(Teleborsa) – Via libera in Consiglio dei ministri al DEF 2023 che – come si legge nella nota del MEF “tiene conto di un quadro economico-finanziario che, nonostante l’allentamento negli ultimi tempi degli effetti negativi derivanti dalla pandemia e dal caro energia, rimane incerto e rischioso a causa della guerra in Ucraina, di tensioni geopolitiche elevate, del rialzo dei tassi di interesse ma anche per l’affiorare di localizzate crisi nel sistema bancario e finanziario internazionale”.
Nello scenario tendenziale a legislazione vigente contenuto nel Def, il Pil è previsto crescere dello 0,9% nel 2023 (all’1% nel quadro programmatico). Il Pil tendenziale per il 2024 è all’1,4% (1,5% programmatico), dell’1,3% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026 (stesse percentuali nel programmatico). Lo fa sapere il Mef in una nota. Il dato relativo al 2023, si precisa, è rivisto al rialzo in confronto al Dpb di novembre, in cui la crescita del 2023 era fissata allo 0,6%.
A fronte di una stima di deficit tendenziale per l’anno in corso pari al 4,35% del Pil – si legge ancora – il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5%) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso”. “Ciò sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie” e allo stesso tempo, spiega il ministero, “contribuirà alla moderazione della crescita salariale” contro “una pericolosa spirale salari-prezzi”.
“La prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana, ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese”. Così il ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, commentando il Def approvato oggi in Consiglio dei Ministri. “Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro – prosegue Giorgetti – tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi. Inoltre riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell’essere persona”. “E’ realistico puntare per i prossimi anni – conclude il Ministro – ad un aumento del tasso di crescita del Pil e dell’occupazione, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale”.
“Un tasso di crescita dell’1% quale quello prospettato dal Def è senz’altro alla portata della nostra economia, che ha dimostrato grande solidità nel corso della crisi Covid, così come lo scorso anno in presenza del formidabile rialzo dei prezzi dell’energia. Ma l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie e i ritardi sul Pnrr rischiano di compromettere gli andamenti economici del 2023”. Così Confesercenti. “La spinta del turismo, che nonostante il persistere di alcune criticità mai risolte – a partire dall’annosa questione della destagionalizzazione – prosegue la confederazione – sta recuperando i livelli pre-pandemia, potrebbe contribuire in modo decisivo a conseguire il risultato di crescita atteso dal governo. Tuttavia, non possiamo mancare di sottolineare l’ostacolo posto dalla perdita di potere d’acquisto delle famiglie, che si protrarrà per tutto l’anno e che, secondo le nostre valutazioni, porterà a una caduta del volume delle vendite al dettaglio pari al -2,5%. Le prospettive dei consumi restano quindi assai più deboli di quelle del Pil e questo è un elemento di grande fragilità per il quadro programmatico assunto nel DEF: bisognerà fare dunque il possibile per evitare una frenata della spesa delle famiglie. Il secondo rischio sta invece nell’eventualità che non si riesca ad accelerare i tempi di attuazione del Pnrr, che proprio a causa del ridotto dinamismo dei consumi costituisce un fondamentale elemento di sostegno della domanda interna. Stimiamo che le difficoltà incontrate nell’implementare il Piano abbiano già determinato una perdita di Pil dello 0,4% nel 2022, pari a 7,6 miliardi di euro di minore crescita. E nel 2023 potrebbero costarci ulteriori 5,6 miliardi di euro di aumento del Pil”.
“La crescita del pil italiano all’1% potrebbe generare un ‘tesoretto’ nei conti pubblici da quasi 8 miliardi di euro. L’inatteso rialzo del prodotto interno lordo del Paese, che il governo dovrebbe delineare oggi nel nuovo Documento di economia e finanza, consente di far spuntare risorse non previste nelle casse dello Stato, frutto di una crescita economica che, nel corso dell’anno, sono in grado di dare origine a un fatturato aggiuntivo, rispetto al 2022, per una cifra vicina ai 20 miliardi di euro. Con una pressione fiscale pari a circa il 41,8%, nelle casse dello Stato potrebbero entrare 7,9 miliardi in più, tra tasse e contributi, rispetto allo scorso anno”. È quanto sostiene il Centro studi di Unimpresa. “Se il PIL italiano continuerà a viaggiare a un ritmo importante, il governo avrà a disposizione un gettito aggiuntivo importante. Risorse in qualche modo non previste che a nostro giudizio andrebbero dirottate immediatamente alla riduzione del cuneo fiscale sia per le imprese sia per le famiglie. Si tratta – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara – come abbiamo già richiesto nei giorni scorsi e come oggi ribadiamo, di anticipare la traiettoria delineata dal governo con la delega per la riforma del sistema tributario del nostro Paese. In quel provvedimento, nel quale si sono messi nero su bianco i principi che andranno seguiti per ridisegnare il fisco, è stato annunciato, con la massima chiarezza, un obiettivo essenziale ovvero l’abbattimento del carico fiscale sui contribuenti. Questo percorso, non semplice, va anticipato il più possibile”.
Su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, il governo ha deliberato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale a seguito dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo. Lo stato di emergenza, sostenuto da un primo finanziamento di cinque milioni di euro, avrà la durata di sei mesi.
All’ordine del giorno della riunione anche un disegno di legge sulle sanzioni contro gli atti di eco-vandalismo sulle opere d’arte, un disegno di legge con interventi a sostegno della competitività dei capitali. Multe da 20 a 60mila euro, più le sanzioni penali, per quanti distruggano, disperdano, deteriorino o rendano “in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali” ed altre sanzioni amministrative, che vanno da 10 a 40mila euro per chi “deturpa o imbratta” questi beni o destina “ad un uso pregiudizievole per la loro conservazione” o “incompatibile con il loro carattere storico o artistico”.
Ore decisive anche per le nomine delle grandi partecipate.