(Teleborsa) – “È presto per vedere una significativa ripartenza” della produzione industriale italiana, che “potrebbe essere rimandata alla seconda metà del 2024 in concomitanza con la ripresa del commercio mondiale”. Lo affermano gli economisti della Direzione Studi e Ricerche di , dopo che stamattina è emerso che la produzione industriale italiana è tornata a calare a ottobre 2023, sia pur meno di quanto atteso dal consenso, di -0,2% m/m.
Viene sottolineato che quindi l’interruzione della caduta vista nei mesi precedenti non era un segnale di svolta del ciclo. Se non altro però, l’industria sta frenando il PIL in minor misura di quanto accaduto nella maggior parte dell’ultimo anno. L’output risulta ora più basso di -3,6% rispetto a febbraio 2022 (prima della guerra in Ucraina) e di -1% rispetto a febbraio 2020 (prima dello shock pandemico).
Viene fatto notare che la dinamica settoriale mostra che permane un sostegno derivante dalla “normalizzazione” post-pandemica, di cui continuano a beneficiare farmaceutici e mezzi di trasporto, mentre i settori energivori sembrano soffrire di una perdita permanente di capacità produttiva a seguito della delocalizzazione delle parti più energy-intensive della catena del valore. D’altro canto, i comparti più orientati all’export soffrono della debolezza del commercio globale, che stenta a ripartire, e alcuni settori (quelli legati alla produzione di beni durevoli o di investimento) soffrono più di altri del calo di domanda dovuto al rialzo dei tassi di interesse.
“L’industria potrebbe aver superato il punto di minimo del ciclo, ma una ripartenza effettiva potrebbe essere rimandata alla seconda parte del 2024 quando dovrebbe materializzarsi una riaccelerazione del commercio mondiale – si legge nella ricerca – i servizi hanno perso gran parte della spinta derivante dall’utilizzo degli extra-risparmi e dalla normalizzazione post-pandemica degli stili di vita, e le costruzioni nei prossimi trimestri dovrebbe risentire maggiormente sia dell’aumento dei tassi di interesse che della minore generosità dei bonus edilizi (ma la flessione attesa del comparto residenziale sarà attenuata da un comparto non residenziale che beneficerà dell’implementazione dei lavori infrastrutturali previsti dal PNRR)”.