(Teleborsa) – La Cgil conferma il giudizio negativo sulla manovra varata dal Governo e “a partire dall’andamento della consultazione straordinaria in corso” l’assemblea generale condivide la proposta avanzata nella relazione del segretario generale Maurizio Landini di “proseguire la mobilitazione nei luoghi di lavoro e nei territori”. L’assemblea ha dato mandato alla segreteria nazionale di “proclamare con tutte le categorie intere giornate di sciopero e organizzare manifestazioni in tutto il Paese a partire dal prossimo mese di novembre nelle forme e nelle modalità ritenute più opportune, incluso lo sciopero generale”. Il parlamentino della Cgil valuta “positivamente” la proposta avanzata dalla Uil di sostenere le rivendicazioni unitarie avanzate dalle organizzazioni sindacali al Governo e alle controparti datoriali avviando un percorso di mobilitazione comune con manifestazioni e ore di sciopero. “Pertanto sulla base del mandato ricevuto, la segreteria nazionale della Cgil confermerà alla Uil e alla Cisl la piena disponibilità ad incontrarsi per una valutazione comune sulla fase e definire un percorso di mobilitazione con assemblee, manifestazioni e giornate di sciopero di tutte le categorie fino allo sciopero generale”. È quanto si legge nell’ordine del giorno approvato dall’assemblea della Cgil.
“È una manovra sbagliata che non tutela i salari e non tutela le pensioni, che non introduce il salario minimo, che non combatte l’evasione fiscale, non tassa la rendita e i profitti, che taglia la sanità pubblica e la scuola – ha commentato il leader della Cgil, Maurizio Landini, al termine dell’assemblea generale della confederazione –. Dovevano cancellare la Fornero, peggiorano quella legge, in pensione non ci va più nessuno non cancella la precarietà che colpisce in particolare i giovani e le donne, quindi bisogna proprio proseguire la mobilitazione per cambiarla. Noi condividiamo la proposta avanzata ieri dalla Uil di scendere in piazza, di fare manifestazioni e di proclamare degli scioperi, questo è quello che siamo pronti a discutere. Per quanto ci riguarda siamo pronti ad arrivare anche allo sciopero generale”.
Dopo la manifestazione del 7 ottobre l’assemblea generale della Cgil considera “fondamentale” la campagna di assemblee e la consultazione straordinaria certificata che si sono svolte a partire da settembre e che “dovranno continuare nelle prossime settimane per proseguire la mobilitazione, fino allo sciopero generale“. Un percorso che conferma il mandato per definire le modalità delle prossime tappe, nel rapporto con Cisl e Uil, e per radicare ed estendere nei territori il rapporto con le associazioni. “Le nostre rivendicazioni – si legge – devono vivere anche nel confronto con le istituzioni a partire dai consigli comunali e regionali”.
Le scelte del Governo contenute nella manovra – rileva la Cgil – vanno nella “direzione sbagliata, producendo un aumento dei divari e delle disuguaglianze, e la mancanza di risposte alle tante emergenze sociali ed economiche del Paese, nell’immediato e nella prospettiva non potrà che aggravare la situazione. Inaccettabile l’utilizzo politico che si è deciso di fare del Cnel – sottolinea corso d’Italia – snaturandone la funzione di luogo di confronto terzo e arrivando, per la prima volta, a un voto a maggioranza come prima deliberazione della nuova consiliatura per sostenere le posizioni del Governo contro l’introduzione del salario minimo, disconoscendo, nei fatti, il principio di rappresentanza in perfetta coerenza con il metodo con cui l’esecutivo ha impostato il rapporto con le organizzazioni sindacali in tutti questi mesi, negando sistematicamente qualsiasi confronto negoziale e di merito, e procedendo sempre per atti unilaterali”. La Cgil “si impegna a rivendicare un minimo orario sotto il quale i contratti non possono andare e a proseguire, nei confronti delle controparti datoriali, una vertenza salariale, generale e coordinata, finalizzata al rinnovo dei contratti nazionali e alla reale difesa e aumento del potere di acquisto dei salari”.
Le misure annunciate per la prossima legge di bilancio “al di là della proroga della decontribuzione – che abbiamo rivendicato e cominciato a ottenere fin dal Governo Draghi, ma che si limita a confermare le buste paga che i redditi fino a 35mila stanno già percependo (altro che 100 euro medi in più come propagandato dalla presidente del consiglio) – e dell’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef che, oltre all’effetto regressivo e il finanziamento a tempo e in deficit, produrrà comunque benefici pressoché impercettibili, confermano una linea di politica economica assolutamente sbagliata e inadeguata”, aggiunge la Cgil. “Non trova, dunque, alcuna risposta la drammatica emergenza salariale che, a fronte di un’inflazione da profitti, persistente e oltre la media europea – prosegue l’odg – ha falcidiato il potere di acquisto di milioni di lavoratori e pensionati, che non sarà certo recuperato con il cosiddetto ‘trimestre tricolore’: serve aumentare i salari attraverso i rinnovi dei contratti nazionali pubblici e privati, aumentare le detrazioni ripristinando un meccanismo autentico di fiscal drag e tutelare pienamente il potere d’acquisto delle pensioni”.
