(Teleborsa) – No ai privilegi ed alle rendite pensionistiche degli anni ’70, si alla lotta contro il precariato ed i salari da fame, che condizionano oggi il futuro pensionistico di domani. E’ questa la sintesi del pensiero di Pasquale Tridico in merito a due temi importantissimi come il lavoro e la pensione, esplicitati nel saggio “Il lavoro di oggi, la pensione di domani. Perché il futuro del Paese passa dall’INPS”, scritto a quattro mani con il giornalista del Corriere della Sera Enrico Marro.
Secondo il Presidente dell’INPS, la precarietà ed i bassi salari sono due piaghe da combattere, perché colpiscono soprattutto i giovani e ne determinano il loro futuro previdenziale, in base all’equazione che associa un lavoro povero ad una pensione povera. E’ qundi necessario puntare su un miglioramento della quantità e la qualità dell’occupazione, per evitare un domani di avere pensioni povere e una massa di anziani da assistere.
Il Presidente dell’Istituto di previdenza si spinge anche ad ipotizzare che, con un salario minimo di 9 euro lordi, il rateo pensionistico di ognuno potrebbe essere il 10% più alto e non sarebbe comunque una pensione alta, perché per 30 anni di lavoro, l’assegno ammonterebbe a 750 euro, mentre bisognerebbe lavorare 40 anni a 9 euro l’ora per avere una pensione di 1-200-1.300 euro netti al mese.
Per Tridico, oggi paghiamo ancora il prezzo delle pensioni baby distribuite negli anni ’70 e ’80. In Italia vi sono oggi circa 256mila pensionati baby con una spesa complessiva che si aggira sui 102 miliardi e sale a 130 miliardi aggiungendo gli assegni nel frattempo “eliminati”. Infatti, l‘INPS eroga circa 185mila pensioni baby per una spesa annuale di 2,9 miliardi, di cui 149mila pagate alle donne, che mediamente usufruiscono di questo trattamento da 36 anni.
Tridico ha affrontato anche il capitolo lavoro e politiche attive, affermando che “il nostro Paese produce troppi pochi posti di lavoro. Non è un problema di rigidità, di ragazzi che non hanno voglia di lavorare, di sussidi che fanno stare sul divano. Da 30 anni il tasso di occupazione è al 59% pari a 23 milioni di persone”. La naturale conseguenza di questo contesto è che “non bisogna pensare che basti una riforma” del mercato del lavoro, perché “servono investimenti”.
Fornendo un assist al RdC, il Presidente dell’INPS afferma che “non si crea lavoro togliendo i sussidi, che fanno probabilmente concorrenza al lavoro nero”, ma occorre uno “sforzo” sulle politiche attive, anche al Sud dove vi sono tassi di occupazione da Paesi in via di sviluppo (30% contro il 70% del Nord).