(Teleborsa) – “I mercati del lavoro hanno dato prova di una notevole resilienza nell’ultimo anno e restano tonici, malgrado l’elevata inflazione e l’aumento del costo della vita abbiano eroso i redditi reali. L’accelerazione recente degli sviluppi e degli strumenti legati all’Intelligenza Artificiale (AI) segna una svolta tecnologica, con implicazioni concrete su numerosi quadri di lavoro. È assolutamente necessario riflettere a delle cornici politiche di lungo termine per l’uso dell’Ia sul luogo di lavoro e continuare ad incoraggiare la cooperazione internazionale per massimizzare i vantaggi gestendo nel contempo i rischi in modo appropriato”. È quanto ha detto il segretario generale dell’Ocse, Mathias Corman, nel giorno della presentazione a Parigi delle Prospettive dell’Occupazione Ocse 2023.
Dopo la stabilizzazione avvenuta nella seconda metà dello scorso anno, l’occupazione nell’area Ocse ha registrato una lieve ripresa nei primi mesi del 2023. A maggio 2023, l’occupazione – si legge nel rapporto – era circa il 3% in più rispetto a dicembre 2019. I tassi di disoccupazione in tutta l’Ocse sono rimasti per lo più al di sotto dei livelli pre-crisi. La recente ripresa della crescita ha portato a un miglioramento delle proiezioni economiche per il prossimo futuro, ma è probabile che la crescita del PIL rimanga contenuta nel 2023 e nel 2024. Nello stesso periodo di tempo, si prevede che l’occupazione a livello Ocse continui a espandersi e che il tasso di disoccupazione aumenti leggermente. I tassi di inattività sono diminuiti rispetto al periodo precedente la pandemia nella maggior parte dei Paesi. Il mercato del lavoro, nel complesso, rimane rigido anche se le pressioni si stanno allentando. La rigidità del mercato del lavoro (ovvero il numero di posti vacanti per disoccupato) si è attenuata nella seconda metà del 2022, ma è rimasta ben al di sopra dei livelli pre-crisi. I dati sugli annunci di lavoro online per paesi selezionati suggeriscono che la domanda di lavoro ha continuato ad attenuarsi nel primo semestre del 2023. In un contesto di mercato del lavoro rigido, la crescita dei salari nominali è aumentata e sono migliorati alcuni aspetti non monetari della qualità del lavoro. Nel I trimestre del 2023, la crescita dei salari nominali su base annua ha superato il livello pre-crisi in quasi tutti i Paesi, raggiungendo in media il 5,6%.
“L’aggressione russa contro l’Ucraina – sottolinea l’Ocse nel rapporto – ha contribuito a un’impennata dell’inflazione, che non è stata accompagnata da una corrispondente crescita dei salari nominali. Di conseguenza, i salari reali sono diminuiti praticamente in tutti i Paesi Ocse. In media, nel I trimestre 2023 i salari reali erano diminuiti del 3,8% rispetto all’anno precedente nei 34 Paesi Ocse in cui i dati sono disponibili. La perdita di potere d’acquisto – avverte l’Ocse – ha un impatto più forte sulle famiglie a basso reddito, che hanno una mi
In tale scenario l’Ocse assegna la maglia nera all’Italia. L’Italia è, infatti, il Paese che ha registrato il calo dei salari reali più forte tra le principali economie Ocse. Alla fine del 2022, i salari reali erano calati del 7,5% rispetto al periodo precedente la pandemia. Secondo le proiezioni Ocse, in Italia i salari nominali aumenteranno del 3,7% nel 2023 e del 3,5% nel 2024, mentre l’inflazione dovrebbe attestarsi al 6,4% nel 2023 e al 3% nel 2024. In Italia, i salari fissati dai contratti collettivi sono diminuiti in termini reali di oltre il 6% nel 2022. Si tratta di un calo particolarmente significativo se si considera che, a differenza di altri paesi, la contrattazione collettiva copre, in teoria, tutti i lavoratori dipendenti. L’indicizzazione dei contratti collettivi alle previsioni Istat dell’inflazione al netto dei beni energetici importati (Ipca-Nei), recentemente riviste significativatimente al rialzo, fa pensare che i minimi tabellari potranno recuperare parte del terreno perduto nei prossimi trimestri. Tuttavia, i significativi ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi (oltre il 50% dei lavoratori è coperto da un contratto scaduto da oltre due anni) rischiano – avverte l’Ocse – di prolungare la perdita di potere d’acquisto per molti lavoratori. nore capacità di far fronte all’aumento dei prezzi attraverso il risparmio o l’indebitamento”.
Sul fronte dell‘impatto dell’intelligenza artificiale l’Ocse rileva come “finora non ci siano elementi che lascino pensare a una riduzione della domanda di lavoro dovuta all’Intelligenza Artificiale (IA)”. “Le professioni altamente qualificate – prosegue l’Ocse – sono potenzialmente quelle più esposte ai recenti progressi dell’IA, ma al momento registrano un aumento dell’occupazione più forte rispetto ai lavori meno qualificati. Tuttavia, l’adozione dell’IA è ancora relativamente limitata e la tecnologia in continua evoluzione, a partire dai recenti progressi della cosidetta IA generativa. Eventuali effetti negativi sull’occupazione potrebbero quindi richiedere ancora tempo per concretizzarsi”. Per l’Ocse, almeno per il momento “l’IA sembra integrare, e non sostituire, le competenze delle professioni ad alta specializzazione, teoricamente più esposte ai nuovi sviluppi. Se si considerano tutte le tecnologie di automazione, compresa l’IA, le professioni a più alto rischio di automazione restano, infatti, quelle meno qualificate. Il 30,1% dei lavoratori in Italia è occupato in professioni a più alto rischio di automazione, rispetto a una media Ocse del 27%”.