creazione e gestione delle risorse. L’attività combinata di oltre 150 miliardi di dollari cercherà di fornire ai clienti competenze infrastrutturali olistiche e leader di mercato in termini di azioni, debito e soluzioni su vasta scala.”Le infrastrutture rappresentano una delle opportunità di investimento a lungo termine più interessanti, poiché una serie di cambiamenti strutturali rimodellano l’economia globale – ha affermato Laurence Fink, Presidente e CEO di BlackRock – Riteniamo che l’espansione delle infrastrutture fisiche e digitali continuerà ad accelerare, poiché i governi danno priorità all’autosufficienza e alla sicurezza attraverso una maggiore capacità industriale nazionale, l’indipendenza energetica e l’onshoring o il quasi-shoring dei settori critici”. LEGGI TUTTO