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Brembo va in Olanda mentre si discute di DDL Capitali e voto maggiorato

(Teleborsa) – La decisione di di trasferire la propria sede legale ad Amsterdam arriva in un momento di intese discussioni sulla competitività del mercato italiano dei capitali, il quale appare sempre meno adeguato nella sfida internazionale per attirare grandi multinazionali con forte vocazione a fare affari all’estero.

Il leader degli impianti frenanti ha spiegato che con il trasferimento in Olanda verrà potenziato il voto maggiorato ai sensi del diritto olandese a beneficio di tutti gli azionisti, con l’obiettivo di incentivare la stabilità dell’azionariato e la crescita per linee esterne. Ha comunque precisato che la sede fiscale resterà in Italia e le azioni resteranno quotate su Euronext Milan.

I sistemi che prevedono un diritto di voto multiplo sono ormai ampiamente diffusi negli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea e va in questo senso anche la proposta di direttiva europea, attualmente in corso di negoziato (nel cosiddetto Listing Act), volta a consentire l’adozione di tali sistemi da parte delle società che intendono accedere ai mercati di crescita per le PMI. Il DDL Capitali allo studio del governo stima di aumentare a 10 il fattore di moltiplicazione, ma solo per aziende di prossima quotazione.

Dopo l’ok dell’assemblea, Brembo diventerebbe la settimana società del FTSE MIB con un ISIN che inizia per NL (la sigla dei Paesi Bassi, aggiungendosi a , , , , , . ha invece sede in Lussemburgo.

Gli analisti di fanno notare che il diritto di voto maggiorato per gli azionisti di lungo periodo, attualmente già in vigore in Italia con voto doppio per chi detiene le azioni per 2 anni (infatti la famiglia Bombassei detiene il 53,5% del capitale e il 69,7% dei voti) verrà ulteriormente rafforzato in questo modo: 1 voto in più per ogni anno in cui si risulta iscritti nel registro Loyalty fino a 9 voti aggiuntivi per azione; 1 voto addizionale per chi è già iscritto nel registro o che lo sarà entro la data del periodo di recesso, con efficacia dal giorno in cui sarà finalizzato il trasferimento. In pratica, secondo i calcoli degli analisti, alla conclusione dell’iter la famiglia Bombassei potrebbe avere il 77% dei diritti di voto (assumendo zero recesso e che nessuno ottenga il voto aggiuntivo).

Non tutti sono però convinti che aumentare i diritti di voto connessi alle azioni a voto plurimo sia una decisione priva di conseguenze negative. Proprio ieri, in audizione presso la Commissione Finanze e Tesoro sul disegno di legge “Competitività dei capitali”, Paolo Savona ha detto che la CONSOB condivide l’opportunità di una riforma della disciplina vigente in materia, procedendo anche verso una maggiore convergenza a livello europeo, pur ribadendo “l’importanza di alcuni presidi a tutela delle minoranze“.

Secondo Savona, è “necessario rilevare che la previsione di misure a favore degli aumenti di capitale, in combinato disposto con la citata proposta di estendere da tre a dieci i diritti di voto connessi alle azioni a voto plurimo, amplifica il rischio di limitare i diritti di voice delle minoranze, comportando la sostanziale capacità del socio di maggioranza, che risulti anche in possesso di azioni a voto plurimo, di far approvare una delibera assembleare di aumento di capitale esclusivamente con il proprio voto favorevole”.

Pochi giorni prima era arrivato un messaggio diverso da Assonime (Associazione per le società per azioni italiane), che – sempre durante un’audizione in commissione – ha proposto di integrare alcune misure previste dal provvedimento allo scopo di renderne più efficace l’impatto. In particolare, ha suggerito di “estendere il rafforzamento previsto dal DDL per il voto plurimo, utilizzabile solo da società non quotate, anche al voto maggiorato, utilizzabile dalle società già quotate, prevedendo per entrambi la possibilità di attribuire fino a dieci voti per azione”. Questo “consentirebbe anche alle società italiane già quotate di poter usufruire di uno strumento, disponibile in altri ordinamenti, che consente di realizzare le operazioni di M&A indispensabili per la crescita e la creazione di valore nel lungo termine, mantenendo continuità dell’indirizzo e della gestione dell’impresa”, ha detto il direttore generale Stefano Firpo.

Altri esperti hanno, sempre durante le audizioni, fatto notare che il DDL Capitali è solo il primo passo per aumentare la competitività e l’attrattività del mercato dei capitali italiano. Marco Ventoruzzo, presidente ASSOSIM, ha sottolineato “l’opportunità di una più ampia e sistematica revisione del TUF e di alcune regole di diritto societario che risentono di un processo di stratificazione normativa ormai ultraventennale”. Stefano Cappiello, esponente del MEF, ha ricordato che il DDL Capitali è “un primo intervento a cui potrebbero seguirne altri, compreso un intervento di risistemazione complessiva della normativa”.

Non va però dimenticato che la regolamentazione dei meccanismi di Borsa e del funzionamento delle Autorità sono solo alcuni degli aspetti che una società tiene in considerazione nello scegliere dove stabilire la propria sede o quotarsi. Le sedi di negoziazione statunitensi o olandesi, ad esempio, vengono scelte anche perché i paesi sono più business-friendly in generale, considerando quindi elementi come il funzionamento della pubblica amministrazione, la velocità della giustizia e il suo grado di sviluppo verso le tematiche societarie, la convenienza della fiscalità, la cultura complessiva verso impresa e finanza.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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