(Teleborsa) – Negli ultimi dieci anni, i conglomerati del lusso hanno sovraperformato i loro concorrenti monomarca sulla maggior parte delle metriche, ma ciò non ha interessato l’Italia, dove è assente un campione del lusso nazionale e i “gioielli” del paese sono spesso preda di acquisizioni da parte di gruppi stranieri. Le forti performance dei conglomerati e il fatto che diversi gruppi del lusso italiani a conduzione familiare si trovino in una fase di transizione potrebbero però portare a cambiamenti, anche se al momento non ci sono soggetti che hanno segnalato la volontà di essere aggregatori del settore. È quanto emerge da un report di BofA Global Research, che rilancia l’idea di un campione del lusso italiano, sottolineandone i potenziali benefici.
L’analisi parte dai risultati significativi raggiunti dai conglomerati del Vecchio Continente. Il report evidenzia che – presi insieme – “i ricavi di , e sono cresciuti due volte più velocemente, i margini sono aumentati di 10 punti percentuali in più e i prezzi delle azioni hanno sovraperformato di oltre il 200%“.
Secondo BofA, i gruppi del lusso multimarca tendono a beneficiare di molteplici vantaggi competitivi, ma sono tre quelli particolarmente rilevanti per i monomarca italiani: efficienze di costo; diversificazione del prodotto; quotazione e liquidità.
Con riguardo al primo aspetto, i gruppi più grandi possono ottenere migliori offerte per gli spazi pubblicitari e per i contratti dei negozi al dettaglio, attrarre e trattenere i talenti più facilmente e finanziare i loro marchi più piccoli o più deboli. Sul secondo fronte, unire le forze può aprire nuove regioni, attrarre nuovi clienti o ridurre la ciclicità del marchio. Infine, molti gruppi del lusso italiani mancano di flottanti ampi e liquidi, il che rende le loro azioni meno attraenti per gli investitori, mentre la fusione di gruppi quotati può risolvere questo problema senza che gli azionisti esistenti vendano la loro quota.
Storicamente, i marchi italiani sono stati obiettivi di M&A – Gucci, Fendi, Versace – non consolidatori. Tuttavia, ci sono segnali che alcuni gruppi italiani sono aperti a una crescita inorganica. Esempi recenti includono con Stone Island nel 2020, o con Thom Browne e Tom Ford Fashion nel 2018 e 2022. Inoltre, Prada ha preso grandi quote sia in Gucci che in Fendi nel 1998-99, prima di venderle a LVMH.
BofA sottolinea comunque che, sebbene i conglomerati tendano a ottenere risultati migliori, ora ci sono diversi esempi di successi “impressionanti” provenienti da aziende di beni di lusso monomarca: Moncler, Prada, , Zegna – e fuori dall’Italia, Chanel e .
Nel complesso, gli analisti ritengono che la crescita organica rimarrà, e dovrebbe, rimanere la priorità per questi gruppi italiani. Tuttavia, dato lo slancio molto forte del marchio e la performance finanziaria che alcuni gruppi italiani stanno attualmente sperimentando, e gli evidenti vantaggi che ne derivano i gruppi multimarca, “la crescita inorganica e le combinazioni potrebbero ora essere nuovamente prese in considerazione“.
“È anche interessante notare che diversi gruppi del lusso italiani a conduzione familiare si trovano in una fase di transizione gestionale, con una nuova generazione della famiglia che si assume responsabilità più importanti, il che potrebbe portare a cambiamenti nella strategia di crescita e nella cooperazione“, è la conclusione.