Secondo la confederazione guidata da Maurizio Landini “gli stanziamenti previsti per il rinnovo dei contratti pubblici sono assolutamente insufficienti; non ci sono misure a sostegno dei rinnovi nei settori privati; continua il definanziamento, e quindi lo smantellamento con conseguente privatizzazione, del welfare pubblico, in particolare della sanità, e dell’istruzione, e mancano le risorse per finanziare un piano straordinario per l’occupazione nella P.A.; non si stanzia alcuna risorsa per attuare le leggi sulla non autosufficienza e la disabilità; si peggiora ulteriormente il sistema previdenziale, azzerando anche le già insufficienti forme di flessibilità in uscita, con il pieno ritorno, di fatto, alla legge Monti/Fornero e si continua a fare cassa sui pensionati limitando la perequazione; non si interviene sull’emergenza abitativa né sul versante dell’impennata che hanno avuto i mutui, né sul versante dell’incremento del costo degli affitti, né su piani di edilizia popolare; non c’è nulla sulla precarietà, che non solo non si contrasta, a partire da un piano di stabilizzazione nel settore pubblico, ma che anzi si punta, come dimostra l’ultimo decreto lavoro, ad allargare; non si pone rimedio alle storture del sistema degli appalti dopo la reintroduzione dell’appalto a cascata”. E nemmeno – rimarca corso d’Italia – si investe sul diritto allo studio e sul lavoro di qualità, “non si dà risposta al grave problema sociale del milione e settecentomila giovani che non lavorano e non studiano, e non si contrasta il fenomeno della fuga delle intelligenze; non si interviene per evitare la terribile strage sul lavoro a cui assistiamo quotidianamente; si continua ad affermare una visione della donna relegata ai compiti di madre e moglie: prevedere forme di sostegno solo alle donne con due figli è sbagliato e non produrrà effetti in termini di miglioramento della quantità e qualità dell’occupazione femminile, serve invece investire in maggiori servizi e contrastare precarietà, part time involontari e divario salariale”.
Inoltre – prosegue la Cgil – “il Mezzogiorno rischia di rimanere schiacciato tra l’autonomia differenziata, i tagli al Pnrr e le recenti scelte sulle politiche sociali e su quelle di coesione; si conferma una politica fiscale regressiva: dall’attacco al principio di progressività (flat tax e non solo) a un’evasione fiscale che, dopo i 14 condoni/sanatorie già deliberati nel solo primo anno di legislatura, si rischia addirittura di legalizzare attraverso strumenti come il concordato preventivo biennale; si tagliano gli investimenti e si conferma l’assenza di qualsiasi politica industriale in grado di risolvere le tante crisi aziendali aperte e di affrontare, a partire dalle risorse del Pnrr, le sfide epocali della transizione digitale/energetica e della conversione ecologica, garantendo crescita, lavoro di qualità, innovazione, redistribuzione del reddito e una chiara strategia di rilancio industriale del nostro Paese”.
In sostanza, per la Cgil, quella del Governo è una “manovra totalmente rinunciataria (l’impatto dichiarato sul PIL 2024 è pari allo 0,2%), insufficiente e all’insegna del ritorno all’austerità: non dà risposte alle tante emergenze del Paese aggravandole, non sostiene la crescita, anzi comprime la domanda interna: dai redditi fissi alla spesa pubblica, agli investimenti pubblici. L’ultima cosa di cui c’è bisogno in un contesto, difficile e pieno di incognite, che vede l’economia italiana, dopo la frenata del secondo trimestre, molto debole anche nel terzo e quarto, e con una prospettiva reale per il 2024 dello ‘zero virgola’, come previsto dalle principali agenzie nazionali e internazionali”.
La Cgil ritiene, infine, che “un’altra politica economica, fondata sulla leva redistributiva del fisco e sul rilancio degli investimenti, è non solo possibile, ma necessaria. Bisogna prendere le risorse dove sono: extraprofitti in tutti i settori, lotta all’evasione fiscale, allargamento della base imponibile Irpef, grandi patrimoni, rendite finanziarie e immobiliari, redditi alti”.