(Teleborsa) – L’euro scambia ai massimi in nove mesi sul dollaro, avendo guadagnato oltre il 12% rispetto ai minimi di settembre (su quota 0,96). Il cambio EUR/USD si colloca a quota 1,0797, avendo raggiunto anche i 1,0885 nel corso della seduta, ormai lontano dalla storica parità che era stata raggiunta in estate. La parità era stata bucata a luglio 2022 dopo circa 20 anni (dicembre 2002), dopo anni il cui la valuta dell’Eurozona era stabilmente più forte del biglietto verde (il picco è stato nel 2008, quando un euro valeva 1,6 dollari).
A incidere sull’ulteriore rafforzamento odierno sono i dati macroeconomici usciti negli Stati Uniti. I prezzi alla produzione statunitensi sono scesi più delle attese nel mese di dicembre 2022, mentre la produzione industriale è risultata inferiore alle previsioni nello stesso mese. Sempre a fine 2022, le vendite al dettaglio hanno mostrato il segno meno.
I dati economici statunitensi invitano gli operatori a speculare su una svolta accomodante della Federal Reserve, mentre i funzionari della Banca centrale europea (BCE) hanno continuato a insistere sulla necessità di aumenti significativi dei tassi di interesse. Oggi il governatore della Banca di Francia Francois Villeroy de Galhau e il suo omologo finlandese Olli Rehn hanno sottolineato che la BCE deve ancora alzare i suoi tassi di interesse di riferimento per abbassare l’inflazione.
Villeroy ha detto a Bloomberg che mentre si aspetta che l’inflazione raggiunga il picco nella prima metà di quest’anno, la guidance del presidente Christine Lagarde per un aumento di 50 punti base a febbraio è “ancora valida”. Rehn ha dichiarato al quotidiano Helsingin Sanomat che “significativi aumenti dei tassi di interesse nelle riunioni di politica monetaria a breve termine sono giustificati al fine di mantenere sotto controllo le aspettative di inflazione”.
Gli analisti di fanno notare che “l’anno si preannuncia un po’ meglio di quanto la maggior parte (degli osservatori, ndr) avesse immaginato”. Secondo loro, ormai ci sono chiari segnali di rallentamento delle pressioni sui prezzi negli Stati Uniti, e sembra anche che l’economia statunitense stia andando verso una recessione. “Questo dà alla Fed la motivazione e i mezzi per rispondere con un ciclo di allentamento entro la fine dell’anno“, osservano.
Inoltre fanno notare che l’inverno sorprendentemente caldo in Europa ha fatto crollare i prezzi del gas naturale. “Lo shock negativo dei termini di scambio che era stato così ribassista per l’euro la scorsa estate si è ora completamente ribaltato”, suggeriscono, aggiungendo che “la svolta aggressiva della Banca centrale europea a dicembre ha anche alcune implicazioni critiche per l’euro”.