(Teleborsa) – Mentre in Italia, dopo l’approvazione del decreto Omnibus Asset/investimenti, prosegue il dibattito sulla tassa sugli extraprofitti delle banche, in alcuni paesi europei la tassa è già realtà. La Spagna è stata la prima a chiedere alle banche e alle utilities di fare la loro parte introducendo una tassa sugli extraprofitti con l’obiettivo raccogliere 3 miliardi di euro entro il 2024. Sostenendo che l’aumento dei tassi di interesse aveva portato a profitti straordinari per il settore il governo spagnolo a guida socialista ha imposto per due anni un’imposta del 4,8% sul reddito delle banche da interessi e commissioni. A febbraio è stata pagata la prima tranche e le grandi banche spagnole hanno finora pagato 637,1 milioni di euro (complessivamente il Governo di Sanchez ha raccolto 1,45 miliardi di euro). Il ministero delle Finanze spagnolo ha previsto che l’incasso annuale delle due imposte temporanee (applicabili nel 2023 e 2024) supererà i 2,9 miliardi di euro, tassando rispettivamente il margine di intermediazione e il reddito da attività non regolamentate in Spagna.
La tassa sugli extra profitti in Spagna è volta a finanziare i contributi statali a famiglie e imprese ma la misura non è stata accolta favorevolmente da alcuni istituti tra cui Bankinter e Abanca che hanno minacciato di ricorrere alla Corte Costituzionale. A Caixa Bank l’imposta è costata 373 milioni di euro, pari al 44% dell’utile netto di 855 milioni di euro registrato nel primo trimestre. Per Sabadell, che possiede la banca britannica Tsb ma ha la maggior parte delle sue attività in Spagna, l’esborso è stato di 157 milioni di euro, pari al 77% dell’utile del primo trimestre. Al Banco Santander, che ha a operazioni internazionali molto più ampie, la prima tranche è costata quasi il 10% dei profitti del primo trimestre. “Siamo sempre felici di pagare la nostra giusta quota di tasse, ma devono essere applicate a tutti i settori, non solo alle banche” aveva dichiarato al FT il chief financial officer José Garcia Cantera.
Risale, invece, allo scorso novembre in Repubblica Ceca l’approvazione da parte della Camera bassa del Parlamento di una tassa del 60% sui profitti delle banche che superano il 120% del fatturato medio annuo tra il 2018 e il 2021. L’obiettivo è raccogliere circa 3,5 miliardi di euro per finanziare gli aiuti alle famiglie e alle imprese colpite dall’impennata dei prezzi di elettricità e gas.
Per il biennio 2023-2024 la Lituania lo scorso maggio ha approvato un’imposta pari al 60% sulla parte del reddito netto da interessi bancari che supera del 50% la media dei quattro anni precedenti. Il Paese punta a raccogliere 410 milioni di euro per potenziare le forze armate.
Una modifica delle imposte sugli extraprofitti nei settori chiave dell’economia è stata introdotta a giugno in Ungheria. Le banche possono ridurre fino al 50% il peso delle imposte nel 2024 se aumentano gli acquisti di titoli di Stato domestici.È stata, inoltre, introdotta una nuova “tassa sociale” del 13% su alcuni tipi di investimenti, tra cui anche i guadagni sui tassi di interesse dei depositi bancari.
In Svezia il governo ha introdotto a gennaio una “tassa sul rischio” per gli istituti con passività legate alle operazioni domestiche superiori a 150 miliardi di corone svedesi (14,1 miliardi di dollari). I soldi incassati serviranno a rafforzare le finanze pubbliche e creare spazio per coprire i costi di un’eventuale crisi finanziaria. L’imposta è pari allo 0,05% delle passività nel 2022 e sale allo 0,06% nel 2023. Stoccolma prevede di raccogliere 6 miliardi di corone svedesi all’anno.
Guardando sempre all’Europa, l’ipotesi è sul tavolo anche in altri Paesi. Nel Regno Unito l’ipotesi di una tassa sugli extra profitti è allo studio dopo che le banche sono state accusate di “affarismo” e lo scorso mese, il regolatore finanziario ha chiesto alle banche di accelerare gli sforzi per migliorare l’accesso alle loro migliori tariffe di risparmio.
In Belgio l’iniziativa lanciata in Italia per la tassazione degli extraprofitti delle banche divide la coalizione che sostiene il governo. All’interno della maggioranza cosiddetta Vivaldi, secondo quanto si legge oggi sulla stampa locale, la misura piace alla sinistra del Ps e agli ecologisti di Ecolo, viene bocciata dai liberali francofoni del MR mentre i democratici-cristiani del Cd&v e liberali fiamminghi (Open Vdl), evitano ogni commento. Intanto la Federazione bancaria nazionale (Febelfin) prende le distanze dal progetto giudicando “ingannevole” l’idea che le banche, avendo realizzato di utili miliardari, possano contribuire più di altri ad alleviare le difficoltà della finanza pubblica nazionale. Il Belgio, come tanti altri Paesi Ue, ha introdotto una tassa sugli extraprofitti generati dalle imprese del settore energetico in seguito alla guerra in Ucraina, ma finora non ha affrontato la questione di un analogo intervento sulle banche. Cosa che dovrebbe avvenire alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva quando si prevede saranno discusse alcune proposte presentate a questo proposito dai socialisti e dagli ecologisti.
La tassa sugli extraprofitti bancari introdotta in Italia dal governo di Giorgia Meloni fa discutere anche in Svizzera. Secondo il portale di informazione finanziaria Finews, nella prima parte dell’anno i ricavi da operazioni su interesse realizzati dagli istituti di credito elvetici attivi nei settori tradizionali si sono talvolta moltiplicati per quattro nel confronto con lo stesso periodo del 2022, sulla scia dell’aumento dei tassi d’interesse. Inoltre la Banca nazionale svizzera (Bns) ha versato 3,3 miliardi di interessi alle banche sui loro conti giro nel periodo gennaio-giugno. In tale scenario torna sul tavolo l’ipotesi di un’imposta speciale sugli utili in Svizzera, già oggetto di un acceso dibattito lo scorso autunno in relazione agli enormi profitti del settore energetico, che poco prima aveva peraltro fatto ricorso al sostegno dello stato. Secondo l’Associazione svizzera dei banchieri (Asb) le cosiddette “windfall taxes” (imposte sui guadagni inaspettati) sono generalmente poco sensate. “Per le aziende interessate, esse comportano una notevole incertezza giuridica e di pianificazione e peggiorano l’attrattiva di una piazza economica”, ha detto l’organismo a Finews.ch. Inoltre, i profitti derivanti dall’attività su interesse sono già gravati dalle consuete imposte sugli utili, sottolinea l’Asb.