(Teleborsa) – Dopo una prima parte dell’anno fortemente negativa, con riflessi pesanti sulla liquidità delle small-cap italiane quotate in Borsa, i Piani individuali di risparmio (PIR) dovrebbero registrare una stabilizzazione dei flussi verso fine 2023, che porterà l’anno a chiudere con deflussi per circa 1,2 miliardi di euro. Nel periodo 202-25 si dovrebbe invece osservare circa 1 miliardo di euro di raccolta netta per i PIR ordinari, mentre per i PIR alternativi si possono raggiungere 10-15 miliardi di AUM in 5 anni (rispetto agli attuali 2,5 miliardi). Sono le stime contenute nel PIR Monitor di , investment bank indipendente quotata su Euronext STAR Milan, a cura del co-head Ufficio Studi Luigi De Bellis.
Durante il primo trimestre del 2023 i PIR ordinari hanno registrato deflussi per -779 milioni di euro e un trend negativo anche in aprile (-144 milioni di euro, portando il saldo complessivo YTD ad aprile a -923 milioni di euro (nel 2022 -734 milioni di euro). “Riteniamo che il trend negativo sia legato alle continue incertezze geopolitiche, politiche monetarie restrittive banche centrali, volatilità sui mercati, riduzione propensione al rischio che da un lato non hanno spinto verso nuove sottoscrizioni e dall’altro hanno portato a prese di profitto su strumenti che avevano registrato complessivamente buone performance su un orizzonte di 5 anni (da inizio 2017 FTSE Italia Small Cap +68%, FTSE Mid-cap +58%, FTSE Italia STAR +100%, EGM +24%) usufruendo dell’agevolazione fiscale prevista per questa tipologia di prodotti: dopo 5 anni l’esenzione del 100% dalla tassazione sugli utili e del 100% delle imposte di successione”, si legge nel rapporto.
Sui PIR alternativi, invece, i flussi sono stati decisamente più resilienti. Secondo i dati di Assogestioni, la raccolta netta dei PIR alternativi nel 1Q23 è stata positiva per +58,2 milioni di euro, dopo i +242 milioni di euro dell’intero anno 2022. Gli AUM totali, promossi da 14 fondi, ammontano a 1,51 miliardi di euro, con un aumento del +4% rispetto al trimestre precedente (e stimiamo che gli AUM superino i 3,1 miliardi considerando anche i fondi non inclusi nei dati di Assogestioni).
Secondo Equita, la liquidità rimane una problematica significativa per molte small-cap italiane (da inizio anno -32,5% per gli indici FTSE Mid e Small Cap), soprattutto considerando i deflussi dai fondi PIR, che in media rappresentano il 10% del flottante. “Ad oggi manca una spinta da parte del canale bancario tradizionale, mentre è soprattutto tramite le reti di promotori che questi prodotti vengono proposti ai clienti”, viene evidenziato.
Nel documento viene ricordato che il disegno di legge (Ddl) sulla competitività dei capitali, insieme al regolamento sugli investimenti delle casse e degli enti di previdenza, unitamente alle proposte contenute nell’Eu Listing Act, stanno cercando di intervenire per migliorare il mercato dei capitali. Secondo Equita, tuttavia, “è necessario fare di più” e affrontare i due grandi punti di fragilità che sono la carenza di investitori istituzionali domestici e di intermediari, anche perchè oggi pochissimi operatori fanno ricerca.
Secondo la principale investment bank indipendente italiana: (1) bisogna rivitalizzare il progetto dei PIR che ha avuto un grade successo, promuovere nuovi strumenti di incentivazione per lo strumento e coinvolgere le risorse di assicurazioni, banche, fondazioni, fondi pensioni ed enti previdenziali (per un totale di circa 200 miliardi di asset totali) in modo da creare una base solida di investitori istituzionali domestici; (2) servono incentivi fiscali per supportare la ricerca azionaria e obbligazionaria; (3) gli investitori istituzionali esteri rappresentano oltre il 90% della capitalizzazione del mercato, e questo è un elemento di debolezza; (4) nei prossimi mesi/anni assisteremo ad una riduzione del credito bancario e quindi sarà importante avere un canale di finanziamento alternativo per le PMI italiane.
(Foto: Towfiqu barbhuiya on Unsplash)